mercoledì 21 settembre 2011

Verità della Fede - XXXIV parte

Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Proseguiamo la lettura del cap. I della terza parte con il primo paragrafo che proverà la verità della Chiesa Cattolica dai miracoli operati in essa:





Verità della Fede

di Sant'Alfonso Maria de' Liguori

PARTE TERZA


CONTRO I SETTARJ CHE NEGANO LA CHIESA CATTOLICA ESSERE L'UNICA VERA


CAP. I.

§. 1. Si prova inoltre la verità della chiesa cattolica da' miracoli in essa operati.

16. Dice Spinoza che i veri miracoli sono impossibili, perché l'ordine della natura non può essere interrotto o cangiato, senza che si muti Iddio, il quale è immutabile ne' suoi decreti. Ma risponde s. Tommaso1 che bisogna distinguere due ordini di cose: l'ordine universale e l'ordine particolare. L'ordine universale delle cose che sono state ab aeterno ordinate da Dio come prima cagione, non può cangiarsi; perché cangiandosi vi sarebbe mutazione di volontà in Dio, ch'è immutabile: ma l'ordine particolare della natura, il quale anche dipende da Dio, ma dipende insieme dalle cause seconde, Iddio ben può cangiarlo senza mutare i suoi decreti eterni. Poiché le cose che avvengono fuor dell'ordine naturale, anche avvengono secondo i divini decreti, i quali nei miracoli non già si mutano, ma si eseguiscono. Ben riflette però il Bayle che quel che diceva Spinoza corre secondo il sistema del suo Dio materiale, o sia della sua materia ch'egli innalza ad essere Dio, la quale opera senza libertà, ma solo per necessità, onde Bayle così parla agli spinozisti: Parlate schiettamente e senza equivoci; dite che le leggi della natura, non essendo state fatte da un legislatore libero, il quale conoscesse ciò che facea, ma essendo l'azione da una causa cieca e necessaria, nulla può avvenire che sia contrario a questa legge. Sicché essendo Dio agente libero, ben sono possibili ad avvenire i miracoli da lui ab aeterno ordinati, senza ch'egli si muti di volontà.

17. Già si disse nella seconda parte, al capo XIV., che i veri miracoli, perché superano le forze della natura, non possono operarsi che da quel supremo autore ch'è sopra la natura. Quindi è certo che quella religione che produce veri miracoli in conferma della sua dottrina non può non esser vera; poiché Dio non può approvare colla testimonianza dei suoi miracoli una dottrina ch'è falsa. Al capo XIV. e XVI. della seconda parte parlammo già dei miracoli operati da Gesù Cristo e per di lui mezzo dagli apostoli. Qui parleremo solamente de' miracoli operati da Dio per mezzo degli altri suoi servi vivuti nella chiesa cattolica.

18. Vengan tutte le sette, e dimostrino un solo miracolo per loro mezzo operato. Scrivono gli autori gentili che Vespasiano guarì miracolosamente due infermi, e che Adriano diede la vista a due ciechi; ma nel citato capo femmo vedere che ciò avvenne per opera dei rimedj naturali in quanto a Vespasiano, ed in quanto ad Adriano fu una mera finzione de' suoi cortigiani per adularlo. Portano di più che una vergine vestale prese l'acqua in un crivello senza versarla. Ma anche dato ciò per vero, non ripugna il credere che Dio per attestare l'onestà di quella vergine, la quale veniva incolpata a torto d'impudicizia, volesse l'avvenimento di quel prodigio. Vengano i giudei. Ebbero essi senza dubbio nel tempo dell'antica legge molti e veri miracoli, perché erano allora nella vera chiesa; ma ripudiata ch'ella fu colla venuta del Salvatore, tutti i loro miracoli affatto sono cessati. Vengano i maomettani. Ma il loro maestro e duce Maometto si protesta di cedere a Cristo i miracoli, bastandogli come diceva, la spada, per far conoscere la verità della sua religione. È vero ch'egli nel capo 64. dell'Alcorano si vanta e narra un prodigio da lui fatto nella luna, cioè ch'essendo quella caduta e rotta in due parti, fu da lui ricongiunta e riposta in cielo (lo riferisce il cardinal Bellarmino2;) che perciò i turchi (come nota ancora Cornelio a Lapide3) presero per loro insegna la luna. Ma non è credibile esservi uomo nel mondo di mente sana, che possa credere per miracolo una favola così ridicola. Vengano tutte le altre sette insieme a produrre qualche miracolo. Ma no; che se mai le infelici l'han voluto fingere per ingannare la gente, le loro finzioni presto si son manifestate, come specialmente avvenne a Lutero e Calvino, secondo riferiremo al cap. 6. num. 6.

19. Gli eretici pertanto, poiché non trovano alcun miracolo operato da Dio in conferma delle loro sette, dicono (siccome parla il Picenino) che i miracoli non sono già contrassegni della vera religione: perché anche i maghi di Faraone fecero miracoli, ed anche l'Anticristo, secondo scrive s. Giovanni, a' tempi suoi farà prodigi. Ma si risponde primieramente essere chiaro nelle divine scritture che il Signore ha operati i miracoli in prova della vera dottrina. Questo fu il contrassegno che diede Iddio al popolo ebreo, acciocché credessero a quel che da sua parte Mosè loro diceva, cioè la potestà che donò a Mosè di far miracoli, come si legge nell'esodo: Ut credant, inquit, quod apparuerit tibi Dominus... Si non crediderint, inquit, tibi, neque audierint sermonem signi prioris, credent verbo signi sequentis1. Onde lo stesso Calvino, maestro di Picenino, parlando dei miracoli operati da Mosè, confessa che quelli furon tante prove della dottrina da Mosè insegnata: Tot insignia quae refert miracula, totidem sunt proditae doctrinae sanctiones2. Questo anche (cioè i miracoli operati) fu il contrassegno che diede Gesù Cristo a' discepoli del Battista, affinché il Battista credesse ch'egli era il vero Messia: Euntes renuntiate Ioanni quae audistis et vidistis3. Di più con questa prova de' miracoli rimproverava agli ebrei la loro incredulità: Si mihi non vultis credere operibus credite4. E perciò indi li dichiarò indegni di scusa, per non avere voluto credere a' suoi miracoli da loro stessi veduti: Si opera non fecissem in eis quae nemo alius fecit, peccatum non haberent: nunc autem et viderunt, et oderunt me, et patrem meum5. Se i miracoli non fossero stati contrassegni della vera fede, non avrebbe detto Gesù Cristo che coloro sarebbero stati i veri fedeli, che tali prodigj avessero operati: Signa autem eos, qui crediderint, haec sequentur: in nomine meo daemonia eiicient, linguis loquentur novis, serpentes tollent etc.6; ed a torto s. Paolo avrebbe assegnati i miracoli per segni del suo apostolato, quando disse: Signa apostolatus mei facta sunt super vos in omni patientia, in signis et prodigiis7. Ora come dice il Picenino che i miracoli non sono contrassegni della vera religione?

20. In quanto poi a' prodigj operati da' maghi di Faraone, quelli non furon miracoli, ma illusioni ed apparenze possibili ad avvenire per opera de' demonj. E lo stesso sarà de' prodigj che opererà l'Anticristo; ed acciocché per tali prodigj gli uomini non dessero fede a quell'empio, il Signore ci ha fatto sapere anticipatamente che quelli saranno tutti inganni ed illusioni diaboliche: Cuius est adventus secundum operationem satanae, in omni virtute et signis, et prodigiis mendacibus8. Del resto può il Signore concedere anche ad un peccatore ed anche ad un infedele la facoltà di far miracoli, come già diede lo spirito di profezia a Balaam ed a Caifasso. Poiché queste sono grazie gratis date, che Dio comunica a chi vuole secondo i suoi divini giudizj. Ma come ben insegna s. Tommaso9 quando un empio predica la vera fede, ed invoca il nome di Cristo, anch'egli può far veri miracoli; ma non quando poi volesse operarli in conferma d'una fede falsa. Poiché il principale autore dei miracoli è Dio, il quale non può permettere i miracoli per testimonianza d'una falsità. Perciò scrisse Tertulliano10, che i miracoli, o per meglio dire le illusioni de' gentili, perché erano ordinate ad accreditare una fede falsa, al comparire della vera fede predicata da Gesù Cristo, alla quale erano chiamati i gentili, cessarono e si scoprirono per inganni. All'incontro scrisse che un solo miracolo vero, fatto in conferma della verità della nostra religione, bastava a provarla vera.

21. Innumerabili poi sono stati i miracoli continuamente operati da Dio sino a' tempi nostri per mezzo de' suoi servi nella chiesa cattolica, secondo la promessa già fatta da Gesù Cristo: Qui credit in me, opera quae ego facio, et ipse faciet, et maiora horum faciet1. È vero che nella primitiva chiesa questi miracoli furono abbondanti, perché allora eran più necessarj a propagar la fede; e perciò tali miracoli appresso non sono stati così frequenti: ma non ha voluto il Signore che cessassero nella sua chiesa; perché ben anche son necessarj per la conversione delle nuove genti, siccome già è avvenuto in questi ultimi secoli nelle Indie, dove s. Francesco Saverio, s. Luigi Bertrando ed altri ministri del vangelo hanno operati innumerabili prodigj. Giovano anche i miracoli tra i cristiani per confermare i fedeli nella loro credenza e buona vita; e servono insieme a glorificare i santi, che Dio anche in questa terra vuol vedere onorati.

22. A chi poi volesse negare il credito a tanti fatti miracolosi scritti già negli annali della chiesa e nelle vite de' santi, io domando: e perché mai si ha da dar credito a' fatti che riferisce un Tacito, uno Svetonio, un Plinio, e poi non si ha da dar credito ad un s. Atanasio, ad un s. Basilio, ad un s. Girolamo, ad un s. Gregorio ed a tanti altri scrittori pii, che attestano i miracoli operati per mezzo de' santi? Se costoro avessero creduto che il mentire in questa materia non fosse colpa o poca colpa, neppure dovrebbe dubitarsi de' loro detti; ma essi e tutti noi cattolici teniamo, com'è certo, che 'l mentire in tal materia è un fallo degno di morte eterna; onde è temerità il supporre che tanti santi e scrittori pii abbian voluto così fallire, non per altra ragione che per adulare taluni, oppure per tenere ingannata la gente. Tanto più che essi hanno scritte cose, circa le quali poteano facilmente esser convinti di menzogna da' medesimi testimonj de' fatti narrati, che si son trovati vivi a tempo che sono stati mandati alla luce i loro libri.

23. Oltreché ha disposto Iddio che nella santa chiesa alcuni prodigj miracolosi fossero continui per confondere l'audacia de' miscredenti che vogliono negare alla nostra chiesa cattolica il pregio de' miracoli. Solamente nel nostro regno di Napoli quanti di tali prodigj si vedono in ogni anno! Vi è la manna di s. Nicola, che continuamente scaturisce in Bari dalle sue sacre ossa. Ne' monasteri di s. Liguoro e di d. Romita nella città di Napoli in ogni anno si vede liquefarsi il sangue di s. Giovanni Battista nel giorno in cui si celebra la sua Decollazione e propriamente quando si dice il vangelo nella messa. Così parimente vedesi prima indurito, e poi liquefatto il sangue di s. Stefano nel monastero di s. Gaudioso nel giorno della sua festa. Così ancora nella città di Ravello si liquefa il sangue di s. Pantaleone nel giorno della sua festa.

24. È celebre poi in tutto il mondo cristiano il sangue di s. Gennaro, che ogni anno si liquefa più volte, cioè per due intiere ottave alla presenza della sua sacra testa, ed alla vista di molta gente. Ma è bene fermarsi un poco più posatamente a parlare del miracolo di questo santo della mia patria, mentre un tal miracolo così portentoso con maggior furore è contrastato dagli eretici. E dico primieramente che prima degli eretici riformati non vi è stato tra gli scrittori, chi mai ha dubitato della verità d'un tal miracolo sin dal secolo decimo, in cui si suppone esser il miracolo cominciato; benché altri pensano aver egli avuto principio fin dalla morte del santo, che fu nel secolo terzo. I soli pretesi maestri della chiesa riformata si sono affaticati, come ho accennato, con tutte le forze a discreditarlo. Ecco le loro opposizioni. Si oppone dal calvinista Pietro Molineo che da' nostri fraudolentemente si gitti calce nel sangue, e perciò si vede quello bollire. Ma un certo eretico luterano (cosa che fa maraviglia) in una sua dissertazione non ha ripugnato di confutare il nominato calvinista, e l'ha trattato da sciocco e temerario, scrivendo queste parole che ben vagliono a rigettare tutte le altre opposizioni degli avversarj, che qui appresso riferiremo: Come mai, dice questo autore, per tanti anni si è potuta tener nascosta una tal frode in mezzo ad una città così folta? Oltreché Benedetto XIV. nella sua opera De canoniz. lib. 4. par. 1. attesta che per esperienza fatta la calce non ha questa virtù di far bollire il sangue e tanto meno di liquefarlo, quando è indurito.

25. Riferisce ancora lo stesso pontefice nel luogo citato, che un certo medico eretico chiamato Gaspare Neumanna un giorno stando in sua casa cogli amici, pose su d'una tavola tre boccie di liquore in color di sangue, ch'era condensato, e poi a vista di tutti quello si liquefece; e così questo eretico cercò di mettere in derisione il miracolo del nostro s. Gennaro. Ma le risposte son chiare. Primieramente quello non era sangue, ma verisimilmente qualche liquore misturato con roba, che fermentando fra qualche tempo si scioglieva. Inoltre quella tal composizione allora si vide liquefarsi per una sola volta; ma chi poi l'ha veduta, essendo sempre la stessa, più volte indurita e più volte indi liquefatta, come avviene al sangue del nostro santo? Inoltre quella mistura, come dee supporsi, era stata composta da quel ciarlatano poco tempo avanti di esporla a vista degli amici; ma il sangue di s. Gennaro si conserva da tanti secoli, e sempre è lo stesso.

26. Si oppone da altri che ciò succede per virtù naturale di simpatia. Siccome, dicono, per antipatia il sangue d'un uomo ucciso suol bollire a vista dell'uccisore; siccome ancora la calamita per istinto si volge al polo, e l'ambra tira a sé la paglia: così per simpatia il sangue di s. Gennaro si liquefa a vista della propria testa. Ma si risponde che tutte le calamite si volgono al polo, e tutte l'ambre tirano a sé la paglia; ma perché poi il solo sangue di s. Gennaro si liquefa a vista della sua testa, ed i sangui degli altri defunti restano induriti? Inoltre la calamita sempre si rivolge al polo, l'ambra sempre tira a sé la paglia; ma il sangue di s. Gennaro alle volte anche alla presenza del capo resta indurito, alle volte si trova liquefatto lontano dal capo, alle volte si scioglie tra pochi minuti, alle volte dopo molto tempo: talvolta si liquefa in modo che riempie la caraffina, talvolta no; talvolta si scioglie tutto, talvolta mezzo. In quanto poi a bollire il sangue dell'ucciso a vista dell'uccisore, ciò molti dicono esser favola; ma ancorché fosse vero, questo caso rarissime volte sarà avvenuto. Ma il caso di liquefarsi il sangue di s. Gennaro a vista della testa succede più volte l'anno. Inoltre il sangue dell'ucciso si sarà veduto bollire quando ancora erano recenti le ferite ed ancora liquido il sangue; ma chi mai ha veduto bollire il sangue dell'ucciso congelato e dopo molti anni dalla sua morte? Ma il sangue di s. Gennaro si scioglie e bolle dopo essersi indurito, e dopo ch'è stato separato dalla sacra testa per quattordici secoli. Gran cosa! Dicono questi eretici che lo scioglimento così del sangue di s. Gennaro, come di tutti gli altri sangui de' nostri santi da noi riferiti di sopra, avviene per simpatia; ma si domanda: perché di tali simpatie non se ne trova alcuna tra di essi, e solamente si trovano tra' cattolici?

27. Di più oppone il calvinista Picenino, che il sangue di s. Gennaro si liquefa per il calore delle candele che vi ardono e delle genti che v'assistono. Ma si risponde per 1. che con tutto ciò l'esperienza fa vedere che le boccie del sangue appena diventano tepide, ma non calde. Per 2. se ciò avvenisse per le candele e per le genti, avverrebbe più in tempo di state, che di verno; ma più volte è succeduto il contrario, come specialmente nell'anno 1662 nel cuore del verno si liquefece, e nell'anno 1702 in tempo di state non si sciolse prima della seconda messa. Per 3. dove s'è veduto mai sciogliersi alcun sangue col calore del fuoco? Altri oppongono quello non esser sangue, ma un liquore congelato, che a poco a poco si liquefa tra le mani di chi lo tiene. Ma si risponde: chi mai ha veduto il gelo liquefatto di verno tornare poi a congelarsi in tempo di state? Altri dicono che si liquefa, perché le boccie con arte si toccano da chi le tiene in mano. Ma quante volte si liquefa anche nell'armario? Altri che ciò succede per le esalazioni del Vesuvio. Ma queste esalazioni sono per molte miglia lontane; e tante volte che non vi sono, pure il sangue si scioglie. In somma quanto più gli eretici si affaticano a toglier la credenza al miracolo, tanto più la confermano.

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1 1. p. q. 105. a. 5.

2 de Notis eccl. c. 14.

3 in Apoc. 13. 11.

1 Exod. 4. 5. et 8.

2 Instit. c. 8. §. 5.

3 Matth. 11. 4.

4 Ioan. 10. 38.

5 Ioan. 15. 24.

6 Marc. 16. 17.

7 2. Cor. 12. 12.

8 2. Thess. 2. 9.

9 2. 2. q. 178. a. 2. ad 3.

10 Apolog. c. 23.

1 Ioan. 14. 12. 

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