mercoledì 27 aprile 2011

Verità della Fede - XIV parte

Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Continuiamo la lettura della seconda parte dell'opera con il Cap. III nel quale il Santo Vescovo Dottore della Chiesa e Fondatore dei Redentoristi, proverà la divinità delle Sacre Scritture dell'Antico Testamento soffermandosi sui miracoli.






Verità della Fede

di Sant'Alfonso Maria de' Liguori

CAP. III.

Si prova la divinità delle Scritture del vecchio Testamento da' miracoli.

1. Iddio non può permettere che il demonio c'inganni co' miracoli, mutando l'ordine naturale in comprovazione di qualche punto falso di fede; perché allora, permettendolo, Dio stesso c'ingannerebbe. Ma se Dio permette che spesso siamo ingannati dagli uomini, perché non può anche permettere che siamo ingannati da' demonj? No: perché gli uomini, se c'ingannano, non c'ingannano col mezzo della divina autorità; ma i demonj, ingannandoci coi miracoli in materia di fede, si varrebbero ad illuderci dell'apparenza dell'autorità divina; giacché l'ordine delle leggi naturali e la loro mutazione s'appartiene alla provvidenza di Dio che tali leggi ha costituite. Noi non abbiamo maggiori prove delle verità soprannaturali, che la testimonianza dei miracoli; quindi non dobbiamo mai pensare che qualche vero miracolo sia operato dal demonio a quelle ripugnante. E perciò il Signore non ha mai permessa alcuna prodigiosa operazione diabolica in conferma d'una falsità contro la fede.

2. I miracoli dunque sono prove sicure 
delle verità divine. Mosè dimandò a Dio qual segno avrebbe dato al popolo della sua legazione, se quello non avesse voluto crederlo. Rispose il Signore che gli avrebbe comunicato la potestà de' miracoli, ut credant quod tibi apparuerit Dominus Deus1. E perciò poi Mosè rinfacciava sempre al popolo i miracoli da esso operati per confondere la loro malvagità. Lo stesso rinfacciò Gesù Cristo a' farisei, che non voleano crederlo: Si non facio opera Patris mei, nolite credere mihi2. Ed in altro luogo: Ipsa opera quae ego facio, testimonium perhibent de me3. Quindi Nicodemo illuminato dai miracoli gli confessò: Rabbi, scimus quia a Deo venisti magister; nemo enim potest haec signa facere, quae tu facis, nisi fuerit Deus cum eo4.


3. Gran prova dunque (veniamo al nostro punto) della divinità de' libri del vecchio testamento sono i molti miracoli in essi riferiti, e prima avvenuti in faccia a tutto il popolo ebreo, ed anche agli egizj loro nemici. Mosè promette che l'ostinazione di Faraone sarà punita con un flagello che lo forzerà a pregare egli stesso gli ebrei di uscirsene dal suo dominio, e che tutti i primogeniti di Egitto in una medesima notte si sarebbero trovati morti per mano d'un angelo, restandone esenti le sole famiglie degli ebrei, purché avessero asperse le porte delle case col sangue dell'agnello pasquale. E così appunto avvenne: morirono tutti i primogeniti dell'Egitto, e così gli ebrei, essendo stati posti in libertà da Faraone, uscirono dall'Egitto, come tutto si legge nel cap. 11 e 12 dell'Esodo.

4. Ma appena usciti si trovano in gran pericolo di morire; poiché l'esercito di Faraone loro è sopra da una parte, e dall'altra il mar rosso impedisce loro il fuggire, ed essi non hanno armi da difendersi. Ciò non ostante Mosè ispirato da Dio fa loro animo ad entrare nel mare; ed ecco che in entrarvi si apre il mare per mezzo finché passano all'altra riva, ed all'incontro si chiude mentre passano gli egizj persecutori, e tutti gli uccide5. Or se questi due miracoli non fossero veramente avvenuti, secondo stanno ivi scritti fin da quel tempo, come mai Mosè avrebbe potuto darli a credere a più di seicento mila ebrei che vi si trovarono presenti? Ma no, ch'essi non poterono negarli, e per questi miracoli ricevettero poi tanti rimproveri da Mosè, ed in loro memoria sin d'allora s'istituì la gran festa della Pasqua, come si ha nell'esodo al capo 12 e 13.

5. Sieguono a ciò altri prodigj anche a vista di tutto il popolo. Dopo cinquanta giorni dà Iddio la legge agli ebrei nel monte Sinai6, guardando tutto il popolo il fuoco che sfolgorava sulla montagna, e udendo la voce che promulgava i precetti della legge7. Ed in memoria di ciò s'instituisce la festa della Pentecoste8. Indi alla vista di due milioni di uomini comparisce una colonna di nuvola nel giorno, che li ripara da' raggi del sole, ed una colonna di fuoco nella notte, che loro serve di lumiera nel cammino9. Chi mai potrà dire che questa sia una favola, o sia stata una pura immaginazione, o pure accidente avvenuto a caso, mentre un tal prodigio non durò meno di quaranta anni?

6. Inoltre si sollevano Core, Datan ed Abiron contro Mosè ed Aronne, non volendo più loro ubbidire, e con essi unisconsi cinquanta anziani e gran parte del popolo. Mosè va alle tende dei tumultuanti, ed ivi esorta gli ebrei ad allontanarsi da quei disgraziati, se non vogliono esser involti nel loro castigo, e predice che fra poco tempo saranno ingoiati dalla terra; ed ecco come subito si apre una gran voragine, ed assorbisce tutti i ribelli insieme co' loro padiglioni; onde tutti gli altri si danno alla fuga per non esser presi nella stessa ruina. Questo solo prodigio basta a far vedere che Mosè autore del Pentateuco fu veramente inviato da 
Dio, e che quanto scrisse, tutto fu vero.


7. Parlando poi de' miracoli di Giosuè, basta osservarne solamente quei due che furono più pubblici. Il primo fu, quando gli ebrei per entrar nella terra promessa doveano passare il Giordano, ma quello trovavasi molto gonfio. Onde Giosuè ordinò che i sacerdoti fossero entrati nel fiume, portando l'arca del Testamento, e si fossero fermati nel mezzo, finché fosse passato tutto il popolo, e passando dodici persone delle dodici tribù, avessero prese dal fiume dodici pietre, colle quali dovea poi erigersi un monumento dopo il transito. E così appunto tutto avvenne. Entrarono i sacerdoti coll'arca, e le acque del fiume subito si divisero in due parti: la parte inferiore seguì a fare il suo corso, e la superiore si alzò sopra se stessa in tanta altezza, che potea vedersi fin dalle città lontane1. E questo prodigio accadde alla presenza di due milioni di testimonj. Indi fu alzato il monumento, che i padri mostravano poi a' loro figliuoli. Anzi ordinò il Signore che quando i genitori erano interrogati da' loro figli che cosa significassero quelle pietre, rispondessero: Per arentem alveum transivit Israel Iordanem istum, siccante Domino Deo vestro aquas eius in conspectu vestro, donec transiretis2. L'altro prodigio fu la rovina che avvenne delle mura di Gerico alla presenza dell'arca portata in giro per sette giorni3. Or questi ed altri miracoli ben confermano la verità della scrittura, e della religione ebraica; poiché tai fatti furono appresso confermati dagli autori sacri susseguenti, i quali con altri miracoli poi han confermato il tutto.

8. Oppongono i deisti: ma nelle stesse scritture stanno scritti molti prodigj, che leggonsi operati dal demonio, come nell'esodo al capo 7. le verghe mutate in dragoni, e l'acqua in sangue; e nel libro 1. de' re al capo 28. la Pitonissa, che pregata da Saulle chiamò per arte magica a farsi presente l'anima di Samuele defunto; il che si conferma anche dall'Ecclesiastico 46. 23. Si risponde che il demonio colla permissione divina ben ha potuto far molte cose mirabili, o per castigo de' cattivi, o per merito de' buoni, ma non mai in conferma degli errori contro la fede. In quanto però a Samuele, la miglior sentenza vuole che l'anima sua allora si fece presente, non per opera del demonio, ma per espresso ordine divino; mentre Samuele predisse più cose future, che si avverarono, e perciò la Pitonissa di ciò ne restò turbata.

9. Si aggiunge qui che molto anche prova la verità del vecchio testamento il vedere in quello descritto il popolo ebraico ingrato, ribelle, portato all'idolatria, mormoratore di Mosè e dello stesso Dio, e che non si rimette se non per via di flagelli; sicché si trovano ivi notati tutti i loro delitti e rimproveri loro fatti. Da ciò si argomenta che non avrebbe mai questo popolo conservata tanta venerazione verso tali scritture di tanto lor vitupero, se non le avesse credute divine, per tanti testimonj dei fatti in quelle riferiti, e per li tanti prodigj operati da Dio innanzi a' loro occhi, a fin di autorizzare così la missione di Mosè, come la sacra storia da lui scritta.

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1 Exod. c. 4. 5.

2 Io. 10. 37.

3 Io. 5. 36.

4 Io. 3. 2.

5 Exod. c. 14.

6 Esod. c. 19.

7 Esod. 20. 18.

8 Deuter. 16. 12.

9 Exod. 13. 21. et 22.

1 Ios. 3. 15. e 16.

2 Ios. 4. 23.

3 Ios. c. 6. 

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