sabato 10 settembre 2011

Il Sabato dei Salmi - Salmo 69 (68) - Lamento

Salmo 69

Lamento 
[1]Al maestro del coro. Su «I gigli». Di Davide. 

[2]Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
[3]Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
[4]Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.
[5]Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire? 

[6]Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
[7]Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele. 

[8]Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
[9]sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre. 

[10]Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
[11]Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia. 

[12]Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
[13]Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano. 

[14]Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
[15]Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
[16]Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca. 

[17]Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
[18]Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi. 

[19]Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
[20]Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
[21]L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
[22]Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto. 

[23]La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
[24]Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi. 

[25]Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
[26]La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
[27]perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
[28]Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
[29]Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti. 

[30]Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
[31]Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
[32]che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie. 

[33]Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
[34]poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
[35]A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove. 

[36]Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
[37]La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.

COMMENTO

Anche per questo sabato lasciamo il commento alle parole del compianto Padre Lino Pedron tratte dal sito a lui dedicato: http://www.padrelinopedron.it

Il salmo 69 è tra i più citati del Nuovo Testamento. Il salmista vede se stesso in quella tipica situazione del perseguitato seguace di Dio, nella quale si continua a intravedere il destino del Salvatore futuro (cfr. Is 53; Sal 22). È questo il motivo per cui il salmo si presta a molte citazioni nel Nuovo Testamento. Con immagini eloquenti, il salmista descrive il pericolo che sovrasta la sua vita. Ma, per quanto si senta innocente nei suoi rapporti con gli uomini, sa di essere peccatore davanti a Dio, nel suo intimo. Egli è stato un difensore zelante dell’onore di Dio e del suo tempio. Ora che le cose vanno così male per lui, gli dispiace perché ciò va a scapito dell’onore e del credito di Dio e della fede dei suoi compagni che la pensano come lui. La sua sorte alimenta le mormorazioni sulla pubblica piazza e nelle bettole (v. 13). Egli auspica che tutto quanto gli avversari meditano e tramano contro di lui ricada su di loro. Per sé il salmista non vuole solo la salvezza dal pericolo mortale, ma la vita per lodare Dio, insieme con quelli che come lui riceveranno la grazia, in una Gerusalemme riedificata e nel restaurato regno di Giuda.
Commento dei padri della Chiesa
v. 2 "Questo salmo contiene la preghiera del Signore offerta a nome dell’umanità, le cause e le circostanze della sua passione, i castighi che saranno mandati ai giudei e infine annuncia il culto in spirito e verità" (Atanasio).
«Salmo della passione del Cristo. Parla il Cristo caricato dei nostri peccati. Dicendo che il Cristo ha bevuto l’aceto per compiere le Scritture e ricordando il versetto: "Lo zelo della tua casa mi ha divorato" (Gv 2,17), Giovanni elimina tutti i dubbi che potrebbero sorgere: afferma che tutto il salmo deve essere riferito al Cristo. È il Cristo che parla, conformandosi alla nostra infermità, avendo preso su di sé tutto il carico della miseria umana: è dolente, lui che, come Dio, è estraneo ad ogni necessità, dolore, timore. Si è fatto uomo di carne come noi e parla coi lamenti e le suppliche dei nostri dolori» (Ilario).
"Tutto il salmo parla del Signore nella sua infermità umana. La tempesta è la passione" (Arnobio il giovane)
v. 3 "Il Verbo parla al Padre dal soggiorno dei morti ove è disceso" (Origene).
"Chi dunque chiede di non morire? Colui che ha preso su di sé l’infermità per salvare. Chiede che la morte non lo trattenga prigioniero. I dolori della crocifissione e la malvagità umana penetrano in lui. La causa di questi dolori è nella carne che ha assunto. Dio non poteva attirare a sé dolore e terrore che nella carne del nostro corpo... Discende non solo fino alla carne, ma fino al regno della morte. Tutto il terrore della tempesta che infuria su di noi penetra in lui" (Ilario).
v. 4 "Il Cristo si è estenuato nel gridare. Gesù gridò a gran voce: Chi ha sete venga a me! (Gv 7,37); Gesù gridò: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27,46); dopo aver di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito (Mt 27,50)" (Eusebio).
«Sono i rimproveri che il Cristo ha rivolto ai giudei, ad alta voce, e le suppliche che rivolge al Padre: "Se è possibile, passi da me questo calice" (Mt 26,39)» (Cassiodoro).
v. 5 "Non era debitore né del peccato né della morte" (Ilario).
"Il ladro era Adamo. Il Cristo per annullare il nostro debito ha pagato personalmente" (Cassiodoro).
"Era necessario che la morte del benedetto pagasse quella dei maledetti. La sua grazia avrebbe cancellato i nostri peccati, perché egli pagava il furto di un altro. L’altro era Adamo: di fronte a lui, al frutto rubato, al comando trasgredito, alle alleanze e ai raggiri sacrileghi, il Cristo offriva se stesso, espiazione unica e soddisfacente, prezzo regale che avrebbe riscattato il colpevole fino a giustificarlo" (Ildeberto di Lavardens).
v. 6 "Di quale stoltezza si tratti, non è importante. Il Cristo si è fatto stolto per gli stolti, senza legge per i senza legge, debole per i deboli (cfr. 1Cor 9,19 ss.). E ancora è stato fatto maledizione (Gal 3,13) e ha detto: Le mie colpe non ti sono nascoste" (Origene).
"La mia stoltezza è la follia della croce" (Cirillo di Alessandria).
"La follia della passione è scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani (1Cor 1,23). Ma tu, Padre, conosci l’economia della croce e il mistero della croce... Dio lo ha fatto peccato per noi, lui che non conosceva il male" (Atanasio).
"Il Cristo parla come capo, per le sue membra" (Cassiodoro).
v. 7 "Ti prego di custodire nella fedeltà e nella perseveranza quelli che credono in me. Non arrossiscano di me. Quanti sperano in me e ti attendono, non restino confusi" (Eusebio).
"Poiché ho accettato di gustare la morte per loro, chiedo che sia abolita l’infamia di questa morte che essi soffrivano. Infatti era un’infamia del regno della morte sull’uomo, creato a immagine di Dio. Con questo il Cristo preannuncia la distruzione della morte con la sua risurrezione" (Atanasio).
"La speranza dei fedeli non venga meno a causa della mia passione, ma sappiamo che sono venuto per far la tua volontà" (Girolamo).
v. 8 "Gli uomini sono umiliati per i loro peccati, ma io sono umiliato per aver fatto la tua volontà" (Eusebio).
"I miei avversari attribuiscono la mia sconfitta alla tua debolezza" (Teodoreto).
"Per volontà del Padre sopporta le ingiurie dei malvagi e anche l’abbandono da parte degli apostoli" (Girolamo).
v. 9 "Il primo obbrobrio è la separazione dai fratelli e dai vicini" (Teodoreto).
"I loro occhi erano incapaci di riconoscerlo... Tu solo sei così forestiero... ? (Lc 24,16-18)" (Girolamo).
v. 10 "Non solo sono diventato un estraneo per loro, ma ho dovuto sopportare oltraggi da parte di uomini le cui opere sono per te un oltraggio" (Atanasio).
"Mi consumo per la tua casa e per la vergogna in cui è caduta" (Teodoreto).
"Ne hanno fatto una spelonca di ladri (cfr. Lc 19,46)" (Girolamo).
"Ciò che accade non è una novità: hanno disprezzato te, Padre, nell’Antico Testamento e ora disprezzano il Figlio" (Origene).
"Il Cristo vendicò le offese fatte a Dio dai cattivi insegnamenti e dai cattivi esempi degli scribi e dei farisei che chiudono il regno dei cieli in faccia agli uomini (cfr. Mt 23,13)" (Eusebio).
"Mi si rimprovera come se fossero miei i peccati dei tuoi nemici. Quando il Cristo è divorato dallo zelo per Dio, è accusato di bestemmia" (Ilario).
v. 11 "Inquieto per la rovina delle anime, digiunavo per loro, ma non ricevevo che ingiurie" (Atanasio).
"Il suo digiuno gli attira questa ingiuria: la tentazione da parte di satana; piange per la mancanza di fede degli uomini, e le sue lacrime sembrano un segno di debolezza; gli ubriaconi si beffano di lui perché generalmente si beffano di qualunque infermità umana: infatti il Cristo prende su di sé tutta l’infermità dell’uomo" (Ilario).
"Il Cristo ha avuto fame e sete della fede dei credenti: ha chiesto da bere alla samaritana" (Agostino).
"Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete (Gv 4,32). Il Cristo aveva fame della salvezza del genere umano e aveva fame della fede della chiesa: non trovava nulla presso i giudei" (Girolamo).
v. 12 "Indossare un sacco significa tristezza e lacrime. Il Cristo e tutti i suoi gesti sono stati come una parabola che spiega un mistero" (Cassiodoro).
v. 13 "Un tempo era alla porta che si tenevano le riunioni" (Teodoreto).
v. 14 "Si prendevano gioco di me, ma io continuavo a offrirti la mia preghiera" (Eusebio).
"Nell’attesa che tutto ciò si compia, i miei occhi sono rivolti a te e attendo il tuo aiuto. Anche se mi insultano e mi rendono male per bene, non cesserò mai di offrirti le mie preghiere per loro (cfr. Lc 23,34)" (Cirillo di Alessandria).
«Non cesso di pregare per loro: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno "(Lc 23,34)» (Atanasio).
v. 15 "Che io non cada nella corruzione come tutto il genere umano che ritorna nel fango e nella polvere" (Girolamo).
v. 17 "Accogliendo pienamente l’economia del mistero, il Cristo gridò con gran voce (cfr. Lc 23,46) e, in preda a sudori, lacrime e gocce di sangue, ricevette la consolazione di un angelo, benché egli fosse il Figlio di Dio (cfr. Lc 22,43-44)" (Atanasio).
"Tu che riscatti gli altri per mezzo della mia passione, china lo sguardo su di me!" (Girolamo).
v. 18 "Nascondere il volto è il gesto degli uomini in collera. Il tuo sguardo basta per dissipare la nube dell’infelicità" (Teodoreto).
"Il tempo incalza ogni uomo" (Cirillo di Alessandria).
v. 19 "Liberami dalla morte che mi tiene prigioniero. I nemici spirituali hanno commesso una ingiustizia contro di noi; il Cristo ci attira la misericordia del Padre" (Atanasio).
v. 20 "Dio era il solo a conoscere" (Ilario).
"L’opera della redenzione, mistero dello Spirito della Sapienza, restava nascosta nel momento in cui si compiva, cosicché nessuno la conobbe fino al tempo fissato. C’era allora un solo uomo, in questo mondo, che conoscesse la Sapienza: il Cristo, che era la sapienza di Dio in persona. E come all’inizio della prima creazione la terra era una cosa deserta e vacua e le tenebre erano sopra la faccia dell’abisso (Gen 1,2), così, in questo inizio della nuova creazione, il mondo intero era informe e vuoto in rapporto alla conoscenza della sapienza e le tenebre dell’ignoranza coprivano il cuore di tutto il genere umano. Tuttavia, senza esitare, consideriamo come un’eccezione la beata Madre di Dio, che era allora tra i viventi. Certamente la sapienza non si era nascosta ai suoi occhi perché lei era profetessa in modo unico: lo Spirito santo aveva fatto confluire nel santuario del suo cuore tutte le profezie" (Ruperto).
v. 21 "Ne ho sfamati a migliaia, ne ho salvati a migliaia, ma non c’è stato nessuno che mi difendesse quando mi hanno dato il fiele e l’aceto" (Arnobio il giovane).
v. 22 "Profezia che si è compiuta al momento della crocifissione" (Origene).
«Dicendo: "Ho sete", Gesù chiedeva la fede. I giudei non gli offrirono che la loro amarezza» (Cassiodoro).
v. 23 "La loro mensa è la sacra Scrittura, che è pane e banchetto. Questa mensa profetizza il Cristo crocifisso, scandalo per i giudei e follia per i gentili (1Cor 1,23). La mensa della Scrittura è divenuta un laccio per i giudei, ma non per le genti. Il Cristo, Sapienza incarnata, è lui stesso mensa: Venite, mangiate il mio pane (Pr 9,5). Ma per i giudei è divenuto laccio, scandalo e castigo, cosicché è stato chiesto conto a questa generazione di tutto il sangue versato da Abele a Zaccaria" (Origene).
"La sacra Scrittura, mensa del popolo ebreo, è divenuta un laccio per loro perché ne sviano il senso: a sua volta, la Scrittura, così stravolta, li distoglie dal credere al Cristo. I loro occhi sono accecati perché rifiutano la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1,9)" (Eusebio).
«La loro mensa: la legge e i profeti, di cui si nutrivano. È uno scandalo che non comprendano che il Signore vi è annunciato. Egli stesso aveva detto loro: "Vostro accusatore è lo stesso Mosè nel quale riponete ogni speranza... poiché egli ha scritto di me" (Gv 5,45-46)» (Girolamo).
v. 24 "L’oscuramento del sole che avvenne alla morte del Cristo fu un segno dell’accecamento del popolo ebreo" (Cirillo di Alessandria).
"Accecàti, i giudei non video il vero sole" (Cassiodoro).
"Immagine della schiavitù che toccherà in sorte ai giudei dopo la presa di Gerusalemme" (Cirillo di Alessandria).
v. 25 "Questa profezia si è compiuta con la rovina di Gerusalemme" (Ilario).
v. 26 "Il salmista predice la distruzione del tempio e della città di Gerusalemme" (Origene).
"Con la rovina di Gerusalemme, le case divennero deserte e il tempio di Dio rimase senza culto" (Cassiodoro).
v. 27 "Poiché il Padre ha permesso che il Figlio soffrisse, si dice che l’ha consegnato. E lui, che si è sottoposto volontariamente alla croce, non è stato accolto: non hanno accettato la sua salvezza. Che il Padre l’abbia consegnato per compiere il suo disegno, non libera dalla colpa gli esecutori di questa volontà divina, perché non hanno agito per piacere a Dio, ma per impulso del loro animo empio e pieno d’invidia. Lui si è umiliato, ma essi lo hanno condannato a morte; e, non contenti della sua morte, hanno rinnegato e attaccato la sua risurrezione" (Cirillo di Alessandria).
"Fu colpito per rialzarci, ferito per guarirci; il sangue e l’acqua che uscirono dal suo costato annunciarono il battesimo per mezzo del quale si va in paradiso. I giudei aggiungono dolore al Cristo perseguitando la chiesa e gli apostoli" (Girolamo).
v. 28 "Non abbiano parte alla giustizia del Cristo, non abbiano parte al suo regno di giustizia" (Cassiodoro).
v. 29 "Non sono scritti nel libro dei viventi, non entrano nella giustizia giustificante, non hanno parte col Cristo che è la nostra giustizia e la nostra giustificazione" (Ilario).
v. 30 "Povero e dolente è colui che si è fatto povero essendo ricco (2Cor 8,9) e colui che si è addossato i nostri dolori (Is 53,4). La salvezza, che è il volto di Dio, ha soccorso questo povero. Il povero è l’uomo assunto dal Figlio unigenito di Dio, che è la forma di Dio, l’immagine del Dio invisibile. Questo uomo è stato posto nella salvezza che è la vita nell’eternità di Dio" (Ilario).
vv. 31-32 "Il Cristo segna la fine dei sacrifici: non si offrono più vittime, si preferisce l’azione di grazie e la lode" (Ilario).
v. 33-34 "Gioite, poveri: perché non è necessario essere ricchi per offrire a Dio il sacrificio di lode. Il povero può essere ricchissimo quanto all’affetto dell’animo. E voi ricchi, non gloriatevi delle vostre ricchezze perché se vi occupaste di queste, esse vi impediranno di avere il cuore puro. Ricchi e poveri, cercate Dio, desiderate il pane degli angeli a preferenza del cibo che perisce (cfr. Gv 6,27). La vostra anima vivrà nella gioia della beatitudine" (Cassiodoro).
v. 35 "La venuta del Signore ci ha portato anche questa benedizione: che gli uomini siano uniti agli angeli perché una sola e medesima adorazione salga a Dio da parte di tutti" (Cirillo di Alessandria).
"Se si gioisce in cielo per un solo peccatore che si pente, quanto più si gioirà allorché il mondo intero sarà liberato!" (Atanasio).
vv. 36-37 «Sion è una piccolissima montagna, ma è grande per il suo nome che significa "contemplazione". È la sola che possa vedere Dio, l’unica felicità di tutte le creature ragionevoli» (Cassiodoro).
"I prigionieri, il cui ritorno è ora assicurato, costruiranno le loro città e le abiteranno: non solo loro, ma anche i loro figli e nipoti. La discendenza dei suoi servi sono quanti hanno creduto per la parola degli apostoli" (Atanasio).
"Gli amanti del nome del Signore: è la carità che conta, non la razza. Il Signore rivolse una sola domanda a Pietro: Mi ami tu? (Gv 21,16)" (Ilario).

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