domenica 26 dicembre 2010
Il Libro di Giobbe - Quindicesimo appuntamento
Torna l'appuntamento con Il Libro di Giobbe: prosegue oggi la risposta del protagonista di questo Libro Sapienziale e cioè Giobbe:
17
1Il mio spirito vien meno,
i miei giorni si spengono;
non c'è per me che la tomba!
2Non sono io in balìa di beffardi?
Fra i loro insulti veglia il mio occhio.
3Sii tu la mia garanzia presso di te!
Qual altro vorrebbe stringermi la destra?
4Poiché hai privato di senno la loro mente,
per questo non li lascerai trionfare.
5Come chi invita gli amici a parte del suo pranzo,
mentre gli occhi dei suoi figli languiscono;
6così son diventato ludibrio dei popoli
sono oggetto di scherno davanti a loro.
7Si offusca per il dolore il mio occhio
e le mie membra non sono che ombra.
8Gli onesti ne rimangono stupiti
e l'innocente s'indigna contro l'empio.
9Ma il giusto si conferma nella sua condotta
e chi ha le mani pure raddoppia il coraggio.
10Su, venite di nuovo tutti:
io non troverò un saggio fra di voi.
11I miei giorni sono passati, svaniti i miei progetti,
i voti del mio cuore.
12Cambiano la notte in giorno,
la luce - dicono - è più vicina delle tenebre.
13Se posso sperare qualche cosa, la tomba è la mia casa,
nelle tenebre distendo il mio giaciglio.
14Al sepolcro io grido: "Padre mio sei tu!"
e ai vermi: "Madre mia, sorelle mie voi siete!".
15E la mia speranza dov'è?
Il mio benessere chi lo vedrà?
16Scenderanno forse con me nella tomba
o caleremo insieme nella polvere!
COMMENTO
Potremmo dire: ma che fede ha Giobbe se dà per scontata la tomba, la morte come causa dei suoi sollievi? E forse è ciò che gli amici di Giobbe pensano al vedere il loro amico. In realtà Giobbe non solo dimostra di avere Fede ma fa del lamento un palliativo che possa in parte alleggerire le sue pene. Magari, dovremmo dire, se l'umanità assumesse il comportamento di Giobbe. Oggi vediamo gli uomini (e le donne) bestemmiare in modo atroce il nome del Signore quando sono afflitti dalle sofferenze e nei peggiori dei casi bestemmiano per un nulla. Giobbe invece non si adira contro il Signore, ma assume un atteggiamento di servo penitente, sempre fedele al Signore. Gli amici di Giobbe non comprendono questo, anzi sembrano quasi scocciati dei lamenti del loro amico, ma se prestiamo attenzione all'Antico Testamento ci accorgiamo che sono molti i Libri che raccolgono lamenti di uomini nel corso della storia umana. E forse anche noi a volte ci sentiamo disturbati dei lamenti degli altri, un po' come gli amici di Giobbe i quali anziché consolare il loro amico, infliggono ulteriori coltellate nelle già sanguinanti piaghe dell'amato servo del Signore. Il lamento fa parte della vita umana ed è giusto qualora non contenga bestemmie o toni cattivi verso il Signore. Possiamo dire che c'è il giusto modo per lamentarsi nella sofferenza, pregando con Fede e Speranza. Le bestemmie, i toni accesi, le imprecazioni, sono un inutile modo per alleviare le sofferenze, anzi queste le accrescono, aumentano i nostri peccati, quindi le pene e i castighi. Nella sofferenza, se proprio dobbiamo lamentarci, facciamolo con serenità, con pianto dolce, non aggressivo, sull'esempio di Giobbe. Sempre siano accompagnati le nostre sofferenze dalla fervente preghiera, colma di Fede.
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