martedì 2 novembre 2010

Qoèlet - Settimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con il Qoèlet giunto al settimo capitolo:

1Un buon nome è preferibile all'unguento profumato
e il giorno della morte al giorno della nascita.
2È meglio andare in una casa in pianto
che andare in una casa in festa;
perché quella è la fine d'ogni uomo
e chi vive ci rifletterà.
3È preferibile la mestizia al riso,
perché sotto un triste aspetto il cuore è felice.
4Il cuore dei saggi è in una casa in lutto
e il cuore degli stolti in una casa in festa.
5Meglio ascoltare il rimprovero del saggio
che ascoltare il canto degli stolti:
6perché com'è il crepitio dei pruni sotto la pentola,
tale è il riso degli stolti.
Ma anche questo è vanità.
7Il mal tolto rende sciocco il saggio
e i regali corrompono il cuore.

8 Meglio la fine di una cosa che il suo principio;
è meglio la pazienza della superbia.

9Non esser facile a irritarti nel tuo spirito, perché l'ira alberga in seno agli stolti. 10Non domandare: "Come mai i tempi antichi erano migliori del presente?", poiché una tale domanda non è ispirata da saggezza. 11È buona la saggezza insieme con un patrimonio ed è utile per coloro che vedono il sole; 12perché si sta all'ombra della saggezza come si sta all'ombra del denaro e il profitto della saggezza fa vivere chi la possiede.

13Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? 14Nel giorno lieto sta' allegro e nel giorno triste rifletti: "Dio ha fatto tanto l'uno quanto l'altro, perché l'uomo non trovi nulla da incolparlo".

15Tutto ho visto nei giorni della mia vanità: perire il giusto nonostante la sua giustizia, vivere a lungo l'empio nonostante la sua iniquità.

16Non esser troppo scrupoloso
né saggio oltre misura.
Perché vuoi rovinarti?

17Non esser troppo malvagio
e non essere stolto.
Perché vuoi morire innanzi tempo?

18È bene che tu ti attenga a questo e che non stacchi la mano da quello, perché chi teme Dio riesce in tutte queste cose.

19La sapienza rende il saggio più forte di dieci potenti che governano la città. 20Non c'è infatti sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi. 21Ancora: non fare attenzione a tutte le dicerie che si fanno, per non sentir che il tuo servo ha detto male di te, 22perché il tuo cuore sa che anche tu hai detto tante volte male degli altri. 23Tutto questo io ho esaminato con sapienza e ho detto: "Voglio essere saggio!", ma la sapienza è lontana da me! 24Ciò che è stato è lontano e profondo, profondo: chi lo può raggiungere?

25Mi son applicato di nuovo a conoscere e indagare e cercare la sapienza e il perché delle cose e a conoscere che la malvagità è follia e la stoltezza pazzia. 26Trovo che amara più della morte è la donna, la quale è tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso.

27Vedi, io ho scoperto questo, dice Qoèlet, confrontando una ad una le cose, per trovarne la ragione. 28Quello che io cerco ancora e non ho trovato è questo:

Un uomo su mille l'ho trovato:
ma una donna fra tutte non l'ho trovata.

29Vedi, solo questo ho trovato:

Dio ha fatto l'uomo retto,
ma essi cercano tanti fallaci ragionamenti.


COMMENTO


Questo passo del Qoélet è come un rappresentazione dei pensieri di oggi, in un modo così preciso da far capire come l'uomo è sempre lo stesso, anche se il tempo passa e il progresso modifica le cose materiali che lo circondano.
In primo luogo vi è innanzitutto un paradosso: c'è una contrapposizione tra pianto e gioia e incredibilmente il Qoélet sembra preferire il pianto. Ma non è così paradossale se posto nell'ottica del Vangelo: pensiamo alle beatitudini; Gesù chi ha definito beato, l'afflitto o il gioioso? Il povero o il ricco? Chi piange o chi ride? GEsù ha chiamato beato l'afflitto, ha chiamato beato il povero e ha chiamato beato chi piange. E perchè sono beati se soffrono? A prima vista può sembrare un paradosso incredibile, ma Gesù d° subito la spiegazione: essi sono beati perchè vedranno il Regno dei Cieli, perchè saranno consolati e perchè saranno saziati. Chi soffre oggi, domani riderà, ma chi ride oggi, domani piangerà! Infatti, se un uomo oggi vive già nella felicità e nel sorriso, cosa può aspettarsi dal domani? Invece, chi piange attende con ansia il domani perchè sia migliore. Dunque, chi piange oggi, sarà consolato da Dio e per questo è meglio piangere che ridere. Chi oggi ride, anche a dispetto di chi piange, vedrà non la consolazione, ma qualcosa di ben peggiore.


Tornando al pensiero iniziale, ci sono due elementi rappresentativi del modo di essere odierno: il primo è riferito alla famosa frase "Si stava meglio quando si stava peggio" e il secondo è un riferimento al pettegolezzo, figlio di ogni tempo! Quella famosa frase succitata la sentiamo spesso in giro, soprattutto da gente adulta: il fatto è che l'uomo non è mai contento e quindi si sposta al passato con la mente, anche se probabilmente il tempo passato era peggiore! E il pettegolezzo è un germe che si propaga di generazione in generazione e ci colpisce anche inconsapevolmente. Infatti, dice bene il Qoèlet: ci scandalizziamo di chi sparla degli altri, quando noi siamo i primi che muovono la bocca per parlar male di un altro uomo. Allora, siamo coerenti e soprattutto ascoltiamo quanto dice Gesù: togliamo prima la trave dal nostro occhio e poi aiutiamo l'altro a rimuoverne la pagliuzza. Cominciamo noi a non parlar male del prossimo per non ritrovarci in un circolo vizioso dal quale difficilmente si esce. E ricordiamoci cosa dice il Siracide e cioè che le male lingue sono in abominio al Signore.


Un altro pensiero che può esser mal interpretato è riferito alla donna: il Qoèlet sembra suggerirci di scampare la donna, di non cercarla poiché esse ci incatena a sé. Ma chiaramente non è questa la verità in senso stretto perchè sappiamo come Dio ha stabilito che l'uomo lasciasse i genitori per unirsi alla donna e così quest'ultima: Gesù ha poi elevato il tutto a Sacramento, dando maggior importanza al vincolo matrimoniale, al punto da sancire il principio "L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto".
Il riferimento del Qoèlet sembra fatto alla donna oggetto di desiderio, oggetto della lussuria dell'uomo: quella è la donna che incatena, quella che rende l'uomo schiavo delle passioni. La donna è fatta perchè l'uomo la ami e non perchè l'uomo la desideri come un oggetto: in questo caso, l'uomo è schiavo delle pulsioni, della carne e questo è un abominio del disegno divino. Quindi stiamo larghi dalla donna se il nostro intento è peccaminoso: ricerchiamo una donna da amare e rispettare come San Giuseppe ha fatto con Maria, Madre di Cristo, con le dovute differenze.


Un ultimo pensiero di oggi va, come usuale, alla Sapienza: essa è importantissima e ormai tutti i libri sapienziali che pian piano stiamo approfondendo, ci dicono la stessa cosa e cioè di cercare la sapienza, di coltivarla perchè essa è la vera ricchezza che, usando le parole del Qoèlet, fa vivere chi la possiede!

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