venerdì 8 luglio 2011
Siracide - Trentottesimo appuntamento
Proseguiamo la lettura del Siracide con il capitolo 38:
1Onora il medico come si deve secondo il bisogno,
anch'egli è stato creato dal Signore.
2Dall'Altissimo viene la guarigione,
anche dal re egli riceve doni.
3La scienza del medico lo fa procedere a testa alta,
egli è ammirato anche tra i grandi.
4Il Signore ha creato medicamenti dalla terra,
l'uomo assennato non li disprezza.
5L'acqua non fu forse resa dolce per mezzo di un legno,
per rendere evidente la potenza di lui?
6Dio ha dato agli uomini la scienza
perché potessero gloriarsi delle sue meraviglie.
7Con esse il medico cura ed elimina il dolore
e il farmacista prepara le miscele.
8Non verranno meno le sue opere!
Da lui proviene il benessere sulla terra.
9Figlio, non avvilirti nella malattia,
ma prega il Signore ed egli ti guarirà.
10Purìficati, lavati le mani;
monda il cuore da ogni peccato.
11Offri incenso e un memoriale di fior di farina
e sacrifici pingui secondo le tue possibilità.
12Fa' poi passare il medico
- il Signore ha creato anche lui -
non stia lontano da te, poiché ne hai bisogno.
13Ci sono casi in cui il successo è nelle loro mani.
14Anch'essi pregano il Signore
perché li guidi felicemente ad alleviare la malattia
e a risanarla, perché il malato ritorni alla vita.
15Chi pecca contro il proprio creatore
cada nelle mani del medico.
16Figlio, versa lacrime sul morto,
e come uno che soffre crudelmente inizia il lamento;
poi seppelliscine il corpo secondo il suo rito
e non trascurare la sua tomba.
17Piangi amaramente e alza il tuo lamento,
il lutto sia proporzionato alla sua dignità,
un giorno o due, per prevenire le dicerie,
quindi consòlati del tuo dolore.
18Difatti il dolore precede la morte,
il dolore del cuore logora la forza.
19In una disgrazia resta a lungo il dolore,
una vita di miseria è dura al cuore.
20Non abbandonare il tuo cuore al dolore;
scaccialo pensando alla tua fine.
21Non dimenticare: non ci sarà infatti ritorno;
al morto non gioverai e farai del male a te stesso.
22Ricòrdati della mia sorte che sarà anche la tua:
"Ieri a me e oggi a te".
23Nel riposo del morto lascia riposare anche il suo ricordo;
consòlati di lui, ora che il suo spirito è partito.
24La sapienza dello scriba si deve alle sue ore di quiete;
chi ha poca attività diventerà saggio.
25Come potrà divenir saggio chi maneggia l'aratro
e si vanta di brandire un pungolo?
Spinge innanzi i buoi e si occupa del loro lavoro
e parla solo di vitelli?
26Pone la sua mente a tracciare solchi,
non dorme per dare il foraggio alle giovenche.
27Così ogni artigiano e ogni artista
che passa la notte come il giorno:
quelli che incidono incisioni per sigilli
e con pazienza cercano di variare l'intaglio;
pongono mente a ritrarre bene il disegno
e stanno svegli per terminare il lavoro.
28Così il fabbro siede davanti all'incudine
ed è intento ai lavori del ferro:
la vampa del fuoco gli strugge le carni,
e col calore del fornello deve lottare;
il rumore del martello gli assorda gli orecchi,
i suoi occhi sono fissi al modello dell'oggetto,
è tutto preoccupato per finire il suo lavoro,
sta sveglio per rifinirlo alla perfezione.
29Così il vasaio seduto al suo lavoro
gira con i piedi la ruota,
è sempre in ansia per il suo lavoro;
tutti i suoi gesti sono calcolati.
30Con il braccio imprime una forma all'argilla,
mentre con i piedi ne piega la resistenza;
è preoccupato per una verniciatura perfetta,
sta sveglio per pulire il fornello.
31Tutti costoro hanno fiducia nelle proprie mani;
ognuno è esperto nel proprio mestiere.
32Senza di loro sarebbe impossibile costruire una città;
gli uomini non potrebbero né abitarvi né circolare.
33Ma essi non sono ricercati nel consiglio del popolo,
nell'assemblea non hanno un posto speciale,
non siedono sul seggio del giudice,
non conoscono le disposizioni del giudizio.
34Non fanno brillare né l'istruzione né il diritto,
non compaiono tra gli autori di proverbi;
ma sostengono le cose materiali,
e la loro preghiera riguarda i lavori del mestiere.
COMMENTO
Leggendo il capitolo di oggi come non pensare ai Santi medici come Giuseppe Moscati, Cosma e Damiano, e a quanti fanno del lavoro un servizio caritatevole ai fratelli poveri che non possono permettersi le spese delle cure. E' confortante incontrare medici credenti perché essi non solo curano il corpo, ma con la loro fede alleviano le ansie dell'ammalato e in un certo senso curano anche l'anima. I medici devono sempre ringraziare il Signore per il dono ricevuto della scienza della medicina, così anche i pazienti. Fede e scienza come vediamo camminano insieme in questa parentesi terrena: Dio ha dato la fede e la scienza: l'una per camminare verso la salute eterna, l'altra per preservare o curare quella temporale al fine di poter impiegare il tempo restante per giungere a quella eterna. La scienza senza fede fa poco. San Giuseppe Moscati è stato l'evidenza di questo. Certo, qualcuno potrebbe dire che in varie parti del mondo dove non si crede in Gesù Cristo si costruiscono grandi opere. A questo rispondiamo che queste grandi opere non impediranno all'uomo di soccombere e non lo aiuteranno sulla strada della salvezza. Per questo fede e scienza insieme camminano bene e permettono un'ambiente ben vivibile in ogni aspetto. I Santi Cosma e Damiano sono un esempio che è possibile e anzi deve applicarsi il servizio della scienza medica ai poveri. Nella società attuale i costi della sanità sono elevati tanto da far cadere in disperazione coloro che hanno bisogno di cure e non possono permetterselo. E qui deve venire in aiuto la sanità perché la scienza della medicina è stata donata per il bene dell'uomo e non per riempire le tasche. La vocazione medica è un dono della Provvidenza e va vissuto conformemente alla volontà di Dio. Anche perché non conviene fare di questo mestiere un vantaggio personale, perché i disonesti come ci hanno mostrato i casi recenti, vedranno mettere la parola fine alla loro carriera.
"Ieri a me, oggi a te". Quante volte abbiamo sentito pronunciare questa espressione! Peccato che molti la utilizzano per augurare il male al prossimo, invece questa frase deve aiutarci a riflettere per camminare sulla via dell'amore caritatevole. Deve ricordare a quanti si rallegrano delle disgrazie altrui che anche loro sono uomini e sottomessi alla fragilità umana, ma soprattutto presenti sotto lo sguardo del Creatore che renderà a ciascuno secondo le sue opere. Ricordare la nostra fragilità umana serva per umiliarci dinnanzi a Dio e ad abbandonarci nelle Sue braccia, cercando di fare ogni giorno la Sua volontà, per morire un giorno nella grazia.
La diversità dei mestieri è un gioco di squadra che aiuta la società ad edificarsi. Se non ci fossero i carpentieri, non ci sarebbero le case e i palazzi, se non ci fossero gli agricoltori, pochi mangerebbero frutta e verdura. Questo brano del Siracide non giudica male i mestieri, anzi ne mostra la bellezza e ne esalta la varietà e l'utilità. Vuole soltanto ammonire i lavoratori a non occuparsi solo del loro lavoro, facendo sì che la loro vita ruoti attorno a questo. Molti vivono con l'orgoglio del loro lavoro ma dimenticano la carità. Fede e scienza, dicevamo, camminano insieme. Dio ha donato all'uomo il lavoro e la fede e quindi un uomo può benissimo dedicarsi al suo lavoro senza mai trascurare la preghiera e la carità. Pensare e pregare soltanto per il proprio lavoro, chiude nell'egoismo e fa scivolare nell'ignoranza perché preclude l'apertura verso altri saperi ma soprattutto verso il Sapere più grande: quello di Gesù Cristo. La Chiesa Cattolica conta molti laici che pur nonostante avessero un lavoro, sono diventati sapienti e santi. Con la fede ogni cosa sarà più bella e utile: il mestiere di medico, di carpentiere, agricoltore etc. La fede non viene a togliere ma a donare soprattutto la salute spirituale che è possibile soltanto dall'unione con il Creatore, ma inoltre trasforma l'azione umana da rozza a semplicemente bella ed edificante.
L'uomo che saprà mettere Gesù Cristo al primo posto, riuscirà a vivere, se sacerdote da buon prete, se medico, da buon dottore, se insegnante, da buon professore, se muratore, da buon carpentiere.
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