domenica 19 dicembre 2010

Il Libro di Giobbe - Quattordicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con il Libro di Giobbe. Questa settimana leggiamo la risposta di Giobbe a Elifaz il Temanita:


16

1Allora rispose:
2Ne ho udite già molte di simili cose!
Siete tutti consolatori molesti.
3Non avran termine le parole campate in aria?
O che cosa ti spinge a rispondere così?
4Anch'io sarei capace di parlare come voi,
se voi foste al mio posto:
vi affogherei con parole
e scuoterei il mio capo su di voi.
5Vi conforterei con la bocca
e il tremito delle mie labbra cesserebbe.
6Ma se parlo, non viene impedito il mio dolore;
se taccio, che cosa lo allontana da me?
7Ora però egli m'ha spossato, fiaccato,
tutto il mio vicinato mi è addosso;
8si è costituito testimone ed è insorto contro di me:
il mio calunniatore mi accusa in faccia.
9La sua collera mi dilania e mi perseguita;
digrigna i denti contro di me,
il mio nemico su di me aguzza gli occhi.
10Spalancano la bocca contro di me,
mi schiaffeggiano con insulti,
insieme si alleano contro di me.
11Dio mi consegna come preda all'empio,
e mi getta nelle mani dei malvagi.
12Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato,
mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato;
ha fatto di me il suo bersaglio.
13I suoi arcieri mi circondano;
mi trafigge i fianchi senza pietà,
versa a terra il mio fiele,
14mi apre ferita su ferita,
mi si avventa contro come un guerriero.
15Ho cucito un sacco sulla mia pelle
e ho prostrato la fronte nella polvere.
16La mia faccia è rossa per il pianto
e sulle mie palpebre v'è una fitta oscurità.
17Non c'è violenza nelle mie mani
e pura è stata la mia preghiera.
18O terra, non coprire il mio sangue
e non abbia sosta il mio grido!
19Ma ecco, fin d'ora il mio testimone è nei cieli,
il mio mallevadore è lassù;
20miei avvocati presso Dio sono i miei lamenti,
mentre davanti a lui sparge lacrime il mio occhio,
21perché difenda l'uomo davanti a Dio,
come un mortale fa con un suo amico;
22poiché passano i miei anni contati
e io me ne vado per una via senza ritorno.


COMMENTO

Elifaz, abbiamo letto la scorsa settimana, ha rimproverato Giobbe accusandolo di distorcere la religione con le sue parole e di rispondere con frasi campate ad aria. Giobbe sa di essere innocente e le parole dei suoi "amici" lo hanno in certo modo deluso e infastidito per cui la risposta di Giobbe è giusta e ci fa comprendere che solo chi vive nella sofferenza può comprendere l'altro: gli amici di Giobbe osservano il tutto dall'esterno, non comprendono il dolore del loro amico e lo accusano ingiustamente di parlare a vanvera. A parte che Giobbe non ha mancato di rispetto al Signore, inoltre le sue parole sono un lamento per la troppa sofferenza cui è sottomesso, non un grido arrogante verso il Signore. Purtroppo gli atteggiamenti di Elifaz sono ripetuti ancora oggi; dove c'è uomo o donna sofferente c'è anche chi si permette di rimproverare ingiustamente. Nei casi recenti di cronaca, abbiamo visto due mamme soffrire per la scomparsa delle loro figlie, eppure c'è chi le accusa di atteggiamenti sbagliati, non immedesimandosi nei panni di chi soffre. Un atteggiamento "Elifaziano" possiamo dire. Non è giusto attaccare chi invece ha bisogno di conforto, comprensione, aiuto concreto. Sembra che gli amici di Giobbe stiano lì a guardare e a puntare il dito, anziché piangere con lui come inizialmente fecero. Anzi, all'inizio del racconto vediamo i tre amici fare penitenza insieme a lui, un po' come accade in certi frangenti nei quali all'inizio alcuni sembrano unirsi al dolore, ma col passare del tempo gettano veleno e vanno ad aumentare la sofferenza, anziché alleviarla con parole di grazia.

Il parlare di Giobbe in conclusione non è sbagliato, non sembra utilizzi un linguaggio arrogante nei confronti del Signore, ma il suo è un giusto lamento per le sue troppe sofferenze. All'inizio Giobbe chiede ad Elifaz "cosa ti spinge a rispondere così", sorpreso per una risposta fuori luogo perché in effetti Elifaz avrebbe dovuto soffrire con Giobbe e non attaccarlo aumentando il suo dolore. Noi nella vita non dobbiamo comportarci da "elifaziani" ma da cristiani, cioè di appartenenti a Cristo il quale confortava e beneficava tutti! Quindi da cristiani sull'esempio di Cristo, confortiamo e aiutiamo tutti quelli che incontriamo sul nostro cammino!


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