giovedì 16 dicembre 2010
Catechismo della Chiesa Cattolica - V parte
Anche per questo giovedì torna l'appuntamento settimanale con il Catechismo della Chiesa Cattolica; un'importante itinerario che ci permette di approfondire la conoscenza sulle verità di fede. E vediamo oggi, in particolare, la conoscenza di Dio secondo la Chiesa Cattolica e come si dovrebbe parlare di Lui:
PARTE PRIMA
LA PROFESSIONE DELLA FEDE
III. La conoscenza di Dio secondo la Chiesa
36 “La santa Chiesa, nostra madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3004; cf 3026; Conc. Ecum. Vat. II, Dei ]. Senza questa capacità, l'uomo non potrebbe accogliere la Rivelazione di Dio. L'uomo ha questa capacità perché è creato “a immagine di Dio” [Cf Gen 1,27 ].
37 Tuttavia, nelle condizioni storiche in cui si trova, l'uomo incontra molte difficoltà per conoscere Dio con la sola luce della ragione.
Infatti, sebbene la ragione umana, per dirla semplicemente, con le sole sue forze e la sua luce naturale possa realmente pervenire ad una conoscenza vera e certa di un Dio personale, il quale con la sua Provvidenza si prende cura del mondo e lo governa, come pure di una legge naturale inscritta dal Creatore nelle nostre anime, tuttavia la stessa ragione incontra non poche difficoltà ad usare efficacemente e con frutto questa sua capacità naturale. Infatti le verità che concernono Dio e riguardano i rapporti che intercorrono tra gli uomini e Dio, trascendono assolutamente l'ordine delle cose sensibili, e, quando devono tradursi in azioni e informare la vita, esigono devoto assenso e la rinuncia a se stessi. Lo spirito umano, infatti, nella ricerca intorno a tali verità, viene a trovarsi in difficoltà sotto l'influsso dei sensi e della immaginazione ed anche a causa delle tendenze malsane nate dal peccato originale. Da ciò consegue che gli uomini facilmente si persuadono, in tali argomenti, che è falso o quanto meno dubbio ciò che essi non vorrebbero che fosse vero” [Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
38 Per questo l'uomo ha bisogno di essere illuminato dalla Rivelazione di Dio, non solamente su ciò che supera la sua comprensione, ma anche sulle “verità religiose e morali che, di per sé, non sono inaccessibili alla ragione, affinché nella presente condizione del genere umano possano essere conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza d'errore” [Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
IV. Come parlare di Dio?
39 Nel sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la Chiesa esprime la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti gli uomini e con tutti gli uomini. Questa convinzione sta alla base del suo dialogo con le altre Religioni, con la filosofia e le scienze, come pure con i non credenti e gli atei.
40 Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature e secondo il nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare.
41 Le creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo particolarissimo l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le molteplici perfezioni delle creature (la loro verità, bontà, bellezza) riflettono dunque la perfezione infinita di Dio. Di conseguenza, noi possiamo parlare di Dio a partire dalle perfezioni delle sue creature, “difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l'Autore” (Sap 13,5).
42 Dio trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il nostro linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto per non confondere il Dio “ineffabile, incomprensibile, invisibile, inafferrabile” [Liturgia di san Giovanni Crisostomo, Anafora] con le nostre rappresentazioni umane. Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero di Dio.
43 Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera umana, ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere nella sua infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che “non si può rilevare una qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba notare tra di loro una dissomiglianza ancora maggiore”, [Concilio Lateranense IV: Denz. -Schönm., 806] e che “noi non possiamo cogliere di Dio ciò che Egli è, ma solamente ciò che Egli non è, e come gli altri esseri si pongano in rapporto a lui” [San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, 1, 30].
PARTE PRIMA
LA PROFESSIONE DELLA FEDE
III. La conoscenza di Dio secondo la Chiesa
36 “La santa Chiesa, nostra madre, sostiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con il lume naturale della ragione umana partendo dalle cose create” [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3004; cf 3026; Conc. Ecum. Vat. II, Dei ]. Senza questa capacità, l'uomo non potrebbe accogliere la Rivelazione di Dio. L'uomo ha questa capacità perché è creato “a immagine di Dio” [Cf Gen 1,27 ].
37 Tuttavia, nelle condizioni storiche in cui si trova, l'uomo incontra molte difficoltà per conoscere Dio con la sola luce della ragione.
Infatti, sebbene la ragione umana, per dirla semplicemente, con le sole sue forze e la sua luce naturale possa realmente pervenire ad una conoscenza vera e certa di un Dio personale, il quale con la sua Provvidenza si prende cura del mondo e lo governa, come pure di una legge naturale inscritta dal Creatore nelle nostre anime, tuttavia la stessa ragione incontra non poche difficoltà ad usare efficacemente e con frutto questa sua capacità naturale. Infatti le verità che concernono Dio e riguardano i rapporti che intercorrono tra gli uomini e Dio, trascendono assolutamente l'ordine delle cose sensibili, e, quando devono tradursi in azioni e informare la vita, esigono devoto assenso e la rinuncia a se stessi. Lo spirito umano, infatti, nella ricerca intorno a tali verità, viene a trovarsi in difficoltà sotto l'influsso dei sensi e della immaginazione ed anche a causa delle tendenze malsane nate dal peccato originale. Da ciò consegue che gli uomini facilmente si persuadono, in tali argomenti, che è falso o quanto meno dubbio ciò che essi non vorrebbero che fosse vero” [Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
38 Per questo l'uomo ha bisogno di essere illuminato dalla Rivelazione di Dio, non solamente su ciò che supera la sua comprensione, ma anche sulle “verità religiose e morali che, di per sé, non sono inaccessibili alla ragione, affinché nella presente condizione del genere umano possano essere conosciute da tutti senza difficoltà, con ferma certezza e senza mescolanza d'errore” [Pio XII, Lett. enc. Humani generis: Denz. -Schönm., 3875].
IV. Come parlare di Dio?
39 Nel sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la Chiesa esprime la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti gli uomini e con tutti gli uomini. Questa convinzione sta alla base del suo dialogo con le altre Religioni, con la filosofia e le scienze, come pure con i non credenti e gli atei.
40 Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature e secondo il nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare.
41 Le creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo particolarissimo l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le molteplici perfezioni delle creature (la loro verità, bontà, bellezza) riflettono dunque la perfezione infinita di Dio. Di conseguenza, noi possiamo parlare di Dio a partire dalle perfezioni delle sue creature, “difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l'Autore” (Sap 13,5).
42 Dio trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il nostro linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto per non confondere il Dio “ineffabile, incomprensibile, invisibile, inafferrabile” [Liturgia di san Giovanni Crisostomo, Anafora] con le nostre rappresentazioni umane. Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero di Dio.
43 Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera umana, ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere nella sua infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che “non si può rilevare una qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba notare tra di loro una dissomiglianza ancora maggiore”, [Concilio Lateranense IV: Denz. -Schönm., 806] e che “noi non possiamo cogliere di Dio ciò che Egli è, ma solamente ciò che Egli non è, e come gli altri esseri si pongano in rapporto a lui” [San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, 1, 30].
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