venerdì 29 luglio 2011

Siracide - Quarantunesimo appuntamento

 Proseguiamo la lettura del Siracide con il capitolo quarantuno:

 41

1O morte, come è amaro il tuo pensiero
per l'uomo che vive sereno nella sua agiatezza,
per l'uomo senza assilli e fortunato in tutto,
ancora in grado di gustare il cibo!
2O morte, è gradita la tua sentenza
all'uomo indigente e privo di forze,
vecchio decrepito e preoccupato di tutto,
al ribelle che ha perduto la pazienza!
3Non temere la sentenza della morte,
ricòrdati dei tuoi predecessori e successori.
4Questo è il decreto del Signore per ogni uomo;
perché ribellarsi al volere dell'Altissimo?
Siano dieci, cento, mille anni;
negli inferi non ci sono recriminazioni sulla vita.

5Figli abominevoli sono i figli dei peccatori,
una stirpe empia è nella dimora dei malvagi.
6L'eredità dei figli dei peccatori andrà in rovina,
con la loro discendenza continuerà il disonore.
7Contro un padre empio imprecano i figli,
perché sono disprezzati a causa sua.
8Guai a voi, uomini empi,
che avete abbandonato la legge di Dio altissimo!
9Quando nascete, nascete per la maledizione;
quando morite, erediterete la maledizione.
10Quanto è dalla terra ritornerà alla terra,
così gli empi dalla maledizione alla distruzione.
11Il lutto degli uomini riguarda i loro cadaveri,
il nome non buono dei peccatori sarà cancellato.
12Abbi cura del nome, perché esso ti resterà
più di mille grandi tesori d'oro.
13I giorni di una vita felice sono contati,
ma un buon nome dura sempre.

14Figli, custodite l'istruzione in pace;
ma sapienza nascosta e tesoro invisibile,
l'una e l'altro a che servono?
15Meglio chi nasconde la sua stoltezza
di chi nasconde la sua sapienza.
16Pertanto provate vergogna in vista della mia parola,
perché non è bene arrossire per qualsiasi vergogna;
non tutti stimano secondo verità tutte le cose.
17Vergognatevi della prostituzione davanti al padre e alla madre
della menzogna davanti a un capo e a un potente,
18del delitto davanti a un giudice e a un magistrato,
dell'empietà davanti all'assemblea del popolo,
19della slealtà davanti al compagno e all'amico,
del furto nell'ambiente in cui ti trovi,
20di venir meno al giuramento e all'alleanza,
di piegare i gomiti sul pane,
21del disprezzo di ciò che prendi o che ti è dato,
di non rispondere a quanti salutano,
22dello sguardo su una donna scostumata,
del rifiuto fatto a un parente,
23dell'appropriazione di eredità o donazione,
del desiderio per una donna sposata,
24della relazione con la sua schiava,
- non accostarti al suo letto -
25delle parole ingiuriose davanti agli amici
- dopo aver donato, non offendere -
26della ripetizione di quanto hai udito
e della rivelazione di notizie segrete.
27Allora sarai veramente pudico
 e troverai grazia presso chiunque.

COMMENTO

Anche oggi possiamo operare una tripartizione di questo passo: la prima parte affronta il tema della morte; la seconda parte si sofferma sul destino degli uomini empi mentre la terza parte ci mostra le cose di cui ci dovremmo realmente vergognare.
La prima parte chiarisce ciò che è già chiaro ai nostri occhi: la morte è uno spettro su chi si gode la vita in ricchezza ed egoismo poiché colui che conduce una vita simile ama non la vita in sé, ma la ricchezza che possiede: gli dispiace dover lasciare la felicità e l'agiatezza e per questo teme la morte. Al contrario, un uomo che non possiede nulla e che vive la vita in sacrificio, attende la morte con spirito diverso, quasi di liberazione. E così possiamo vedere la distinzione tra i giusti e gli empi: i primi attendono la morte perché sanno che con essa non viene posta la parola fine sull'esistenza; gli empi, invece, temono l'arrivo della morte perché sono terrorizzati dalla fine, dal nulla. Basti ricordare la narrazione di un uomo di Roma: quest'uomo, molto potente e di prestigio, aveva vissuto la sua vita nell'agiatezza e nel potere. Ora, divenuto vecchio, vedeva avvicinarsi lo spettro della morte e il terrore gli prese l'anima perché più di tutto temeva il nulla. Appena sentito parlare di Cristo, cominciò a nutrire speranza perché l'uomo ha bisogno di questo: ha bisogno di sperare che la morte sia solo un passaggio e non la fine di tutto. Gesù Cristo rappresenta questa speranza e per questo tutti noi attendiamo la morte con spirito diverso, anche se la paura a volte prende il nostro cuore, soprattutto quando il peccato è presente dentro di noi. Questo avviene perché l'anima nostra teme il giudizio finale e sa che se la sua ora venisse in presenza di peccato mortale, non avrebbe speranza di raggiungere Colui che l'ha creata! Nel Cantico delle Creature San Francesco disse: 

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano35 ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà36 ne le Tue sanctissime voluntati37,
ka la morte secunda no ’l farrà male

La seconda parte si sofferma sul destino degli empi e si ricollega a quanto abbiamo più volte detto in passato e qui sopra. L'autore si sofferma molto sul nome perché nei tempi antichi era il nome la cosa più importante perché si pensava che esso sarebbe vissuto in eterno: ecco perché l'empio doveva avere timore, perché dopo la sua morte, il suo nome sarebbe scomparso o sarebbe stato sinonimo di ignominia. Oggi, l'empio sa che non è solo il nome a cui deve pensare, ma l'anima sua perché Cristo ha spalancato le porte dell'eternità, ma ha anche rivelato il destino della zizzania...

L'ultima parte ci mostra cosa dovrebbe suscitare in noi la vergogna:  val la pena di ribadirle perché sono le empietà che molti di noi continuano a commettere, pensando che la modernità abbia di diritto autorizzato ogni nostro desiderio:   Vergognatevi della prostituzione davanti al padre e alla madre, della menzogna davanti a un capo e a un potente, del delitto davanti a un giudice e a un magistrato,dell'empietà davanti all'assemblea del popolo, della slealtà davanti al compagno e all'amico,del furto nell'ambiente in cui ti trovi, di venir meno al giuramento e all'alleanza,di piegare i gomiti sul pane, del disprezzo di ciò che prendi o che ti è dato,di non rispondere a quanti salutano, dello sguardo su una donna scostumata,del rifiuto fatto a un parente, dell'appropriazione di eredità o donazione,del desiderio per una donna sposata, della relazione con la sua schiava,- non accostarti al suo letto -  delle parole ingiuriose davanti agli amici - dopo aver donato, non offendere -  della ripetizione di quanto hai  udito della rivelazione di notizie segrete.  

Queste sono le cose di cui dovremmo vergognarci mentre dovremmo esser orgogliosi di essere fedeli a Cristo e alla Parola di Dio!

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