mercoledì 25 maggio 2011
Verità della Fede - XVIII parte
Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Proseguiamo la lettura del Cap. V composto da quattro paragrafi. La scorsa settimana abbiamo letto il paragrafo 1, oggi leggeremo i restanti tre paragrafi nei quali Sant'Alfonso prosegue l'analisi sulle profezie riguardanti gli ebrei le quali provano il già realizzato avvento del Messia che è Gesù Cristo:
Verità della Fede
di Sant'Alfonso Maria de' Liguori
SECONDA PARTE
CAP. V.
§. 2. Della dispersione degli Ebrei.
7. Fu bisogno che il popolo ebraico, come depositario delle scritture divine e delle promesse del Messia, si conservasse unito in un corpo, finché tutti i sacri libri fossero scritti e riconosciuti per divini, e si vedesse compiuta la promessa del Messia colla sua venuta. Se gli ebrei si fossero dispersi prima che si fosse fatta certa la cognizione de' sacri libri, non avrebbero potuto le scritture guadagnarsi quell'autorità universale che hanno acquistata, ed appresso se ne sarebbero forse anche smarrite le prove. E lo stesso sarebbe accaduto delle notizie del Messia. Di più, se Gesù Cristo fosse comparso dopo che il popolo fosse stato sparso per l'universo, le sue azioni ed i suoi miracoli sarebbero rimasti intricati fra molte incertezze, e poco ne avrebbe saputo il corpo intero della nazione; perciò Dio dispose che prima si fossero appurate le vere scritture, e prima Gesù Cristo morisse tra gli ebrei in Gerusalemme, e poi andassero essi dispersi per tutta la terra in castigo del loro peccato, e così portassero da per tutto le medesime scritture, per dimostrare a' gentili la venuta del Messia adorato da' cristiani: facendo così gli ebrei contro se medesimi testimonianza, e somministrando le prove della cristiana religione.
8. Senza tali prove i gentili avrebbero disprezzate le scritture come false, come fatte dopo gli avvenimenti, e si sarebbe negata ogni tradizione precedente del Messia venturo. Sicché gli ebrei in ciò sono stati i testimonj meno sospetti, perché nemici della nuova legge; e così colla loro odiosità ed ostinazione hanno molto contribuito a far conoscere Gesù Cristo, come dice s. Paolo: Sed illorum delicto salus est gentibus, ut illos aemulentur1. Ecco come il profeta Amos predisse questa loro dispersione: Ecce enim mandabo ego, et concutiam in omnibus gentibus domum Israel. 9. 9. Ordinerò che la casa d'Israele vada dispersa fra tutte le genti. E prima la predisse Davide: Nutantes transferantur filii eius, et mendicent et eiiciantur de habitationibus suis2. Ed in altro luogo: Ne occidas eos: ne quando obliviscantur populi mei. Disperge illos in virtute tua3. Con ciò profetizzò Davide che il castigo degli ebrei non dovea esser la loro total distruzione, ma l'andare dispersi per tutto il mondo; acciocché così i popoli si rammentassero sempre della vendetta che d'essi ebrei il Signore seguiva a prendersi. Miseri! Essi portano per ogni luogo il segno dell'ira divina: vanno erranti e timidi da per tutto, ma senza pentimento del loro delitto; facendo così vedere alle genti che portano essi e i loro figli la pena dello sparso sangue innocente di Gesù Cristo, giusta la imprecazione fattasi da loro stessi: Sanguis eius super nos et super filios nostros4.
9. Essi fra tutte le nazioni sono considerati come maledetti e come l'obbrobrio di tutte le genti, secondo già predisse Geremia5: Dabo eos in vexationem universis regnis terrae: in maledictionem et in stuporem et in sibilum et in opprobrium cunctis gentibus, ad quas eieci eos. Da molti sono sbanditi da' loro paesi. Da altri appena è destinato loro qualche luogo ristretto, da cui non possono uscire. Sono gl'infelici in abbominio anche agli eretici e agli idolatri. Il solo nome di giudeo oggi è riputato da tutti per una grande ingiuria; e pure è vero che Iddio a questo popolo promise la redenzione del mondo, a questo concesse il deposito delle sacre scritture, a questo mandò i suoi profeti, e da questo volle che nascesse il Messia e i di lui primi discepoli. Ma perché ostinato non volle aprire gli occhi a riconoscere il suo re e liberatore, egli è divenuto il popolo più misero e vile fra tutte le nazioni del mondo. Chi non vede qui la verità di queste profezie che tutto predissero: il peccato degli ebrei, la loro dispersione e la conversione de' gentili? Et dicam non populo meo: Populus meus es tu6. Chi non vede che chi si divide da Gesù Cristo, trova la sua rovina?
§. 3. Dell'acciecamento predetto agli ebrei.
10. Quis caecus, disse il Signore per Isaia, nisi servus meus? et surdus, nisi ad quem nuntios meos misi7? Chi è questo cieco a cui parlo, se non chi professa di esser mio servo? E chi è questo sordo, se non colui al quale inviai i miei ambasciatori? Con queste parole si lamenta il Signore della cecità del suo popolo, che, dopo essere stato così illuminato da' suoi profeti, e dopo esser vivuto tanti secoli aspettando il Messia, quando questi poi è venuto, non abbia voluto riconoscerlo. Queste espressioni par che avrebbero dovuto mettere ostacolo alla credenza de' gentili in credere a Gesù Cristo; ma no, perché le stesse scritture che promisero il Messia, predissero già l'acciecamento degli ebrei nel rifiutarlo e la conversione delle genti. E così quello che sembra ostacolo, quello rende più chiara la prova della venuta del Messia; poiché lo stesso rifiuto fattone dagli ebrei conferma la verità della sua venuta.
11. Parla Isaia dello stesso acciecamento, e dice: Vade, et dices populo huic: Audite audientes, et nolite intelligere: et videte visionem, et nolite cognoscere1. Udite quel che vi dico, ma voi non vorrete intenderlo; mirate ciò che vi discopro, ma non vorrete conoscerlo. Indi il profeta dimanda al Signore: Et dixi: Usque quo Domine? et dixit: donec desolentur civitates2. Quanto durerà questa cecità? Durerà finché le loro città restino affatto distrutte. Di più scrisse Isaia: Et erit vobis in sanctificationem. In lapidem autem offensionis et in petram scandali duabus domibus Israel3. Qui parla il profeta del Messia, ch'è la pietra angolare, la quale è il fondamento di tutta la chiesa, e dice che questa pietra sarà la santificazione delle genti; ma all'incontro le due case d'Israele, cioè la tribù di Giuda e di Beniamino da una parte e le dieci tribù degli ebrei dall'altra, anderanno ad urtare in tal pietra, in cui per loro colpa troveranno la lor rovina. Ecco prenunziato l'acciecamento del popolo ebraico: mentre di quel Redentore che venne per la loro salute, essi si sono valuti per loro perdizione, come predisse ancora il santo vecchio Simeone, parlando di Gesù Cristo: Ecce positus est hic in ruinam, et in resurrectionem multorum4.
12. Di più disse Isaia: Obstupescite, et admiramini; fluctuate, et vacillate: inebriamini et non a vino. Quoniam miscuit vobis Dominus spiritum soporis, claudet oculos vestros etc. Et erit vobis visio omnium, sicut verba libri signati5. A tempo di Gesù Cristo diventarono gli ebrei simili agli ubbriachi, che vanno vacillando per le vie; e ciò avvenne quando si videro i rabbini e sacerdoti ebrei, che in ammirare i miracoli del Redentore sentivansi mossi a crederlo, ma per l'invidia resisterono e lo perseguitarono; onde si posero ad oscurare le prove che dava Gesù Cristo della sua missione, o negando quel che vedeano, o attribuendolo a forza diabolica con dire: In principe daemoniorum eiicit daemones6. E con ciò restarono più ciechi, come già lor rimproverava il Signore; poiché dicendo essi: Nunquid et nos caeci sumus? Gesù loro rispose: Si caeci essetis, non haberetis peccatum7. Colle quali parole volle significare che essi non erano affatto ciechi, ma erano ciechi volontarj; giacché aveano motivi molto possenti, i quali gli obbligavano ad indagar la verità, che ben l'avrebbero conosciuta, se avessero atteso ad esaminar le scritture ed i miracoli colla dottrina e vita di Gesù Cristo. Questo fu il lor peccato, il voler resistere ai lumi che aveano; e questo fu lo spirito di vertigine, che si tirarono sopra in castigo della loro resistenza: Miscuit vobis Dominus spiritum soporis, claudet oculos vestros. I giudei in questa mala disposizione consultavano le scritture, non già per cedere, conoscendo la verità, ma per più imperversarsi; e così quelle per essi eran divenute un libro suggellato e chiuso: Et erit vobis visio omnium (cioè di tutti i profeti) sicut verba libri signati; onde non ne ricavavano più alcun raggio di luce.
13. Ma perché Iddio permise tale oscurità negli ebrei? Eccolo; essi attendeano alle loro speranze temporali e niente alle eterne, e perciò onoravano Dio solo esternamente: Populus iste ore suo et labiis suis glorificat me, cor autem eius longe est a me8. Onde disse Dio: mentre costoro non cercano me, ma solamente se stessi, io li lascierò involti nella loro ignoranza: Peribit enim sapientia a sapientibus eius, et intellectus prudentium eius abscondetur9. Ed ecco come poi piange Isaia questo acciecamento in loro nome. Expectavimus lucem et ecce tenebrae... Expectavimus iudicium, et non est: salutem et elongata est a nobis10. La stessa luce fu tenebra per li miseri ebrei: la stessa salute fu per essi rovina per causa della loro malignità, e per aver chiusi gli occhi alla luce. Sicché il rifiuto che fecero essi del Messia, è una prova della verità della nostra religione: la loro miscredenza rischiara la nostra. Ed all'incontro la credenza de' gentili dimostra la verità del Messia, giusta l'altro vaticinio del profeta: In iudicium ego in hunc mundum veni, ut qui non vident, videant; et qui vident, caeci fiant1.
14. L'altra profezia che conferma la venuta di Gesù Cristo, fu la predizione che tra la moltitudine degli ebrei dovea esservi un piccol numero di fedeli, e che questi doveano essere inondati di giustizia, cioè colmi di virtù: Si enim fuerit populus tuus Israel quasi arena maris, reliquiae convertentur ex eo: consummatio inundabit iustitiam2. E ciò fu confermato dall'altro vaticinio: Haec erunt in medio terrae, in medio populorum, quomodo si paucae olivae, quae remanserunt, excutiantur ex olea, et racemi, cum fuerit finita vindemia. Propter hoc in doctrinis glorificate Dominum: in insulis maris nomen Domini Dei Israel. A finibus terrae laudes audivimus, gloriam iusti3. Sicché i buoni israeliti (che furono gli apostoli) furon somigliati a quelle poche olive, o pochi grappoli d'uva che sfuggono dalla vista de' vendemmiatori; e questi doveano predicare la gloria del giusto (quale fu Gesù Cristo) facendo conoscere da per tutto, non solo nella Giudea, ma anche ne' luoghi lontani il vero Dio.
15. Tutto poi maggiormente si conferma dagli atti degli apostoli4 ove si narra che il numero di coloro che tennero il partito di Gesù Cristo nella di lui vita, fu molto piccolo, ma la loro santità fu grande, poiché non avevan niente di proprio, ed erano per la carità un'anima sola, e così tirarono gli altri alla fede. Indarno con minaccie e maltrattamenti gli ebrei cercaron di farli tacere; essi con fortezza seguirono a predicare le glorie del Redentore prima nella Giudea e nella Samaria, e poi fra gl'idolatri, sì che tra pochi anni si fecero sentire per tutte le parti del mondo; e gli ebrei restarono ostinati e sepolti nel loro acciecamento.
16. Dice l'autore dell'Esame della Religione che se Dio fosse stato l'autore delle profezie, avrebbe parlato più chiaro; e se avesse parlato più chiaro, gli ebrei non avrebbero ripugnato di credere Gesù Cristo. Ma rispondiamo che considerate le circostanze e gli avvenimenti succeduti ed avverati secondo stava predetto, troppo chiare appariscono le profezie. Già dal principio fu in quelle predetto, che il seme della donna avrebbe schiacciata la testa del serpente: che in Abramo sarebberostate benedette tutte le genti: che dalla famiglia di Giuda sarebbe venuto l'aspettato dalle genti: si è veduto avverato il tempo della venuta del Messia, della distruzione del tempio, della dispersione degli ebrei; il che tutto stava da Daniele predetto. Qual maggior chiarezza poteva attendersi? L'acciecamento poi degli ebrei non ha avuta causa dall'oscurità delle profezie, ma dalla loro ostinazione e dalla loro falsa idea del Messia, aspettando da lui più che i beni eterni, i beni temporali di opulenza e di dominio, e perciò sono rimasti acciecati ed ostinati.
§. 4. Della conservazione degli Ebrei.
17. Non solo la dispersione degli ebrei e 'l disprezzo che trovano da per tutto, ma anche la loro conservazione dopo tanti secoli molto conferma la nostra fede e la verità delle scritture. Come mai questo popolo ribelle, essendo stato così disperso per tutta la terra, non è restato egli confuso colle altre nazioni, con perdersi la di lui memoria, mentre per tanti anni non ha avuto né principi, né patria, né magistrati, né sacerdoti, né sacrificj, né feste; giacché ogni sacrificio o festa è a lui vietato di esercitarla fuori di Gerusalemme, ove al presente non gli è permesso neppure di metter piede? Oggidì è difficilissimo il discernere le vere famiglie romane antiche dalle straniere venute in Italia; e lo stesso può dirsi d'ogni nazione. Ma degli ebrei non può dubitarsi ch'essi siano tutti veri discendenti di Abramo. È vero che dopo la loro dispersione non possono distinguersi le loro famiglie e specialmente quelle della tribù d'Aronne, alla quale stava destinato il sacerdozio, perché dopo la loro dispersione non hanno più archivj pubblici per registrare i loro rami (e questo è un altro argomento dell'abolizione della loro legge): ma è certo che tutti essi sono figli di Abramo. Or come mai non han procurato di mischiarsi con altri popoli (cosa lor molto facile) per evitare almeno l'odio e la derisione comune?
18. Né può dirsi che ciò era lor impedito dallo zelo della religione, perché a tempo di Geremia, per evitare le calamità temporali e meno gravose di quelle che al presente patiscono, non fecero ripugnanza di avvilirsi sino ad adorar la luna1. E lo stesso avvenne anche a tempo de' Macabei: Iuncti sunt nationibus2. Ma no, essi ostinati sieguono tuttavia a resistere anche a' lumi dello Spirito santo. Vedono che la venuta dell'altro loro aspettato Messia non viene a fine: che sempre più si avverano le predizioni della nostra chiesa: vedono all'incontro che falliscono sempre le computazioni de' tempi fatte dai lor rabbini, tanto che da più secoli i loro sovrastanti han proibito ad ognuno di più numerare gli anni del Messia scorgendo che tutti i calcoli portano a Gesù Cristo già venuto. Ma ciò non ostante stan fermi, e sieguono a vivere attaccati al loro giudaismo. Chi non vede esser tutta disposizione della divina provvidenza per la conferma del vangelo, secondo la predizione di Geremia: Ego consumam cunctas gentes, ad quas eieci te (serve meus Iacob); te vero non consumam, sed castigabo te in iudicio3. Io lascerò, dice Dio, consumare tutte le genti, fra le quali ti caccierò in bando; non consumerò te, popolo di Giacobbe, ma ti castigherò secondo il giudizio della mia giustizia. Se gli ebrei fossero stati distrutti, darebbero prova solamente della giustizia di Dio sopra di essi esercitata; ma coll'esser conservati, oltre la giustizia, provano la verità della fede e della venuta del Messia promesso.
19. Vi sta nondimeno la promessa per Geremia che un giorno gli ebrei si convertiranno, e riceveranno la misericordia di Dio: Reducam enim conversionem eorum, et miserebor eis4. Ed in altro luogo: Si mensurari potuerint coeli sursum, et investigari fundamenta terrae deorsum, et ego abiiciam universum semen Israel, propter omnia quae fecerunt, dicit Dominus5. Siccome non può misurarsi l'altezza de' cieli, né la profondità della terra, così io, dice Dio, non mai rigetterò tutta la stirpe d'Israele, per quanti mali abbiano fatti.
20. Predisse ancora il Signore la conversione degli ebrei per Isaia6. Haec dicit Dominus creans te Iacob, et formans te Israel... Noli timere, quia ego tecum sum. Ab oriente adducam semen tuum, et ab occidente congregabo te.
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1 Rom. 11. 11.
2 Psal. 108. 10.
3 Psal. 58. 12.
4 Matth. 27. 25.
5 29. 18.
6 Os. 2. 24.
7 Isa. 42. 19.
1 Isa. 6. 9.
2 Isa. 6. 11.
3 8. 14.
4 Luc. 2. 34.
5 Isa. 29. 9.
6 Matth. 9. 34.
7 Ioan. 9. 40. et 41.
8 Isaiae 29. 13.
9 Ibid. 14.
10 59. 9. et 11.
1 Isa. 29. 18.
2 Isa. 10. 22.
3 Isa. 24. 13.
4 Actor. c. 4.
1 Ier. 44. 16. ad 18.
2 1. Mach. 1. 16.
3 Ier. 46. 28.
4 Ier. 33. 26.
5 Ier. 31. 37.
6 43. 1. et 5.
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