PARTE TERZA
CONTRO I SETTARJ CHE NEGANO LA CHIESA CATTOLICA ESSERE L'UNICA VERA
CAP. VIII.
Si prova che i pontefici romani sono successori di s. Pietro colla stessa podestà che a s. Pietro fu concessa.
1. Gesù Cristo fondò la sua chiesa, acciocché ella durasse sino alla fine de' secoli, e perciò le promise che sino alla fine non l'avrebbe abbandonata: Ego vobiscum sum usque ad consummationem seculi3. Ma questa sua promessa sarebbe stata vana, e mal egli provveduto avrebbe alla sua chiesa, se non avesse disposto che la podestà suprema data a s. Pietro di capo visibile della sua chiesa, necessaria al buon governo di quella, come abbiam veduto di sopra, si trasfondesse anche ne' di lui successori, ma terminasse colla vita di s. Pietro. Privilegia istius sedis, scrisse Nicola I. a Michele imperatore, perpetua sunt, divinitus radicata atque plantata; trahi possunt, evelli non possunt. Quae ante imperium vestrum fuerunt, permanent, Deo gratias, et quousque christianum nomen praedicatum fuerit illa subsistere non cessabunt. Onde disse il concilio generale di Costanza4 che quando sorgon dubbj sopra i dogmi cristiani, vi è la regola certa di trovar la verità, col prender l'oracolo da quella chiesa, ove si conserva l'apostolica successione, poiché ivi certamente anche si conserva la vera apostolica dottrina.
2. Disse già il Signore che le porte dell'inferno non avrebbero mai prevaluto contro la chiesa fondata sopra la pietra, ch'era Pietro; ma da molto tempo avrebbero elle prevaluto, se questa promessa del Redentore non si fosse avverata anche sopra i successori di Pietro. Ma non dobbiamo di ciò dubitare, dice s. Ottato milevitano, poiché s. Pietro ha ricevuto da Gesù C. le chiavi del regno de' cieli, non solo per sé, ma per tutti i pontefici suoi successori: Beatus Petrus praeferri omnibus apostolis meruit, et claves regni coelorum communicandas ceteris solus accepit5.
3. Quindi Iddio ha data la regola per conoscere la vera chiesa, cioè quella che ha un capo, il quale discende per legittima successione dall'apostolo san Pietro. Ecco come i santi padri descrivono la vera chiesa di Gesù Cristo: Ea quae habet ab apostolis traditionem, et adnunciatam omnibus fidem per successiones episcoporum pervenientem usque ad nos; così s. Ireneo1. E lo stesso dice s. Ambrogio2 e s. Girolamo3. Udiamo s. Ottato milevitano4, che ciò dichiara con maggior distinzione: Negare non potes, dice a Parmeniano, scire te in urbe Romae Petro primo cathedram episcopalem esse collatam, in qua sederit omnium apostolorum caput Petrus... Petro successit Linus, Lino Clemens etc. S. Anastasio5: Optamus ut a vestrae s. sedis ecclesiae auctoritate, quae est mater et caput omnium ecclesiarum ea ad correptionem et recreationem fidelium percipere etc. Qual consolazione per noi, scrisse monsignor Bossuet, il poter risalire dal presente pontefice sino a s. Pietro stabilito da Gesù Cristo! Udiamo anche quel che scrisse l'imperador Valentiniano a Teodosio: Beatissimus Romae civitatis episcopus, cui principatum sacerdotii super omnes antiquitas contulit, locum habeat de fide et sacerdotibus iudicandi6. E prima disse Costantino Magno, come si ha negli atti del concilio niceno: Romae principatum sacerdotum et religionis caput ab imperatore coelesti constitutum esse.
4. Ma udiamo quel che dicono i concilj, e 'l concetto che hanno della sede apostolica. Nel concilio costantinopolitano IV.7 si dice: Ab huius ergo (sedis apostolicae) fide atque doctrina separari minime cupientes, et Petrum ac praecipue sanctorum sedis apostolicae praesulum sequentes in omnibus constituta, anathematizamus omnes haereses etc. Ed a rispetto della sede apostolica nominata, dicesi appresso: In qua est vera et integra christianae religionis soliditas. Nel concilio niceno I. al can. 39. si dice: Ille qui tenet sedem Romae, caput et princeps est omnium patriarcharum; quandoquidem ipse est primus, sicut Petrus, cui data est potestas in omnes principes christianos et omnes populos eorum, ut qui sit vicarius Christi D. N. super cunctos populos et cunctam ecclesiam christianam; et quicunque contradixerit, a synodo excommunicatur. E nel concilio romano sotto Adriano II.8 si dice: Retro olimque semper; cum haereses et scelera pullularent, noxias illas herbas et zizania apostolicae sedis (romanae) successores extirparunt.Nel concilio fiorentino alla sessione ultima si dice: Item definimus sanctam apostolicam sedem et romanum pontificem in universum orbem tenere primatum, esse successore b. Petri principis apostolorum et vere Christi vicarium totiusque ecclesiae caput; et ipsi in b. Petro pascendi, regendi et gubernandi universalem ecclesiam a D. N. Iesu Christo plenam potestatem traditam esse. Di più nel concilio costanziense fu condannata la proposizione 37. di Vicleffo, che dicea: Papa non est immediatus et proximus vicarius Christi. Ed inoltre fu approvata l'epistola di Martino V., ove si ordinava d'interrogare i sospetti di eresia con questa dimanda: Utrum credant quod papa sit successor Petri habens supremam auctoritatem in ecclesia Dei? Dal che si vede che sempre il pontefice romano è stato riconosciuto per successore di s. Pietro e in conseguenza per vicario di Cristo e capo supremo della chiesa.
5. Ma chi mai può pensare che i vescovi, i principi, i santi padri, i dottori e gli altri fedeli (fuori degli eretici che sempre han cercato di togliersi dall'ubbidienza del papa) sieno stati sino dai primi tempi così affascinati, che abbiano voluto soffrire per lo spazio di tanti secoli di subordinarsi al vescovo di Roma, venerandolo come capo della chiesa, e di obbligarsi a tenere le sue definizioni per oracoli, se non fossero stati certi per la dottrina di Gesù Cristo che i pontefici romani sono veri successori di s. Pietro nel primato e nella suprema podestà della chiesa? Ma sì, perché tutti sempre han tenuto il vescovo di Roma per capo della chiesa. E perciò i pontefici romani dopo la morte di s. Pietro han seguitato sempre ad ordinar vescovi in altre chiese (come di s. Lino leggesi averne ordinati 15. ); ed altri che mal reggeano le loro greggi, gli hanno deposti. Narra il Bellarmino essere stati deposti dai pontefici specialmente nella chiesa di Costantinopoli, otto patriarchi. È noto ancora in tutto il corpo del ius canonico, che i vescovi ne' loro dubbj ricorreano a' pontefici romani, e le loro risposte erano tenute per leggi. È certo di più, come vedremo appresso, al cap. X. num. 15. , ch'essi pontefici al principio condannarono diverse eresie per più secoli, ne' quali non si tenne alcun concilio.
6. Ma dirà taluno: se s. Pietro fu vescovo di Antiochia, poi di Alessandria e poi di Roma, perché i soli successori della sede romana hanno da avere la podestà pontificia, e non già i successori delle chiese di Antiochia e di Alessandria? Si risponde che i vescovi antiocheni ed alessandrini son succeduti a s. Pietro nel vescovado, ma non già nel pontificato; perché san Pietro fu bensì prima vescovo particolare di Antiochia e di Alessandria, ma non fissò in alcuna di dette chiese il pontificato, ma lo trasferì seco, e piantollo nella sede romana, che da esso fu innalzata alla dignità pontificia; ond'è che i soli vescovi, i quali son succeduti a s. Pietro nella sede romana, sono i suoi successori nel pontificato. E questa fu la causa che tutta l'antichità diede sempre il primato al vescovo di Roma, e non già a quelli di Antiochia e di Alessandria, le quali chiese sono state solamente tenute per patriarcali in onor di s. Pietro, dal quale un tempo furono rette.
7. Che poi s. Pietro sia vivuto molti anni (vogliono 25) in Roma, ed ivi sia morto, che che dicansi i novatori, è stata sempre sentenza comune di tutti i santi padri e di tutti gli storici. Solamente gli autori han discordato circa il tempo, cioè rispetto all'anno in cui s. Pietro sia venuto a Roma, ma ciò non osta al fatto, che vi sia stato per molti anni sino alla morte. Il che, oltre il testimonio di tanti scrittori che l'affermano, si raccoglie ancora dall'epistola del medesimo apostolo, ove scrisse: Salutat vos ecclesia, quae est in Babylone collecta1. Per Babilonia certamente s. Pietro intendea Roma, come attesta Papia discepolo dell'apostolo presso Eusebio. Ed a ciò concorda l'Apocalisse cap. 17. , ove la città di Roma si chiama Babilonia, a riguardo delle molte superstizioni che vi esercitavano i gentili; e s. Giovanni nello stesso libro già predisse che questa Babilonia un giorno avea da cadere; s'intende in quanto al gentilesimo ed all'imperio temporale.
8. Né importa che i pontefici abbiano per molti anni riseduto nella città di Avignone in Francia. Poiché non era di essenza della giurisdizione pontificia la personal residenza della chiesa di Roma, né frattanto che i papi sono stati in Avignone, è stato tenuto per pontefice romano altri che quello che in Avignone ha riseduto. È questione poi fra' dotti se al vescovado romano sia annesso di ius umano o divino il primato universale della chiesa. Del resto, comunque ciò sia, è certo che dopo la morte di s. Pietro, che fissò il suo pontificato nella sede romana, non è stato, né sarà più lecito neppure a tutta la chiesa ammettere la successione di s. Pietro ad altro vescovo che al vescovo di Roma, con separare la podestà vescovile di Roma dalla podestà pontificia; perché ciò sarebbe interrompere la successione de' vescovi romani, dalla quale i fedeli colla scorta de' santi padri han sempre riconosciuta la successione della podestà di san Pietro.
9. Niente ancora importa che ne' secoli passati alcun pontefice sia stato illegittimamente eletto, o fraudolentemente siasi intruso nel pontificato; basta che poi sia stato accettato da tutta la chiesa come papa, attesoché per tale accettazione già si è renduto legittimo e vero pontefice. Ma se per qualche tempo non fosse stato veramente accettato universalmente dalla chiesa, in tal caso per quel tempo sarebbe vacata la sede pontificia, come vaca nella morte de' pontefici. Così neppure importa che in caso di scisma siasi stato molto tempo nel dubbio chi fosse il vero pontefice; perché allora uno sarebbe stato il vero, benché non abbastanza conosciuto; e se niuno degli antipapi fosse stato vero, allora il pontificato sarebbe finalmente vacato.
10. Che poi alcuni pontefici sieno caduti in eresia, taluni han cercato di provarlo, ma non mai l'han provato, né mai lo proveranno; e noi chiaramente proveremo il contrario nel fine del cap X. Del resto, se Dio permettesse che un papa fosse notoriamente eretico e contumace, egli cesserebbe d'essere papa, e vacherebbe il pontificato. Ma se fosse eretico occulto, e non proponesse alla chiesa alcun falso dogma, allora niun danno alla chiesa recherebbe; ma dobbiamo giustamente presumere, come dice il cardinal Bellarmino, che Iddio non mai permetterà che alcuno de' pontefici romani, anche come uomo privato, diventi eretico né notorio né occulto.
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5 S.- Opt. vide l. 2. contra Parmen.
3 L. 1. apol. adv. Rufin.
4 L. 2. contra Parmenian.
5 Epist. ad Marcum papam.
6 Apud. praeambul. conc. chalced.
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