lunedì 24 gennaio 2011

I Proverbi - Diciannovesimo appuntamento

Torna l'appuntamento del lunedì con il Libro dei Proverbi; oggi leggiamo e meditiamo il diciannovesimo capitolo di questo bellissimo libro sapienziale:
  

1Meglio un povero di condotta integra
che un ricco di costumi perversi.
2Lo zelo senza riflessione non è cosa buona,
e chi va a passi frettolosi inciampa.
3La stoltezza intralcia il cammino dell'uomo
e poi egli si adira contro il Signore.
4Le ricchezze moltiplicano gli amici,
ma il povero è abbandonato anche dall'amico che ha.
5Il falso testimone non resterà impunito,
chi diffonde menzogne non avrà scampo.
6Molti sono gli adulatori dell'uomo generoso
e tutti sono amici di chi fa doni.
7Il povero è disprezzato dai suoi stessi fratelli,
tanto più si allontanano da lui i suoi amici.
Egli va in cerca di parole, ma non ci sono.
8Chi acquista senno ama se stesso
e chi agisce con prudenza trova fortuna.
9Il falso testimone non resterà impunito,
chi diffonde menzogne perirà.
10Allo stolto non conviene una vita agiata,
ancor meno a un servo comandare ai prìncipi.
11È avvedutezza per l'uomo rimandare lo sdegno
ed è sua gloria passar sopra alle offese.
12Lo sdegno del re è simile al ruggito del leone
e il suo favore è come la rugiada sull'erba.
13Un figlio stolto è una calamità per il padre
e i litigi della moglie sono come stillicidio incessante.
14La casa e il patrimonio si ereditano dai padri,
ma una moglie assennata è dono del Signore.
15La pigrizia fa cadere in torpore,
l'indolente patirà la fame.
16Chi custodisce il comando custodisce se stesso,
chi trascura la propria condotta morirà.
17Chi fa la carità al povero fa un prestito al Signore
che gli ripagherà la buona azione.
18Correggi tuo figlio finché c'è speranza,
ma non ti trasporti l'ira fino a ucciderlo.
19Il violento deve essere punito,
se lo risparmi, lo diventerà ancora di più.
20Ascolta il consiglio e accetta la correzione,
per essere saggio in avvenire.
21Molte sono le idee nella mente dell'uomo,
ma solo il disegno del Signore resta saldo.
22Il pregio dell'uomo è la sua bontà,
meglio un povero che un bugiardo.
23Il timore di Dio conduce alla vita
e chi ne è pieno riposerà non visitato dalla sventura.
24Il pigro tuffa la mano nel piatto,
ma stenta persino a riportarla alla bocca.
25Percuoti il beffardo e l'ingenuo diventerà accorto,
rimprovera l'intelligente e imparerà la lezione.
26Chi rovina il padre e fa fuggire la madre
è un figlio disonorato e infame.
27Figlio mio, cessa pure di ascoltare l'istruzione,
se vuoi allontanarti dalle parole della sapienza.
28Il testimone iniquo si beffa della giustizia
e la bocca degli empi ingoia l'iniquità.
29Per i beffardi sono pronte le verghe
e il bastone per le spalle degli stolti.
 
COMMENTO

Di grande consolazione è questo capitolo per i poveri giusti. Infatti può succedere nella vita del povero che questi si chieda se è meglio perseverare nell'onestà pur pagando il prezzo della povertà o se è meglio la corruzione per una vita agiata. In questo diciannovesimo capitolo i poveri onesti trovano la risposta giusta che aiuterà loro a continuare nell'onesta condotta; infatti gli stolti pagheranno un prezzo amaro al contrario dei poveri che saranno saziati in eterno se persevereranno sino alla morte.

Verrebbe da sorridere in certo senso nel leggere questa Sacra Scrittura perché ci mostra un quadro a noi non sconosciuto, infatti chi vive nella povertà conosce benissimo questa realtà: i poveri sono abbandonati e i ricchi onorati ed esaltati dai manutengoli, cioè i ruffiani. Proprio in questi giorni mi è capitato di vedere in televisione un politico di un partito che parlava bene del suo capo, quasi come se questi fosse una divinità. Pensiamo se questo capo partito fosse un povero, sarebbe allo stesso modo circondato da tanti uomini (infedeli)? Secondo la Sacra Scrittura che abbiamo letto pocanzi, la risposta è no. Perché infatti i poveri non hanno amici nella loro vita sociale, addirittura leggiamo che questi viene abbandonato dai suoi fratelli, dall'unico amico che ha. Questo succede perché molti uomini pensano ai loro interessi e sanno bene che dal povero non potranno ricevere nulla, dunque questo non è amore. Invece chi pratica il povero pur sapendo di non ricevere nulla in cambio, è un uomo che ama, soprattutto se lo aiuta.

Chi fa la carità al povero fa un prestito al Signore, dice questa Scrittura, che gli ripagherà la buona azione. Che belle queste parole, ci ricordano quelle del Signore che dice: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 40).

Correggere o rimproverare gli stolti è un dovere, ma correggere e rimproverare con amore, non con ira, non prendendolo a bastonare perché questo è un atto non gradito al Signore il quale ci chiama ad amarci gli uni gli altri. Anzi se riflettiamo bene, questa Sacra Scrittura è la giusta risposta da dare contro la pena di morte; leggiamo infatti nel versetto 18: "Correggi tuo figlio finché c'è speranza, ma non ti trasporti l'ira fino a ucciderlo", inoltre quale risposta migliore se non il comandamento di Dio: "Non uccidere" contro la pena di morte? Dunque il violento è giusto che paghi per le sue cattive azioni, ma sempre a beneficio della sua anima perché possa imparare a non commettere più i peccati, perché possa avere ancora la speranza della salvezza. Ed è così che tanti carcerati grazie all'egregio lavoro dei cappellani ritrovano la giusta strada che conduce al Regno dei Cieli. La galera non è un bel posto, ma chi finisce lì a seguito della sua cattiva condotta deve lodare il Signore perché ha l'occasione di redimersi in un luogo così angusto. Per questo Gesù ha a cuore i carcerati e si identifica con essi, dicendo: "carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25, 36). La pena di morte non è una soluzione, anzi ogni qual volta che viene giustiziato un carcerato è come se si uccidesse di nuovo Gesù sulla croce, così succede che gli uomini che credono di possedere il diritto, diventano delinquenti nel giustiziare i delinquenti che sono diventati nel frattempo giusti. Certamente gli iniqui che non si convertiranno pagheranno nel carcere eterno, ma finché l'uomo è in vita e si sveglia ogni giorno, ha la possibilità di cambiare, di convertirsi all'unico vero Signore che è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Dunque la via certa per camminare verso il Regno dei Cieli è l'obbedienza al Signore: chi ascolterà e praticherà i Suoi comandamenti, diventerà uomo giusto se saprà perseverare anche nella sofferenza, diventando così coeredi di Cristo; "E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria" (Romani 8, 17). Siamo figli di Dio e come ci dice l'Apostolo delle genti, se parteciperemo alle Sue sofferenze (di Cristo n.d.r.) allora parteciperemo anche alla Sua gloria. E allora se vivremo giustamente, non andremo in carcere, non dovremo subire la verga e il bastone sulle nostre spalle, non finiremo nel carcere eterno dove ivi sono tutti i dolori della terra moltiplicati ed eterni, ma vivremo nella gioia del Signore, qui e nel Cielo dove tutte le gioie della terra sono moltiplicate ed eterne. Certo avremo altri tipi di sofferenze, ma sarà una sofferenza dolce se soffriremo con il Signore nostro Gesù Cristo.

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