Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Siamo giunti al Cap. XIII ove il Santo Vescovo Fondatore dei Redentoristi e Dottore della Chiesa, si sofferma sulla santa e divina dottrina di Gesù Cristo, l'unica vera ma anche su altre religioni o meglio definirle "sette", dimostrando la loro falsità. Quella Cattolica è l'unica vera religione e Sant'Alfonso con la fede e con la regione lo dimostra perché molti si ravvedano e tornino al vero ovile dove c'è l'unico vero Pastore che è Gesù Cristo; al di fuori di questo ovile ci sono lupi pronti a rovinare le anime e questo è dimostrato dai fatti poiché oggi assistiamo in altre religioni (e anche cristianesimi fai-da-te) un disorientamento morale non conforme con gli insegnamenti di Gesù Cristo. Lasciamo ora la parola a Sant'Alfonso perché ci illumini con la sapienza che Gesù gli ha donato:
Verità della fede
di Sant'Alfonso Maria de' Liguori
SECONDA PARTE
CAP. XIII.
Della santa e divina dottrina di Gesù Cristo.
1. Tutte le opere di Dio sono perfette, ma come poi il Signore ha creato l'uomo così disordinato, inclinato agli appetiti malvagi, alle impudicizie, alle vendette, alle ambizioni ed invidie, cose tutte contrarie alla retta ragione? Di tale sconcerto già ne divisammo l'origine nella seconda parte al capo I. Iddio creò retto il primo uomo coi sensi soggetti alla ragione e colla ragione soggetta a Dio. Ma Adamo pecca, e così restando egli e tutti i suoi discendenti privi della grazia divina, si ribella in essi il senso contro la ragione e la ragione contro Dio. Iddio manda il figlio a redimer l'uomo da tanta ruina; ma prima della venuta di questo Redentore manda i suoi profeti a prenunziarlo al mondo, acciocché gli uomini procurassero di salvarsi colla speranza de' di lui meriti; e tutte le loro profezie le fa registrare nelle sacre scritture con tutte le circostanze della venuta, delle opere, della vita e della morte del Redentore, affinché dopo la di lui vita non potessero gli uomini più dubitarne. Indi stabilisce nella Giudea la sua chiesa, ed ivi promulga ancora le sue leggi, acciocché gli uomini non solo col lume naturale, ma con quelle intendessero meglio quello che doveano fare, e quello da cui doveano astenersi. Ecco finalmente come viene in terra il Verbo eterno, prende carne umana, nasce, e promulga la sua legge di grazia, che è stata poi scritta negli evangeli, e che non già distrugge l'antica, ma l'adempie e la perfeziona. Quindi, acciocché i fedeli non errassero nei dubbj e nelle oscurità che sopra questa divina sua legge doveano insorgere, stabilisce la sua nuova chiesa, la quale da Dio stesso illuminata insegnasse poi a' fedeli tutto ciò che doveano credere circa i misteri, e praticare circa i costumi. Questa chiesa egli ha stabilita come colonna e base della verità, e le ha promesso che tutte le forze dell'inferno non mai potranno contra lei prevalere, secondo scrisse l'apostolo: Ecclesia Dei vivi, columna et firmamentum veritatis1. E come disse Cristo a s. Pietro: Aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam2.
2. Questa chiesa poi è quella che ci insegna a conoscere il vero Dio, il quale è ultimo nostro fine. Ci fa intendere la sua natura divina, e ch'egli possiede tutte le perfezioni. Ci fa sapere il premio eterno apparecchiato ai giusti e l'eterno castigo destinato ai peccatori. Ella poi in quanto a' costumi c'insegna una legge tutta santa, piena di carità e di rettitudine, che ci istruisce a vincere gli appetiti disordinati, e ad amare il prossimo come noi stessi e Dio sopra ogni cosa. La chiesa in somma ci propone le leggi così divine, come umane, che dobbiamo e ben possiamo osservare coll'aiuto della divina grazia. Ci propone ancora i divini consigli, che ci rendon più facile l'osservanza de' precetti, e ci fanno più grati a Dio. Ella ancora ci fa sapere con quali mezzi dobbiamo conservarci nella divina grazia, e come ricuperarla, se mai per disgrazia l'abbiamo perduta. Questi mezzi sono i santi sacramenti instituiti da Gesù Cristo, pei quali egli ci rimette i peccati, e ci comunica le grazie a noi preparate pei meriti della sua passione. Ella ancora ci fa sapere che noi siam troppo deboli ad osservare colle nostre forze i divini precetti, e per vincere i nemici che ci tentano a trasgredirli, e che perciò dobbiam sempre ricorrere a Dio colle preghiere per ottenere da esso l'aiuto ad osservarli.
3. Vedasi pure se fra tutte le leggi può mai trovarsi o pensarsi una legge più santa, più retta e più ordinata. Ed all'incontro si osservi quel che insegnano le altre false religioni. La religione de' giudei un tempo fu retta e santa, ma dopo ch'essi han rifiutata la nuova legge di grazia sono rimasti ciechi, e son caduti in mille inezie ed empietà. Gli odierni ebrei (i quali oggidì son chiamati talmudisti, poiché hanno abbracciata la credenza del Talmud, libro, o sia legge piena di favole, di errori e di bestemmie) dicono che questa è un'altra legge, la quale fu data a Mosè a voce. Pertanto gl'inventori del Talmud nel pubblicarlo ordinarono che tutte le cose ivi comandate si osservassero come leggi divine, ed imposero pena di morte a chi le negasse. In quanto a' misteri divini insegnano i talmudisti che Iddio in una parte della notte rugge come un lione, e dice: Oimè che distrussi la mia casa, e bruciai il mio tempio, e rendei schiavi i miei figli! Dicono che nel giorno poi parte si mette a studiar la legge ed anche il Talmud, parte ad insegnar ai fanciulli che morirono bambini, e parte a giudicare il mondo; e nelle ultime tre ore si pone a divertirsi con un dragone chiamato Leviatan. Dicono che Dio prima di creare il mondo, molti mondi faceva e li disfaceva; dopo averlo creato poi egli cavalca la notte sopra un Cherubino, e visita 18. mila mondi che ha creati. Dicono che Dio disse una menzogna una volta per metter pace tra Abramo e Sara. Dicono che egli per aver diminuita la luce alla luna a confronto di quella data al sole, impose a Mosè che offerisse un bue in sacrificio, acciocché gli fosse perdonata questa colpa. In quanto poi ai precetti morali, gli ebrei presenti dicono molti errori e sciocchezze, parte delle quali si noteranno nella terza parte al capo terzo.
4. La setta maomettana poi in vece del Talmud tiene l'Alcorano per sua legge e regola di fede. Quest'Alcorano approva ogni religione che adora Dio, promettendo salute a chiunque vive secondo la legge da sé eletta, benché da una passasse all'altra a suo capriccio. In quanto a' misteri da credere, insegna che anche i dannati, i quali credono all'Alcorano, son liberati dall'inferno. E perciò i maomettani si radono il capo, ma vi lasciano una ciocchetta; sperando che per quella potrà Maometto cavarli dall'inferno. Sperano che almeno nel giorno del giudizio egli colle sue preghiere salverà tutti i suoi seguaci. Per gli altri dannati poi dice l'Alcorano che l'inferno non durerà più di mille anni, rinnovando l'errore di Origene. Il paradiso poi che promette l'Alcorano, è un paradiso di cui si vergognerebbero le stesse bestie, se avessero ragione, paradiso di piaceri sensuali: tanto che Avicenna maomettano, vergognandosi di tal promessa, dice che Maometto in ciò avea parlato allegoricamente; ma l'Alcorano in niun luogo ammette questa spiegazione di Avicenna.
5. In quanto a' costumi l'Alcorano permette di rubare a ciascuno a suo piacere. Permette ad ogni uomo aver tante mogli, quante ne può alimentare; e permette il divorzio a proprio arbitrio. Permette ogni sorta d'impudicizia colle schiave o suddite. Comanda la guerra e la vendetta, come cose gloriose. Comanda che si uccida chi non crede ad esso Alcorano. Vuole che tengasi comunicazione co' demonj, affin d'indovinare per via d'incantesimi e sortilegi. Ma delle cose più particolari della setta maomettana se ne parlerà a parte nella terza parte.
6. Lascio il parlare delle altre sette eretiche, delle quali ciascuna tiene i suoi particolari errori e disordini. Ma bisogna qui dire qualche cosa delle ultime eresie del settentrione, che vengono chiamate tutte sotto il nome di religion riformata. Questa religione pretesa riformata, di cui furono capi Lutero e Calvino, insegna, tra gli altri, due empi dogmi fondamentali che tolgono la bontà e 'l merito a tutte le opere buone, ed aprono il campo a tutti i vizj. Il primo dogma è che tutti gli uomini nascono egualmente infetti dal peccato originale, ma in modo tale che tutte le opere dell'uomo o buone o male, anche dopo il battesimo, sono perverse e degne delle pene eterne. Il secondo dogma è, che la sola fede, senza bisogno d'altra virtù, rende l'uomo giusto, e lo salva; poiché, come dicono, non già si rimettono all'uomo i peccati per la carità o per la grazia; ma la fiducia ch'egli ha nella divina misericordia per li meriti di Gesù Cristo fa che le sue colpe non gli vengano imputate, ma gli s'imputi la giustizia del Redentore, e così diventa giusto e si salva. In seguito poi di questi due errori ne insegnano molti altri, cioè che l'uomo dopo il peccato di Adamo ha perduto il libero arbitrio, ond'è costretto a volere e non volere quel che da Dio sta predeterminato: che Iddio non già dona a noi la virtù di fare il bene, né solamente permette il male, ma egli è quello che opera in noi tutte le azioni buone e cattive: che i divini precetti a noi non appartengono punto, mentre sono impossibili ad osservarsi: che a niente ci vagliono i sacramenti per ottenere la divina grazia: che chi ha la fede in Gesù Cristo, infallibilmente persevera in grazia, e certamente si salva, quantunque commetta tutte le scelleraggini del mondo. Ed ecco la bella religione riformata che ha trasformato l'uomo in un mostro d'inferno, giacché l'ha esentato da ogni legge, e gli ha data licenza d'immergersi in tutti i peccati più enormi, fuorché nell'infedeltà. Ecco come parla Lutero, e non si arrossisce di scriverlo: Vides quam dives sit homo christianus! nulla peccata possunt eum damnare, nisi sola incredulitas. Cetera omnia, si stet fides, absorbentur per eandem fidem1. Ma Calvino passò più innanzi, e disse che le opere buone non solo non giovano, ma ripugnano alla fede: Tum fidei iustitiae locus est, ubi nulla sunt opera, quibus debeatur merces.
7. Dunque secondo le loro massime di fede tutti i cristiani insino alla venuta di questi novelli maestri di religione sarebbero dannati. Mentre tutti i veri cristiani, e specialmente i santi ed i martiri avrebbero errato nella fede; giacché tutti han creduto non bastare i soli meriti di Gesù C. a salvarli, ma esser necessario, oltre la fede, anche le loro buone opere. Di più essi, quantunque speravano la salute, fidando ne' meriti di Gesù Cristo, non hanno creduto però per fede di esser predestinati, anzi sono stati sempre con timore fino alla morte; né han creduto di peccare, operando bene, affine di acquistarsi il paradiso: cose tutte opposte alla credenza de' novatori. Ma no, che ben dice il p. Segneri, che la loro credenza e dottrina è peggiore dell'ateismo. Poiché l'ateo fa il male sempre con timore, per la difficoltà che trova a persuadersi con fermezza che non vi sia Iddio nel mondo; laddove questi riformati operano con minor timore, lusingandosi di operare secondo la religione da Dio voluta.
8. Insegnano ancora che solo a' predestinati è donata da Dio la grazia della giustificazione, e che tutti gli altri sono da Dio predestinati al male ed alla dannazione eterna; e conseguentemente dicono che Gesù Cristo non è morto per tutti, ma solamente per gli eletti. E qui si noti l'empietà e l'ingratitudine di questi nemici della croce di Gesù Cristo, che essendo egli morto per tutti, vogliono far credere che sia morto per li soli predestinati, colla quale falsa ed empia dottrina fanno perdere l'amore a Gesù Cristo. Ma oh Dio e qual barbarie è questa! Un Dio ha data la vita per farsi amare da tutti gli uomini, e questi empj vogliono che Gesù Cristo sia morto solo per gli eletti! S. Paolo scrive Si unus (Christus) pro omnibus mortuus est, ergo omnes mortui sunt2. E poi soggiunge: Et pro omnibus mortuus est Christus, ut, et qui vivunt iam non sibi vivant, sed ei qui pro ipsis mortuus est et resurrexit3. Come l'apostolo avea da parlare più chiaro, per farc'intendere che Gesù Cristo è morto per tutti? Ma che meraviglia che coloro i quali si ribellano alla vera chiesa, ove solamente risplende la luce della verità, cadano in mille errori?
9. All'incontro una delle grandi prove della nostra religione cattolica è l'essere esente da qualunque minimo errore. I misteri che ella insegna a credere, benché sieno, come di sopra si disse, alti e superiori alla ragione, non sono però alla ragione contrarj. I precetti poi, che impone ad osservare, sono tutti santi e giusti. Che cosa più giusta che amare Iddio sommo bene più degli altri beni, che a confronto di Dio sono ombra e fumo? Che amare noi stessi, ma con amore ordinato, che non c'inganna con piaceri apparenti e passeggieri, ma ci conduce a quella felicità che non avrà mai fine? Ed amare il prossimo come noi stessi, giacché tutti siam chiamati a convivere in questa terra, affin di sovvenirci gli uni cogli altri co' buoni esempj e colle opere di carità, come compagni di viaggio all'eternità, per ritrovarci un dì insieme uniti in paradiso, dove esser dovremo compagni e concittadini eterni di quella patria beata.
10. È vero che i precetti della divina legge sono per sé difficili alle forze umane, ma son facili col divino aiuto, e quest'aiuto Dio l'ha promesso e lo concede a chiunque glie lo dimanda. Petite, così egli ha detto, petite et accipietis1. Quindi il sacro concilio di Trento c'insegna: Deus impossibilia non iubet, sed iubendo monet et facere quod possis et petere quod non possis, et adiuvat ut possis2. Pertanto non può negarsi che nella chiesa cattolica vi sono stati sempre molti uomini santi, che hanno dati tanti belli esempi di umiltà, di distacco, di castità, di giustizia e di tutte le virtù, e colla loro buona vita a niuno si son renduti molesti ed esosi, se non solamente a coloro che odiavano il lor vivere, come un rimprovero de' loro mali costumi. È certo che niun cattolico mai che ha menata buona vita, è passato ad essere eretico o infedele. All'incontro molti eretici ed infedeli che facean vita, se non buona, almeno men disordinata degli altri, sono passati ad abbracciare la nostra fede, a fine di trovar salute: segno evidente che solamente nella nostra chiesa ritrovasi vera santità e vera salute.
11. Oppongono i naturalisti: il vangelo comanda di aspirare alla perfezione: estote perfecti: la verginità secondo l'apostolo è maggior perfezione: ecco dunque un consiglio contrario alla natura, e contrario alla stessa parola divina, che dice: Crescite et multiplicamini. Ma risponde s. Tommaso3, che la verginità e gli altri consigli non sono la perfezione, ma mezzi per la perfezione, e non sono mezzi necessari per la perfezione, ma mezzi più sicuri; onde non è a tutti necessario l'abbracciarli. In quanto poi al Crescite et multiplicamini, si risponde che ciò fu imposto non già ad ogni uomo in particolare, altrimenti ognuno sarebbe tenuto a prendere lo stato coniugale (cosa che niuno dice), ma fu imposto alla società umana in comune.
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1 1. Tim. 3. 15.
2 Matth. 16. 18.
1 Luther. de votis monach.
2 2. Cor. 5. 14.
3 Ibid. 15.
1 Ioan. 16. 24.
2 Sess. 6. 11.
3 Contr. Gent. l. 3. c. 130.
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