CAP. VI.
mercoledì 1 giugno 2011
Verità della Fede - XIX parte
Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Siamo giunti al Cap. VI della Seconda Parte dell'opera. Qui Sant'Alfonso ci parla dell'inganno degli ebrei i quali attendevano un Messia secondo le loro idee, ma ci parla anche delle vere ricchezze che il Messia, Gesù Cristo, è venuto a portare:
Verità della Fede
di Sant'Alfonso Maria de' Liguori
SECONDA PARTE
CAP. VI.
CAP. VI.
Dell'inganno degli Ebrei intorno al regno del Messia.
1. Questo fu l'inganno de' miseri ebrei; essi voleano il Messia, non quale dovea venire per la loro eterna salute e per la redenzione di tutto il mondo, ma, qual lo bramavano, e se l'avean figurato secondo i proprj desiderj, ricco, glorioso e trionfante di tutti i re della terra, e che avesse liberato il suo popolo da tutte le calamità temporali, con sottomettergli tutti i suoi nemici, e colmarlo di onori e di ricchezze. E perciò avendolo veduto poi comparire povero, umile e disprezzato, non vollero riconoscerlo per loro Signore, e lo rifiutarono, e così avverossi la predizione d'Isaia, che udissero, e non intendessero: vedessero, e non conoscessero la verità: Vade, et dices populo huic: Audite audientes, et nolite intelligere: et videte visionem, et nolite cognoscere7.
2. Eran pur troppo vere le promesse del Signore, ma non già di beni temporali. Ed a che mai avrebbe giovato agli ebrei ed a tutti noi per la vita eterna la venuta del Messia, se non solo per renderci più superbi, più cupidi de' beni temporali, più attaccati alla terra e più trascurati in acquistarci i beni eterni, se altro guadagno non ci avesse recato che di robe, di onori mondani e preminenze sopra i nostri emoli? I buoni che anelano alla vita eterna e all'amor divino, quale gran frutto avrebbero ricavato dall'opera della redenzione, qual consolazione nei travagli di questa vita, nel patire la povertà, le infermità e le persecuzioni? Qual tenerezza mai d'affetto avrebbero le anime acquistata verso Gesù Cristo, se egli non fosse venuto sulla terra che per fare una vita deliziosa, e dominare sopra tutti i regnanti? Chi mai avrebbe lasciati tutti i suoi beni, patria e parenti, come han fatto i santi, per darsi tutti a Dio? Chi avrebbe data la vita fra' tormenti, come han fatto i martiri, per non perdere la divina grazia? Ah che il Redentore col venire in terra povero ed umile a patire ed a morire per amore degli uomini, così è venuto a regnare ne' loro cuori, tirandoli a sé coi dolci lacci del santo amore, come già predisse per Osea: In funiculis Adam traham eos, in vinculis caritatis1. Chiama i lacci dell'amore lacci di Adamo, perché non v'è mezzo più forte per acquistarsi il cuore dell'uomo che l'amore: e non vi è segno che più dimostri l'amore che il patir per l'amato. E perciò il Verbo eterno si fece uomo per patire, secondo avean predetto i profeti, come disse Gesù Cristo ai suoi discepoli di Emmaus: Et consummabuntur omnia, quae scripta sunt per prophetas de Filio hominis, intendendo della sua passione2.
3. Ecco come son chiare le scritture che parlano de' beni che dovea recarci il Messia, a chi vuol leggerle con occhio semplice e spassionato: Ecce ego sternam per ordinem lapides tuos, et fundabo te in sapphiris... Universos filios tuos doctos a Domino, et multitudinem pacis filiis tuis3. Ecco le gioie promesse dal Redentore, la scienza di Dio e l'abbondanza della pace. In altro luogo dice il profeta: Pro aere afferam aurum, et pro ferro afferam argentum etc., ma di qual oro e argento qui si parla? Eccolo: Non audietur ultra iniquitas in terra tua, vastitas et contritio in terminis tuis, et occupabit salus muros tuos, et portas tuas laudatio. Non erit tibi amplius sol ad lucendum per diem, nec splendor lunae illuminabit te: sed erit tibi Dominus in lucem sempiternam4. Ecco che si parla dell'abolizion del peccato, della salute eterna e della gloria del paradiso. E così parimenti in altro luogo si promette il tesoro della sapienza e del timore di Dio: Et erit fides in temporibus tuis, divitiae salutis, sapientia et scientia; timor Domini ipse est thesaurus eius5.
4. Di più parlò lo stesso Messia per bocca d'Isaia, allorché disse: Spiritus Domini super me, eo quod unxerit Dominus me; ad annuntiandum mansuetis misit me, ut mederer contritis corde, et praedicarem captivis indulgentiam (o sia libertatem, come sta nel testo ebreo) et clausis apertionem6. Disse che egli avea sopra di sé lo spirito del Signore, e che perciò Dio l'avea destinato per Cristo, cioè per re e redentore degli uomini, per venire ad annunziar loro la salute, a guarire gl'infermi ed a predicare il perdono e la libertà a' cattivi, e che si apriva il paradiso a chi stava chiuso: Ut praedicarem annum placabilem Domino, et diem ultionis Deo nostro: ut consolarer omnes lugentes7. Assegna un anno di misericordia ed un giorno di vendetta: quest'anno s'intende tutto il tempo che vi è dalla prima venuta del Messia sino alla fine del mondo, allorché succederà il giorno della vendetta, cioè del giudizio finale nella seconda sua venuta. Gesù Cristo in tempo della sua predicazione nella sinagoga appunto questa profezia si pose a leggere un giorno tra' dottori, come riferisce s. Luca8, avvertendo ch'egli era appunto il re della pace, ch'era venuto a fondare in terra il regno della misericordia con perdonare ai peccatori e consolar gli afflitti; alludendo all'anno del giubbileo descritto nell'esodo1; in cui tutti i servi si rendeano liberi, e si condonavano loro tutti i debiti; ricordando ancora, secondo dicea la profezia, ch'egli avrebbe donata agli afflitti la patria beata, dando loro la corona e 'l gaudio, in vece della pena e del lutto che in questa terra gli affliggeva; poiché in quel regno di gloria saranno pubblicamente lodati quei che saranno stati forti nella giustizia, e saran collocati a glorificare il Signore in eterno: Ut ponerem lugentibus Sion; et darem eis coronam pro cinere, oleum gaudii pro luctu, pallium laudis pro spiritu moeroris; et vocabuntur in ea fortes iustitiae, plantatio Domini ad glorificandum2. Ecco i beni promessi colla venuta del Messia, beni tutti spirituali ed eterni, non già temporali.
5. Di più parlando il profeta Zaccaria del Messia, scrisse così: Et potestas eius a mari usque ad mare et a fluminibus usque ad fines terrae. Tu quoque in sanguine testamenti tui emisisti vinctos tuos de lacu in quo non est aqua3. Qui ben si dichiara che questo liberatore dovea essere sacrificato, per istabilire col suo sangue il nuovo patto di pace fra Dio e gli uomini; ciò significano le parole, in sanguine testamenti tui, e così dovea liberare i prigioni dal lago in cui non v'è acqua, cioè i santi padri dal limbo, secondo quel che scrisse poi s. Pietro: In quo et his qui in carcere erant spiritibus praedicavit: s'intende praedicavit indulgentiam, o sia libertatem, come di sopra abbiam rapportato del profeta Isaia4. In questa profezia di Zaccaria ben si svela il senso di tutte le scritture, che parlavano del futuro regno del Messia, il quale dovea dominare sopra tutta la terra, superando il peccato e il demonio, non già colla forza dell'armi, ma colla virtù dei suoi meriti e del sacrificio che di se stesso doveva offerire a Dio per renderlo placato e benevolo verso il genere umano.
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7 Isa. 6. 9.
1 Os. 11. 4.
2 Luc. 18. 31.
3 Isa. 54. 11. et 13.
4 Isa. 60. 18. et 19.
5 Isa. 60. 6.
6 Isa. 61. 1.
7 Ibid. v. 2.
8 4. 17.
1 23. 11.
2 Isa. 61. 3.
3 Zac. 9. 10. et 11.
4 61. 1.
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