mercoledì 4 maggio 2011

Verità della Fede - XV parte

Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Oggi leggiamo il Cap. IV della Seconda Parte. Nel capitolo di odierno il Santo Vescovo, Dottore della Chiesa e Fondatore dei Redentoristi, proverà la divinità delle Scritture dell'Antico Testamento dalle profezie sulla venuta del Messia. Inoltre il Cap. IV sarà seguito da tre paragrafi che proveranno che il Messia (Gesù Cristo) è già venuto, contrariamente a quanto sostenuto dagli ebrei che sono ancora in attesa del Salvatore. Oggi leggiamo fino al paragrafo 1, mentre per gli altri due paragrafi vi diamo appuntamento alla prossima settimana.


Verità della Fede

di Sant'Alfonso Maria de' Liguori

SECONDA PARTE

CAP. IV.

Si prova inoltre la divinità delle Scritture dalle profezie della venuta del Messia.

1. Il predire il futuro s'appartiene solo a Dio. Diceva Isaia: Annunciate quae ventura sunt in futurum, et scietis, quia Dii estis vos4. E per lo stesso profeta disse altrove il Signore: Quis similis mei? vocet, et annunciet... ventura, et quae futura sunt annuncient eis.5. Chi è simile a me, dice Dio, prenunzj, se può, le cose future. Possono le menti create bensì prevedere, o per meglio dire, conghietturare gli effetti futuri di qualche causa naturale; ma il prevedere con certezza gli effetti totalmente contingenti, ciò compete solamente a Dio, la sola di cui volontà è la causa di tali effetti. Si riferiscono dagli scrittori varj oracoli che riceveano i gentili da' loro idoli; ma questi 
oracoli o erano menzogne inventate da' sacerdoti idolatri, o pure erano detti di successi ambigui, o di cose in quel tempo non ignote a' demonj. Nella parte III. cap. II. § 1. si parlerà di tali oracoli. All'incontro le profezie divine son già precedute agli avvenimenti molto tempo prima, e di poi si sono adempite così individualmente, che non avrebbe mai potuto prenunziarle, chi non le avesse chiaramente prevedute. Erra per tanto Grozio dicendo che le profezie non han forza di persuadere le verità cristiane, ma solo giovano a confermare le verità credute. Erra; poiché altre son le figure, altre le profezie: le profezie sono quelle che si vedono avverate nel loro senso naturale, non già accomodato; e perciò elle hanno la stessa forza che ha la veracità di Dio. Noi tralasciamo qui di parlare di tante altre ammirabili predizioni fatte da' profeti dell'antica legge, e solamente facciamo menzione delle profezie dell'antico testamento, che riguardavano il Messia, il quale nella pienezza de' tempi dovea venire a redimere il mondo. A questa grand'opera dell'umana redenzione collimavano già non solamente le profezie, ma tutti i sacrificj dell'antica legge, tutte le solennità e tutte le sante scritture. Onde dice l'apostolo1 che tutta l'istoria del testamento vecchio non è che una profezia di Gesù Cristo e del testamento nuovo. Alcune profezie sono letterali del Messia, altre sono miste di letterali e tipiche, altre sono puramente tipiche, ed altre sono state da Dio stesso canonizzate, avendo egli dichiarato d'averle date come figure.

2. Queste profezie poi del Messia non può dubitarsi che stiano veramente nel vecchio testamento; poiché se mai da' cristiani fossero state furtivamente intruse ne' sacri libri, gli ebrei, che negano la venuta del Messia, e da' quali queste scritture a noi son pervenute, certamente le negherebbero, ed opporrebbero le false aggiunzioni fatte da' cristiani. Ma gli ebrei non le negano, solamente essi le interpretano a lor capriccio per altre persone, e non per il Messia; contraddicendo però in tal punto a' rabbini, che vissero prima di Gesù Cristo, i quali spiegarono già queste profezie, come le spiegano i cristiani, secondo fanno vedere l'Uezio2 ed il Calmet nella sua dissertazione del Messia. Cominciamo ora a dicifrar tali profezie.

§. 1. Dalle profezie di Davide e di Giacobbe si prova che il Messia è già venuto.

3. Ecco come Davide parlò in nome del nostro Redentore: Sacrificium et oblationem noluisti, aures autem perfecisti mihi (secondo l'apostolo, corpus autem aptasti mihi3Holocaustum et pro peccato non postulasti (secondo l'apostolo, non tibi placuerunt); tunc dixi: Ecce venio. In capite libri scriptum est de me, ut facerem voluntatem tuam4. Tutto ciò ben viene dichiarato da s. Paolo, come abbiam veduto, appartenersi a Gesù Cristo. Oltreché Davide in tal luogo non potea certamente parlare di se stesso; poiché non potea presumere di stare in luogo di tutti i sacrificj, e d'essere una vittima talmente santa che ristorasse il mondo da tutti i danni recatigli dal peccato. L'altra profezia di Davide, che anche riguardò il Messia, fu quella quando scrisse: Tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech5. Ecco come qui fu predetto il termine che un giorno dovea avere il sacerdozio di Aronne col sacerdozio di Gesù Cristo, che non ha fine, essendo questo secondo l'ordine di Melchisedech, il quale non ebbe successori. Onde Gesù Cristo si chiama sacerdote eterno, che non ha successori, come l'ebbe Aronne. I sacerdoti poi della nuova legge non sono già successori di Gesù Cristo, ma suoi vicarj, che in nome di lui offeriscono a Dio il sacrificio dell'altare.

4. Questa del Messia fu la più antica promessa che Dio fece agli uomini in riparazione della rovina recata dal peccato. 
Disse già il Signore al serpente seduttore di Eva: Inimicitias ponam inter te et mulierem, et semen tuum et semen illius; ipsa conteret caput tuum1. Nell'ebreo in vece di ipsa dicesi ipse; ma tutto si riduce allo stesso: mentre lo stesso è dire che ipsa per ipsum, o pure ipse per ipsam schiacciar dovea la testa del serpente. Tal promessa fu confermata poi ad Abramo con quelle parole: Benedicentur in te, et in semine tuo cunctae tribus terrae2. E già così l'intese Abramo, il quale non potea certamente pensare che tutto il mondo ricevesse la benedizione per lui o per Isacco suo figlio; tanto più che la stessa promessa fu replicata ad Isacco ed a Giacobbe3, da' quali discese il nostro Redentore, per i meriti del quale si diffuse poi questa benedizione a beneficio di tutti gli uomini. Sicché da questa prima promessa si deducono due verità. La prima, che tutti gli uomini nascono privi della divina grazia e figli d'ira, com'eredi della colpa e maledizione di Adamo. Inimicitias ponam (disse Dio al serpente) inter te et mulierem, et semen tuum et semen illius; ipsa conteret caput tuum etc.4. Dunque prima di porsi tali inimicizie il genere umano era collegato col serpente. La seconda, che Dio volle salvare l'uomo per mezzo del Messia, il quale dovea liberarlo dalla potestà di Lucifero.


5. Ma veniamo a parlare di quelle profezie più speciali che additarono il tempo preciso della venuta del Redentore. Di queste fu la prima la profezia di Giacobbe, quando il vecchio padre disse a Giuda: Iuda, te laudabunt fratres tui... adorabunt te filii patris tui... Non auferetur sceptrum de Iuda, et dux de foemore eius, donec veniat, qui mittendus est, et ipse erit expectatio gentium5. Anche i dottori ebrei comunemente applicarono già questa predizione al Messia, come apparisce dalle parafrasi caldaiche e talmudiche (Beresith Rabba et Ketanna, Echa Rabthi, Gemara, tr. Sanhed. cap. 11. Iakum ad Pendat. Rab. Selom. Onkelos, Ionatham, Kimikchi). La parola sceptrum significa l'autorità che la tribù di Giuda ebbe sempre d'indi in poi sopra le altre undici, come apparisce dalle scritture; giacché ella fu sempre nominata la prima, trattandosi di preferenza6. Ella offeriva a Dio i primi doni7. Dopo la morte di Giosuè Giuda fu eletto per capo, secondo l'oracolo dato dal Signore8. L'autorità regia a questa tribù fu poi conferita in persona di Davide, il quale ben dichiarò che la preminenza della famiglia di Giuda era già più antica del suo regno: De Iuda elegit Dominus principes; porro de domo Iuda domum patris mei9. E perciò Davide chiamò Giuda suo re: Iuda rex meus10. Dinotando che la maggioranza non toccava alla sua particolar famiglia, ma a tutta la tribù di Giuda. E quando le dieci tribù si divisero da quella di Giuda in varie province, e si confusero cogli stessi gentili11, quella di Giuda anche sino al tempo della cattività, si è sempre conservata fra sé unita; poiché una parte restò nella Giudea12, e l'altra stette radunata in Babilonia. Ed ella avea seco uno dei suoi re, che poi fu sollevato dal successore di Nabucodonosor sopra gli altri principi13. Ed anche in Babilonia essi giudei esercitavano la potestà di vita e di morte su i loro nazionali, giusta la loro legge, come si ha dalla celebre istoria di Susanna14.

6. E quando Ciro rimise in libertà gli ebrei, ritornò la tribù di Giuda nella sua antica superiorità, ed ella somministrava i magistrati al popolo, comunicando come per mera concessione alle altre tribù il nome di giudei; ed i Maccabei, i quali erano della tribù di Levi, in tanto ebbero la loro autorità, in quanto la loro tribù fu incorporata a quella di Giuda. Onde le tavole che in quel tempo furon mandate da' romani 
a Gerusalemme, non aveano altro titolo che questo: Bene sit romanis et genti iudaeorum. E solamente a tempo di Tito essa tribù di Giuda perdette ogni autorità, e fu dispersa come tutte le altre; perché allora era già venuto il Messia, secondo la profezia: Non auferetur sceptrum de Iuda... donec veniat qui mittendus est; assegnandosi già questo tempo d'ogni autorità perduta per prova del Messia già venuto. Quest'autorità per altro di Giuda non durò sempre la stessa, in qualche tempo fu meno assoluta e maestosa; ma sempre vi fu sino agli anni prossimi al Messia; poiché ebbe sempre principi e giudici, che ritennero almeno in qualche modo la potestà del governo; ma di poi il senato romano diede agli ebrei per re Erode di nazione straniera, ed indi l'imperatore, avendo rilegato Archelao figlio di Erode, ridusse la Giudea in provincia, trasferendo la potestà civile al procuratore da lui mandato; ed a tempo di Tito fu tolta anche loro la potestà ecclesiastica. Sicché a tempo di Tito, o al più al tempo di Adriano i giudei perderono affatto ogni autorità. Dal che si prova che sin da quel tempo il Messia è già venuto.


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4 Isa. 41. 27.

5 Isa. 44. 7.

1 1. Cor. 10. 11. et Colos. 2. 17.

2 Demonstr. evang.
3 Hebr. 10. 5.

4 Is. 39. 7.

5 Psal. 109. 4.

1 Gen. 3. 15.

2 Gen. 28. 14.

3 Gen. c. 28. e 36.

4 Gen. 3. 15.

5 Gen. 49. 8. ad 10.

6 Num. 24. 19. et Ios. 15. 1.

7 Num. 7. 11. et 12.

8 1. Iudic. 1. 2.

9 1. Par. 28. 4.

10 Psal. 59. 9.

11 4. Reg. 17. ad 24.

12 Ier. 52. 16.

13 4. Reg. 25. 27.

14 Dan. 13. 41. et 62. 

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