domenica 3 ottobre 2010

Il Libro di Giobbe - Terza parte

Continuiamo ad osservare la storia di Giobbe:

1Elifaz il Temanita prese la parola e disse:


2Se si tenta di parlarti, ti sarà forse gravoso?
Ma chi può trattenere il discorso?
3Ecco, tu hai istruito molti
e a mani fiacche hai ridato vigore;
4le tue parole hanno sorretto chi vacillava
e le ginocchia che si piegavano hai rafforzato.
5Ma ora questo accade a te e ti abbatti;
capita a te e ne sei sconvolto.
6La tua pietà non era forse la tua fiducia
e la tua condotta integra, la tua speranza?
7Ricordalo: quale innocente è mai perito
e quando mai furon distrutti gli uomini retti?
8Per quanto io ho visto, chi coltiva iniquità,
chi semina affanni, li raccoglie.
9A un soffio di Dio periscono
e dallo sfogo della sua ira sono annientati.
10Il ruggito del leone e l'urlo del leopardo
e i denti dei leoncelli sono frantumati.
11Il leone è perito per mancanza di preda
e i figli della leonessa sono stati dispersi.
12A me fu recata, furtiva, una parola
e il mio orecchio ne percepì il lieve sussurro.
13Nei fantasmi, tra visioni notturne,
quando grava sugli uomini il sonno,
14terrore mi prese e spavento
e tutte le ossa mi fece tremare;
15un vento mi passò sulla faccia,
e il pelo si drizzò sulla mia carne...
16Stava là ritto uno, di cui non riconobbi
l'aspetto,
un fantasma stava davanti ai miei occhi...
Un sussurro..., e una voce mi si fece sentire:
17"Può il mortale essere giusto davanti a Dio
o innocente l'uomo davanti al suo creatore?
18Ecco, dei suoi servi egli non si fida
e ai suoi angeli imputa difetti;
19quanto più a chi abita case di fango,
che nella polvere hanno il loro fondamento!
Come tarlo sono schiacciati,
20annientati fra il mattino e la sera:
senza che nessuno ci badi, periscono per sempre.
21La funicella della loro tenda non viene forse
strappata?
Muoiono senza saggezza!".


COMMENTO PERSONALE 
Avevamo visto in precedenza come la vita di Giobbe fosse stata traviata da numerose sventure, capitate uno dietro l'altra, al punto da portare lo stesso Giobbe a maledire il giorno della sua nascita. Oggi interviene un amico di Giobbe, di nome Elifaz: egli esprime un pensiero comune di quel tempo e cioè che la sventura fosse collegata al peccato. Dio non poteva punire l'uomo giusto, ma solo l'uomo empio, colui che irride il giusto perseguitandolo. Ma, noi sappiamo che non è così. Infatti, nel Vangelo ci fu una risposta di Gesù, abbastanza eloquente: 

«In quello stesso tempo, c’erano lì alcuni che gli raccontarono di quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con i loro sacrifici. Gesù, rispondendo, disse loro: “Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti gli altri Galilei, perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti nello stesso modo. Pensate voi che quei diciotto, sui quali cadde la torre di Siloe e li uccise, fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo»

La convinzione ebraica dunque era la stessa, sia al tempo di Giobbe e sia al tempo di Gesù! Si pensava, erroneamente, che la disgrazia fosse frutto della semina: cioè l'uomo empio raccoglieva il frutto della sua condotta malvagia. Ma Gesù ci fa capire che non è affatto così che ragiona Dio. D'altronde, noi siamo legati a concezioni umane e non siamo in grado di guardare il tutto dal punto di vista di Dio: ciò che a noi risulta non è ciò che risulta a Dio. 
Inoltre, c'è un ulteriore dato su cui riflettere: infatti, la prima volta, abbiamo visto che Dio ha permesso a satana di colpire Giobbe, ma non perchè quest'ultimo fosse peccatore. Satana infatti ha in odio l'uomo retto e giusto e voleva dimostrare a Dio che non esisteva nessun uomo davvero retto e obbediente al Signore. Dio ha però fiducia nell'uomo e nutre fiducia in Giobbe e permette a satana di metterlo alla prova. Giobbe, messo alla prova, non pronuncia nemmeno una parola contro Dio e dimostra a satana che l'uomo, se vuole, può davvero vivere in totale obbedienza al Signore, nel bene e nel male! Dunque, non è per il suo peccato, che Giobbe viene colpito e in sostanza il pensiero di Elifaz può essere già confutato alla base. Cerchiamo anche noi di non ragionare secondo la logica di Elifaz perchè siamo tentati molte volte di abbandonare gli sventurati quando ci sembra che la sventura sia loro meritata. Noi non possiamo giudicare gli altri o rifiutare l'aiuto in virtù della loro condotta: e questo lo diceva anche San Pio da Pietrelcina il quale spiegò una volta a padre Carmelo Durante che «prima di fare la carità, non bisogna fare il processo al povero». E così, impariamo oggi a non giudicare le sventure altrui e a non fare il processo al povero bisognoso di aiuto!


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