sabato 30 aprile 2011

Il Sabato dei Salmi - Salmo 51 (50) - Miserere


Salmo 51 

1Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.

3Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
4Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.

5Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
6Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto;
perciò sei giusto quando parli,
retto nel tuo giudizio.

7Ecco, nella colpa sono stato generato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.
8Ma tu vuoi la sincerità del cuore
e nell'intimo m'insegni la sapienza.

9Purificami con issopo e sarò mondo;
lavami e sarò più bianco della neve.
10Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.

11Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.

12Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
13Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
14Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.

15Insegnerò agli erranti le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
16Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza,
la mia lingua esalterà la tua giustizia.
17Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode;
18poiché non gradisci il sacrificio
e, se offro olocausti, non li accetti.
19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.

20Nel tuo amore fa grazia a Sion,
rialza le mura di Gerusalemme.
21Allora gradirai i sacrifici prescritti,
l'olocausto e l'intera oblazione,
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

COMMENTO 

Carissimi, questo è uno dei salmi di Davide più belli e maggiormente carichi di significato, anche perchè accomuna tutti noi peccatori. Infatti, chi di noi può dire di non ritrovarsi in queste parole? Tutti noi abbiamo commesso molti peccati e tutti noi sentiamo il senso di colpa che ci opprime il cuore: questo Salmo può aiutarci a liberarci dal senso di colpa, magari pronunciandolo in prossimità del Sacramento della Confessione.
Ma andiamo con ordine: ci viene infatti fornita anche un'indicazione temporale: siamo infatti nel periodo successivo alla visita del profeta Natan, in seguito al peccato grave commesso da Re Davide il quale, invighitosi di una giovane donna di nome Betsabea, non esita a mandare il marito di costei (Uria l'Hittita) sul fronte dal quale è sicuro che non potrà tornare vivo. 

Re Davide, per avere Betsabea non ha esitato a distruggere un unione coniugale, praticamente divenendo il mandante di un omicidio indiretto. Il profeta Natan apre gli occhi di Davide ed egli si rende conto di aver commesso, dinanzi a Dio, un peccato molto grave. Dopo aver compreso la gravità delle sue azioni, Davide, abbandonando ogni forma di superbia, da Re si trasforma in un piccolo uomo che grida al Suo Dio per averne il perdono. In questo Salmo, vediamo come tutta la gloria di Re Davide non serve a distinguerlo da un altro peccatore: come detto all'inizio, questo Salmo accomuna tutti noi peccatori, a dimostrazione del fatto che nessuno può definirsi migliore o più giusto di un altro.
Vediamo anche cosa contraddistingue la vera confessione dei peccati: il cuore contrito. Infatti, Dio non ama i vani olocausti, ma ama il cuore contrito degli uomini. Allo stesso modo, Dio non ama chi si confessa, ma ama chi si confessa con cuore contrito. Ecco perchè la Chiesa ci esorta a confessarci di vero cuore, riconoscendo i nostri peccati commessi dinanzi a Dio. Confessarsi senza vero pentimento non avrebbe senso e non sarebbe nemmeno gradito a Dio.
Prendiamo dunque esempio da Re Davide che gridando ha riconosciuto il suo peccato dinanzi a Dio chiedendone la Misericordia: e confidiamo, come lui, nella Misericordia di Dio che si effonde su tutti coloro che si presentano a Lui con cuore contrito e sincero. 

venerdì 29 aprile 2011

Siracide - Trentesimo appuntamento

Torna l'appuntamento del venerdì con il Siracide; trentesimo capitolo:


30

1Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta,
per gioire di lui alla fine.
2Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio
e se ne potrà vantare con i suoi conoscenti.
3Chi ammaestra il proprio figlio renderà geloso il nemico,
mentre davanti agli amici potrà gioire.
4Muore il padre? È come se non morisse,
perché lascia un suo simile dopo di sé.
5Durante la vita egli gioiva nel contemplarlo,
in punto di morte non prova dolore.
6Di fronte ai nemici lascia un vendicatore,
per gli amici uno che sa ricompensarli.
7Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite,
a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto.
8Un cavallo non domato diventa restio,
un figlio lasciato a se stesso diventa sventato.
9Coccola il figlio ed egli ti incuterà spavento,
scherza con lui, ti procurerà dispiaceri.
10Non ridere con lui per non doverti con lui rattristare,
che non debba digrignare i denti alla fine.
11Non concedergli libertà in gioventù,
non prendere alla leggera i suoi difetti.
12Piegagli il collo in gioventù
e battigli le costole finché è fanciullo,
perché poi intestardito non ti disobbedisca
e tu ne abbia un profondo dolore.
13Educa tuo figlio e prenditi cura di lui,
così non dovrai affrontare la sua insolenza.

14Meglio un povero di aspetto sano e forte
che un ricco malato nel suo corpo.
15Salute e vigore valgono più di tutto l'oro,
un corpo robusto più di un'immensa fortuna.
16Non c'è ricchezza migliore della salute del corpo
e non c'è contentezza al di sopra della gioia del cuore.
17Meglio la morte che una vita amara,
il riposo eterno che una malattia cronica.
18Leccornie versate su una bocca chiusa
tali le offerte cibarie poste su una tomba.
19A che serve all'idolo l'offerta di frutti?
Esso non mangia né sente il profumo;
così è il perseguitato dal Signore.
20Osserva con gli occhi e sospira,
come un eunuco che abbraccia una vergine e sospira.

21Non abbandonarti alla tristezza,
non tormentarti con i tuoi pensieri.
22La gioia del cuore è vita per l'uomo,
l'allegria di un uomo è lunga vita.
23Distrai la tua anima, consola il tuo cuore,
tieni lontana la malinconia.
La malinconia ha rovinato molti,
da essa non si ricava nulla di buono.
24Gelosia e ira accorciano i giorni,
la preoccupazione anticipa la vecchiaia.
25Un cuore sereno è anche felice davanti ai cibi,
quello che mangia egli gusta.


COMMENTO

L'educazione dei figli è un tema importante, soprattutto nei tempi odierni nei quali ci si domanda quale sia il metodo migliore per crescerli. Il Siracide di oggi sembra evocare la violenza, ma non è da prendere alla lettera poiché rompere le costole ad un figlio nel vero senso è una cosa molto cruda e terribile. Più che altro consiglia ai genitori a non essere troppo indulgenti e permissivi nei loro confronti perché poi si rischia di ritrovarsi in casa uomini irrispettosi nei confronti di coloro che hanno fatto grandi sacrifici per crescerli. La severità è importante ai fini della buona educazione, tuttavia questa non esclude gesti d'amore. L'amore infatti è il primo ed essenziale ingrediente per la buona crescita. Porre dei limiti tuttavia, seppur doloroso per il genitore e il figlio stesso, si rende a volte necessario. Anche Gesù rimase sottomesso ai suoi qual grande esempio di obbedienza: 
Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso (Lc 2,51).

Cambiando argomento, il Siracide conclude consigliandoci a non preoccuparci inutilmente, come anche Gesù dice nel Vangelo: Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini (Mt 6,34). Come anche ci consiglia a non essere gelosi, iracondi, malinconici.. tutti questi sentimenti sono cattivi e ciò che è cattivo fa male. Siamo sempre lieti, per quanto ci è possibile. Chiediamo a Gesù di donarci quella tranquillità celestiale che hanno avuto i santi i quali, pur nonostante le innumerevoli difficoltà, non mancavano di essere sereni e disponibili con tutti.

giovedì 28 aprile 2011

Catechismo della Chiesa Cattolica - XXIII parte

Proseguiamo il nostro percorso volto alla conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica: oggi continuiamo la lettura del capitolo secondo sul Credo in Gesù Cristo, attraverso il paragrafo 3 dell'Articolo 3: 
Articolo 3

“GESU' CRISTO FU CONCEPITO PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO, NACQUE DA MARIA VERGINE”

Paragrafo 3 I MISTERI DELLA VITA DI CRISTO 

512 Il Simbolo della fede, a proposito della vita di Cristo, non parla che dei Misteri dell'Incarnazione (concezione e nascita) e della Pasqua (passione, crocifissione, morte, sepoltura, discesa agli inferi, risurrezione, ascensione). Non dice nulla, in modo esplicito, dei Misteri della vita nascosta e della vita pubblica di Gesù, ma gli articoli della fede concernenti l'Incarnazione e la Pasqua di Gesù, illuminano tutta la vita terrena di Cristo. “Tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui... fu assunto in cielo” (⇒ At 1,1-2) deve essere visto alla luce dei Misteri del Natale e della Pasqua.


513 La catechesi, secondo le circostanze, svilupperà tutta la ricchezza dei Misteri di Gesù. Qui basta indicare alcuni elementi comuni a tutti i Misteri della vita di Cristo (I), per accennare poi ai principali Misteri della vita nascosta (II) e pubblica (III) di Gesù.


I. Tutta la vita di Cristo è Mistero


514 Non compaiono nei Vangeli molte cose che interessano la curiosità umana a riguardo di Gesù. Quasi niente vi si dice della sua vita a Nazaret, e anche di una notevole parte della sua vita pubblica non si fa parola [Cf ⇒ Gv 20,30 ]. Ciò che è contenuto nei Vangeli, è stato scritto “perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo Nome” (⇒ Gv 20,31).


515 I Vangeli sono scritti da uomini che sono stati tra i primi a credere [Cf ⇒ Mc 1,1; ⇒ Gv 21,24 ] e che vogliono condividere con altri la loro fede. Avendo conosciuto, nella fede, chi è Gesù, hanno potuto scorgere e fare scorgere in tutta la sua vita terrena le tracce del suo Mistero. Dalle fasce della sua nascita, [Cf ⇒ Lc 2,7 ] fino all'aceto della sua passione [Cf ⇒ Mt 27,48 ] e al sudario della Risurrezione, [Cf ⇒ Gv 20,7 ] tutto nella vita di Gesù è segno del suo Mistero. Attraverso i suoi gesti, i suoi miracoli, le sue parole, è stato rivelato che “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (⇒ Col 2,9). In tal modo la sua umanità appare come “il sacramento”, cioè il segno e lo strumento della sua divinità e della salvezza che egli reca: ciò che era visibile nella sua vita terrena condusse al Mistero invisibile della sua filiazione divina e della sua missione redentrice.


I tratti comuni dei Misteri di Gesù


516 Tutta la vita di Cristo è Rivelazione del Padre: le sue parole e le sue azioni, i suoi silenzi e le sue sofferenze, il suo modo di essere e di parlare. Gesù può dire: “Chi vede me, vede il Padre” (⇒ Gv 14,9), e il Padre: “Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo” (⇒ Lc 9,35). Poiché il nostro Signore si è fatto uomo per compiere la volontà del Padre, [Cf ⇒ Eb 10,5-7 ] i più piccoli tratti dei suoi Misteri ci manifestano “l'amore di Dio per noi” (⇒ 1Gv 4,9).


517 Tutta la vita di Cristo è Mistero di Redenzione. La Redenzione è frutto innanzi tutto del sangue della croce, [Cf ⇒ Ef 1,7; ⇒ Col 1,13-14; ⇒ 1Pt 1,18-19 ] ma questo Mistero opera nell'intera vita di Cristo: già nella sua Incarnazione, per la quale, facendosi povero, ci ha arricchiti con la sua povertà; [Cf ⇒ 2Cor 8,9 ] nella sua vita nascosta che, con la sua sottomissione, [Cf ⇒ Lc 2,51 ] ripara la nostra insubordinazione; nella sua parola che purifica i suoi ascoltatori; [Cf ⇒ Gv 15,3 ] nelle guarigioni e negli esorcismi che opera, mediante i quali “ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (⇒ Mt 8,17); [Cf ⇒ Is 53,4 ] nella sua Risurrezione, con la quale ci giustifica [Cf ⇒ Rm 4,25 ].


518 Tutta la vita di Cristo è Mistero di Ricapitolazione. Quanto Gesù ha fatto, detto e sofferto, aveva come scopo di ristabilire nella sua primitiva vocazione l'uomo decaduto:


Allorché si è incarnato e si è fatto uomo, ha ricapitolato in se stesso la lunga storia degli uomini e in breve ci ha procurato la salvezza, così che noi recuperassimo in Gesù Cristo ciò che avevamo perduto in Adamo, cioè d'essere ad immagine e somiglianza di Dio [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 18, 1]. Per questo appunto Cristo è passato attraverso tutte le età della vita, restituendo con ciò a tutti gli uomini la comunione con Dio [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 3, 18, 1].


La nostra comunione ai Misteri di Gesù


519 Tutta la ricchezza di Cristo “è destinata ad ogni uomo e costituisce il bene di ciascuno” [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis, 11]. Cristo non ha vissuto la sua vita per sé, ma per noi , dalla sua Incarnazione “per noi uomini e per la nostra salvezza” fino alla sua morte “per i nostri peccati” (⇒ 1Cor 15,3) e alla sua Risurrezione “per la nostra giustificazione” (⇒ Rm 4,25). E anche adesso, è “nostro avvocato presso il Padre” (⇒ 1Gv 2,1), “essendo sempre vivo per intercedere” a nostro favore (⇒ Eb 7,25). Con tutto ciò che ha vissuto e sofferto per noi una volta per tutte, egli resta sempre “al cospetto di Dio in nostro favore” (⇒ Eb 9,24).


520 Durante tutta la sua vita, Gesù si mostra come nostro modello : [Cf ⇒ Rm 15,5; ⇒ Fil 2,5 ] è “l'uomo perfetto” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 38] che ci invita a diventare suoi discepoli e a seguirlo; con il suo abbassamento, ci ha dato un esempio da imitare, [Cf ⇒ Gv 13,15 ] con la sua preghiera, attira alla preghiera, [Cf ⇒ Lc 11,1 ] con la sua povertà, chiama ad accettare liberamente la spogliazione e le persecuzioni [Cf ⇒ Mt 5,11-12 ].


521 Tutto ciò che Cristo ha vissuto, egli fa sì che noi possiamo viverlo in lui e che egli lo viva in noi. “Con l'Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22]. Siamo chiamati a formare una cosa sola con lui; egli ci fa comunicare come membra del suo Corpo a ciò che ha vissuto nella sua carne per noi e come nostro modello:


Noi dobbiamo sviluppare continuamente in noi e, in fine, completare gli stati e i Misteri di Gesù. Dobbiamo poi pregarlo che li porti lui stesso a compimento in noi e in tutta la sua Chiesa. . . Il Figlio di Dio desidera una certa partecipazione e come un'estensione e continuazione in noi e in tutta la sua Chiesa dei suoi Misteri mediante le grazie che vuole comunicarci e gli effetti che intende operare in noi attraverso i suoi Misteri. E con questo mezzo egli vuole completarli in noi [San Giovanni Eudes, Tractatus de regno Iesu, cf Liturgia delle Ore, IV, Ufficio delle letture del venerdì della trentatreesima settimana].


II. I Misteri dell'infanzia e della vita e della vita nascosta di Gesù



Le preparazioni


522 La venuta del Figlio di Dio sulla terra è un avvenimento di tale portata che Dio lo ha voluto preparare nel corso dei secoli. Riti e sacrifici, figure e simboli della “Prima Alleanza” (⇒ Eb 9,15), li fa convergere tutti verso Cristo; lo annunzia per bocca dei profeti che si succedono in Israele; risveglia inoltre nel cuore dei pagani l'oscura attesa di tale venuta.


523 San Giovanni Battista è l'immediato precursore del Signore, [Cf ⇒ At 13,24 ] mandato a preparargli la via [Cf ⇒ Mt 3,3 ]. “Profeta dell'Altissimo” (⇒ Lc 1,76), di tutti i profeti è il più grande [Cf ⇒ Lc 7,26 ] e l'ultimo; [Cf ⇒ Mt 11,13 ] egli inaugura il Vangelo; [Cf ⇒ At 1,22; ⇒ Lc 16,16 ] saluta la venuta di Cristo fin dal seno di sua madre [Cf ⇒ Lc 1,41 ] e trova la sua gioia nell'essere “l'amico dello sposo” (⇒ Gv 3,29), che designa come “l'Agnello di Dio... che toglie il peccato del mondo” (⇒ Gv 1,29). Precedendo Gesù “con lo spirito e la forza di Elia” (⇒ Lc 1,17), gli rende testimonianza con la sua predicazione, il suo battesimo di conversione ed infine con il suo martirio [Cf ⇒ Mc 6,17-29 ].


524 La Chiesa, celebrando ogni anno la Liturgia dell'Avvento, attualizza questa attesa del Messia: mettendosi in comunione con la lunga preparazione della prima venuta del Salvatore, i fedeli ravvivano l'ardente desiderio della sua seconda venuta [Cf ⇒ Ap 22,17 ]. Con la celebrazione della nascita e del martirio del Precursore, la Chiesa si unisce al suo desiderio: “egli deve crescere e io invece diminuire” (⇒ Gv 3,30).


Il Mistero del Natale


525 Gesù è nato nell'umiltà di una stalla, in una famiglia povera; [Cf ⇒ Lc 2,6-7 ] semplici pastori sono i primi testimoni dell'avvenimento. In questa povertà si manifesta la gloria del cielo [Cf ⇒ Lc 2,8-20 ]. La Chiesa non cessa di cantare la gloria di questa notte:


La Vergine oggi dà alla luce l'Eterno


e la terra offre una grotta all'Inaccessibile.


Gli angeli e i pastori a lui inneggiano


e i magi, guidati dalla stella,


vengono ad adorarlo.


Tu sei nato per noi


Piccolo Bambino, Dio eterno!


[Kontakion di Romano il Melode]


526 “Diventare come i bambini” in rapporto a Dio è la condizione per entrare nel Regno; [Cf ⇒ Mt 18,3-4 ] per questo ci si deve abbassare, [Cf ⇒ Mt 23,12 ] si deve diventare piccoli; anzi, bisogna “rinascere dall'alto” (⇒ Gv 3,7), essere generati da Dio [Cf ⇒ Gv 1,13 ] per “diventare figli di Dio” (⇒ Gv 1,12). Il Mistero del Natale si compie in noi allorché Cristo “si forma” in noi [Cf ⇒ Gal 4,19 ]. Natale è il Mistero di questo “meraviglioso scambio”:


O admirabile commercium! Creator generis humani, animatum corpus sumens, de virgine nasci dignatus est; et procedens homo sine semine, largitus est nobis suam deitatem - O meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un'anima e un corpo, è nato da una vergine; fatto uomo senza opera d'uomo, ci dona la sua divinità [Liturgia delle Ore, I, Antifona dei Vespri nell'Ottava di Natale].


I Misteri dell'infanzia di Gesù


527 La Circoncisione di Gesù, otto giorni dopo la nascita, [Cf ⇒ Lc 2,21 ] è segno del suo inserimento nella discendenza di Abramo, nel popolo dell'Alleanza, della sua sottomissione alla Legge, [Cf ⇒ Gal 4,4 ] della sua abilitazione al culto d'Israele al quale parteciperà durante tutta la vita. Questo segno è prefigurazione della “circoncisione di Cristo” che è il Battesimo [Cf ⇒ Col 2,11-13 ].


528 L' Epifania è la manifestazione di Gesù come Messia d'Israele, Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Insieme con il battesimo di Gesù nel Giordano e con le nozze di Cana, [Cf Liturgia delle Ore, I, Antifona del Magnificat dei secondi Vespri dell'Epifania] essa celebra l'adorazione di Gesù da parte dei “magi” venuti dall'Oriente [Cf ⇒ Mt 2,1 ]. In questi “magi”, che rappresentano le religioni pagane circostanti, il Vangelo vede le primizie delle nazioni che nell'Incarnazione accolgono la Buona Novella della salvezza. La venuta dei magi a Gerusalemme per adorare il re dei giudei [Cf ⇒ Mt 2,2 ] mostra che essi, alla luce messianica della stella di Davide, [Cf ⇒ Nm 24,17; 528 ⇒ Ap 22,16 ] cercano in Israele colui che sarà il re delle nazioni [Cf ⇒ Nm 24,17-19 ]. La loro venuta sta a significare che i pagani non possono riconoscere Gesù e adorarlo come Figlio di Dio e Salvatore del mondo se non volgendosi ai giudei [Cf ⇒ Gv 4,22 ] e ricevendo da loro la promessa messianica quale è contenuta nell'Antico Testamento [Cf ⇒ Mt 2,4-6 ]. L'Epifania manifesta che “la grande massa delle genti” entra “nella famiglia dei Patriarchi” [San Leone Magno, Sermones, 23: PL 54, 224B, cf Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle letture dell'Epifania] e ottiene la “dignità israelitica” [Messale Romano, Veglia pasquale: orazione dopo la terza lettura].


529 La Presentazione di Gesù al Tempio [Cf ⇒ Lc 2,22-39 ] lo mostra come il Primogenito che appartiene al Signore [Cf ⇒ Es 13,12-13 ]. In Simeone e Anna è tutta l'attesa di Israele che viene all' Incontro con il suo Salvatore (la tradizione bizantina chiama così questo avvenimento). Gesù è riconosciuto come il Messia tanto a lungo atteso, “luce delle genti” e “gloria di Israele”, ma anche come “segno di contraddizione”. La spada di dolore predetta a Maria annunzia l'altra offerta, perfetta e unica, quella della croce, la quale darà la salvezza “preparata da Dio davanti a tutti i popoli”.


530 La fuga in Egitto e la strage degli innocenti [Cf ⇒ Mt 2,13-18 ] manifestano l'opposizione delle tenebre alla luce: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto” (⇒ Gv 1,11). L'intera vita di Cristo sarà sotto il segno della persecuzione. I suoi condividono con lui questa sorte [Cf ⇒ Gv 15,20 ]. Il suo ritorno dall'Egitto [Cf ⇒ Mt 2,15 ] ricorda l'Esodo [Cf ⇒ Os 11,1 ] e presenta Gesù come il liberatore definitivo.


I Misteri della vita nascosta di Gesù


531 Durante la maggior parte della sua vita, Gesù ha condiviso la condizione della stragrande maggioranza degli uomini: un'esistenza quotidiana senza apparente grandezza, vita di lavoro manuale, vita religiosa giudaica sottomessa alla Legge di Dio, [Cf ⇒ Gal 4,4 ] vita nella comunità. Riguardo a tutto questo periodo ci è rivelato che Gesù era “sottomesso” ai suoi genitori e che “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (⇒ Lc 2,51-52).


532 Nella sottomissione di Gesù a sua madre e al suo padre legale si realizza l'osservanza perfetta del quarto comandamento. Tale sottomissione è l'immagine nel tempo della obbedienza filiale al suo Padre celeste. La quotidiana sottomissione di Gesù a Giuseppe e a Maria annunziava e anticipava la sottomissione del Giovedì Santo: “Non. . . la mia volontà. . . ” (⇒ Lc 22,42). L'obbedienza di Cristo nel quotidiano della vita nascosta inaugurava già l'opera di restaurazione di ciò che la disobbedienza di Adamo aveva distrutto [Cf ⇒ Rm 5,19 ].


533 La vita nascosta di Nazaret permette ad ogni uomo di essere in comunione con Gesù nelle vie più ordinarie della vita quotidiana:


Nazaret è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. . . In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile e indispensabile del lo spirito. . . Essa ci insegna il modo di vivere in famiglia. Nazaret ci ricordi cos'è la famiglia, cos'è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile. . . Infine impariamo una lezione di lavoro. Oh! dimora di Nazaret, casa del “Figlio del falegname”! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo, ma redentrice della fatica umana. . . Infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello [Paolo VI, discorso del 5 gennaio 1964 a Nazaret, cf Liturgia delle Ore, I, Ufficio delle Letture della festa della Santa Famiglia].


534 Il ritrovamento di Gesù nel Tempio [Cf ⇒ Lc 2,41-52 ] è il solo avvenimento che rompe il silenzio dei Vangeli sugli anni nascosti di Gesù. Gesù vi lascia intravvedere il mistero della sua totale consacrazione a una missione che deriva dalla sua filiazione divina: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (⇒ Lc 2,49). Maria e Giuseppe “non compresero” queste parole, ma le accolsero nella fede, e Maria “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (⇒ Lc 2,51) nel corso degli anni in cui Gesù rimase nascosto nel silenzio di una vita ordinaria.


III. I Misteri della vita pubblica di Gesù


Il battesimo di Gesù


535 L'inizio [Cf ⇒ Lc 3,23 ] della vita pubblica di Gesù è il suo battesimo da parte di Giovanni nel Giordano [Cf ⇒ At 1,22 ]. Giovanni predicava “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (⇒ Lc 3,3). Una folla di peccatori, pubblicani e soldati, [Cf ⇒ Lc 3,10-14 ] farisei e sadducei [Cf ⇒ Mt 3,7 ] e prostitute[Cf ⇒ Mt 21,32 ] vengono a farsi battezzare da lui. Ed ecco comparire Gesù. Il Battista esita, Gesù insiste: riceve il battesimo. Allora lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, scende su Gesù e “una voce dal cielo” dice: “Questi è il Figlio mio prediletto” [Cf ⇒ Mt 3,13-17 ]. È la manifestazione (“Epifania”) di Gesù come Messia di Israele e Figlio di Dio.


536 Il battesimo di Gesù è, da parte di lui, l'accettazione e l'inaugurazione della sua missione di Servo sofferente. Egli si lascia annoverare tra i peccatori; [Cf ⇒ Is 53,12 ] è già “l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (⇒ Gv 1,29); già anticipa il “battesimo” della sua morte cruenta [Cf ⇒ Mc 10,38; 536 ⇒ Lc 12,50 ]. Già viene ad adempiere “ogni giustizia” (⇒ Mt 3,15), cioè si sottomette totalmente alla volontà del Padre suo: accetta per amore il battesimo di morte per la remissione dei nostri peccati [Cf ⇒ Mt 26,39 ]. A tale accettazione risponde la voce del Padre che nel Figlio suo si compiace [Cf ⇒ Lc 3,22; ⇒ Is 42,1 ]. Lo Spirito, che Gesù possiede in pienezza fin dal suo concepimento, si posa e rimane su di lui [Cf ⇒ Gv 1,32-33; cf ⇒ Is 11,2 ]. Egli ne sarà la sorgente per tutta l'umanità. Al suo battesimo, “si aprirono i cieli” (⇒ Mt 3,16) che il peccato di Adamo aveva chiuso; e le acque sono santificate dalla discesa di Gesù e dello Spirito, preludio della nuova creazione.


537 Con il Battesimo, il cristiano è sacramentalmente assimilato a Gesù, il quale con il suo battesimo anticipa la sua morte e la sua Risurrezione; il cristiano deve entrare in questo mistero di umile abbassamento e pentimento, discendere nell'acqua con Gesù, per risalire con lui, rinascere dall'acqua e dallo Spirito per diventare, nel Figlio, figlio amato dal Padre e “camminare in una vita nuova” (⇒ Rm 6,4):


Scendiamo nella tomba insieme con Cristo per mezzo del Battesimo, in modo da poter anche risorgere insieme con lui; scendiamo con lui per poter anche risalire con lui; risaliamo con lui, per poter anche essere glorificati con lui [San Gregorio Nazianzeno, Orationes, 40, 9: PG 36, 369B].


Tutto ciò che è avvenuto in Cristo ci fa comprendere che, dopo l'immersione nell'acqua, lo Spirito Santo vola su di noi dall'alto del cielo e che, adottati dalla Voce del Padre, diventiamo figli di Dio [Sant'Ilario di Poitiers, In evangelium Matthaei, 2: PL 9, 927].


La tentazione di Gesù


538 I Vangeli parlano di un tempo di solitudine di Gesù nel deserto, immediatamente dopo che ebbe ricevuto il battesimo da Giovanni: “Sospinto” dallo Spirito nel deserto, Gesù vi rimane quaranta giorni digiunando; sta con le fiere e gli angeli lo servono [Cf ⇒ Mc 1,12-13 ]. Terminato questo periodo, Satana lo tenta tre volte cercando di mettere alla prova la sua disposizione filiale verso Dio. Gesù respinge tali assalti che ricapitolano le tentazioni di Adamo nel Paradiso e quelle d'Israele nel deserto, e il diavolo si allontana da lui “per ritornare al tempo fissato” (⇒ Lc 4,13).


539 Gli evangelisti rilevano il senso salvifico di questo misterioso avvenimento. Gesù è il nuovo Adamo, rimasto fedele mentre il primo ha ceduto alla tentazione. Gesù compie perfettamente la vocazione d'Israele: contrariamente a coloro che in passato provocarono Dio durante i quaranta anni nel deserto, [Cf ⇒ Sal 95,10 ] Cristo si rivela come il Servo di Dio obbediente in tutto alla divina volontà. Così Gesù è vincitore del diavolo: egli ha “legato l'uomo forte” per riprendergli il suo bottino [Cf ⇒ Mc 3,27 ]. La vittoria di Gesù sul tentatore nel deserto anticipa la vittoria della passione, suprema obbedienza del suo amore filiale per il Padre.


540 La tentazione di Gesù manifesta quale sia la messianicità del Figlio di Dio, in opposizione a quella propostagli da Satana e che gli uomini [Cf ⇒ Mt 16,21-23 ] desiderano attribuirgli. Per questo Cristo ha vinto il tentatore per noi: “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato” (⇒ Eb 4,15). La Chiesa ogni anno si unisce al Mistero di Gesù nel deserto con i quaranta giorni della Quaresima .


“Il Regno di Dio è vicino”


541 “Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo"” (⇒ Mc 1,15). “Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il Regno dei cieli” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 3]. Ora, la volontà del Padre è di “elevare gli uomini alla partecipazione della vita divina” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 3]. Lo fa radunando gli uomini attorno al Figlio suo, Gesù Cristo. Questa assemblea è la Chiesa, la quale in terra costituisce “il germe e l'inizio” del Regno di Dio [Cf ibid., 5].


542 Cristo è al centro di questa riunione degli uomini nella “famiglia di Dio”. Li convoca attorno a sé con la sua Parola, con i suoi “segni” che manifestano il Regno di Dio, con l'invio dei suoi discepoli. Egli realizzerà la venuta del suo Regno soprattutto con il grande Mistero della sua Pasqua: la sua morte in croce e la sua Risurrezione. “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (⇒ Gv 12,32). “Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo” [Cf ibid., 5].


L'annunzio del Regno di Dio


543 Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, [Cf ⇒ Mt 10,5-7 ] questo Regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni [Cf ⇒ Mt 8,11; ⇒ Mt 28,19 ]. Per accedervi, è necessario accogliere la Parola di Gesù:


La Parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo: quelli che l'ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il Regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 5].


544 Il Regno appartiene ai poveri e ai piccoli, cioè a coloro che l'hanno accolto con un cuore umile. Gesù è mandato per “annunziare ai poveri un lieto messaggio” (⇒ Lc 4,18) [Cf ⇒ Lc 7,22 ]. Li proclama beati, perché “di essi è il Regno dei cieli” (⇒ Mt 5,3); ai “piccoli” il Padre si è degnato di rivelare ciò che rimane nascosto ai sapienti e agli intelligenti [Cf ⇒ Mt 11,25 ]. Gesù condivide la vita dei poveri, dalla mangiatoia alla croce; conosce la fame, [Cf ⇒ Mc 2,23-26; ⇒ Mt 21,18 ] la sete[Cf ⇒ Gv 4,6-7; ⇒ Gv 19,28 ] e l'indigenza [Cf ⇒ Lc 9,58 ]. Anzi, arriva a identificarsi con ogni tipo di poveri e fa dell'amore operante verso di loro la condizione per entrare nel suo Regno [Cf ⇒ Mt 25,31-46 ].


545 Gesù invita i peccatori alla mensa del Regno: “Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori”(⇒ Mc 2,17) [Cf ⇒ 1Tm 1,15 ]. Li invita alla conversione, senza la quale non si può entrare nel Regno, ma nelle parole e nelle azioni mostra loro l'infinita misericordia del Padre suo per loro [Cf ⇒ Lc 15,11-32 ] e l'immensa “gioia” che si fa “in cielo per un peccatore convertito” (⇒ Lc 15,7). La prova suprema di tale amore sarà il sacrificio della propria vita “in remissione dei peccati” (⇒ Mt 26,28).


546 Gesù chiama ad entrare nel Regno servendosi delle parabole, elemento tipico del suo insegnamento [Cf ⇒ Mc 4,33-34 ]. Con esse egli invita al banchetto del Regno, [Cf ⇒ Mt 22,1-14 ] ma chiede anche una scelta radicale: per acquistare il Regno, è necessario “vendere” tutto; [Cf ⇒ Mt 13,44-45 ] le parole non bastano, occorrono i fatti [Cf ⇒ Mt 21,28-32 ]. Le parabole sono come specchi per l'uomo: accoglie la Parola come un terreno arido o come un terreno buono? [Cf ⇒ Mt 13,3-9 ] Che uso fa dei talenti ricevuti? [Cf ⇒ Mt 25,14-30 ] Al cuore delle parabole stanno velatamente Gesù e la presenza del Regno in questo mondo. Occorre entrare nel Regno, cioè diventare discepoli di Cristo per “cono scere i Misteri del Regno dei cieli” (⇒ Mt 13,11). Per coloro che rimangono “fuori”, [Cf ⇒ Mc 4,11 ] tutto resta enigmatico [Cf ⇒ Mt 13,10-15 ].


I segni del Regno di Dio


547 Gesù accompagna le sue parole con numerosi “miracoli, prodigi e segni” (⇒ At 2,22), i quali manifestano che in lui il Regno è presente. Attestano che Gesù è il Messia annunziato [Cf ⇒ Lc 7,18-23 ].


548 I segni compiuti da Gesù testimoniano che il Padre lo ha mandato [Cf ⇒ Gv 5,36; ⇒ Gv 10,25 ]. Essi sollecitano a credere in lui [Cf ⇒ Gv 10,38 ]. A coloro che gli si rivolgono con fede, egli concede ciò che domandano [Cf ⇒ Mc 5,25-34; ⇒ Mc 10,52; ecc]. Allora i miracoli rendono più salda la fede in colui che compie le opere del Padre suo: testimoniano che egli è il Figlio di Dio [Cf ⇒ Gv 10,31-38 ]. Ma possono anche essere motivo di scandalo [Cf ⇒ Mt 11,6 ]. Non mirano a soddisfare la curiosità e i desideri di qualcosa di magico. Nonostante i suoi miracoli tanto evidenti, Gesù è rifiutato da alcuni; [Cf ⇒ Gv 11,47-48 ] lo si accusa perfino di agire per mezzo dei demoni [Cf ⇒ Mc 3,22 ].


549 Liberando alcuni uomini dai mali terreni della fame, [Cf ⇒ Gv 6,5-15 ] dell'ingiustizia, [Cf ⇒ Lc 19,8 ] della malattia e della morte, [Cf ⇒ Mt 11,5 ] Gesù ha posto dei segni messianici; egli non è venuto tuttavia per eliminare tutti i mali di quaggiù, [Cf ⇒ Lc 12,13; ⇒ Lc 12,14; ⇒ Gv 18,36 ] ma per liberare gli uomini dalla più grave delle schiavitù: quella del peccato, [Cf ⇒ Gv 8,34-36 ] che li ostacola nella loro vocazione di figli di Dio e causa tutti i loro asservimenti umani.


550 La venuta del Regno di Dio è la sconfitta del regno di Satana: [Cf ⇒ Mt 12,26 ] “Se io scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il Regno di Dio” (⇒ Mt 12,28). Gli esorcismi di Gesù liberano alcuni uomini dal tormento dei demoni [ Cf ⇒ Lc 8,26-39 ]. Anticipano la grande vittoria di Gesù sul “principe di questo mondo” (⇒ Gv 12,31). Il Regno di Dio sarà definitiva mente stabilito per mezzo della croce di Cristo: “Regnavit a ligno Deus Dio regnò dalla croce” [Inno “Vexilla Regis”].


“Le chiavi del Regno”


551 Fin dagli inizi della vita pubblica, Gesù sceglie dodici uomini perché stiano con lui e prendano parte alla sua missione; [Cf ⇒ Mc 3,13-19 ] li fa partecipi della sua autorità e li manda “ad annunziare il Regno di Dio e a guarire gli infermi” (⇒ Lc 9,2). Restano per sempre associati al Regno di Cristo, che, per mezzo di essi, guida la Chiesa:


Io preparo per voi un Regno, come il Padre l'ha preparato per me; perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio Regno, e siederete in trono a giudicare le dodici tribù d'Israele (⇒ Lc 22,29-30).


552 Nel collegio dei Dodici Simon Pietro occupa il primo posto [Cf ⇒ Mc 3,16; ⇒ Mc 9,2; ⇒ Lc 24,34; 552 ⇒ 1Cor 15,5 ]. Gesù a lui ha affidato una missione unica. Grazie ad una rivelazione concessagli dal Padre, Pietro aveva confessato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Nostro Signore allora gli aveva detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (⇒ Mt 16,18). Cristo, “Pietra viva” (⇒ 1Pt 2,4), assicura alla sua Chiesa fondata su Pietro la vittoria sulle potenze di morte. Pietro, a causa della fede da lui confessata, resterà la roccia incrollabile della Chiesa. Avrà la missione di custodire la fede nella sua integrità e di confermare i suoi fratelli [Cf ⇒ Lc 22,32 ].


553 Gesù ha conferito a Pietro un potere specifico: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (⇒ Mt 16,19). Il “potere delle chiavi” designa l'autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesù, “il Buon Pastore” (⇒ Gv 10,11) ha confermato questo incarico dopo la Risurrezione: “Pasci le mie pecorelle” (⇒ Gv 21,15-17). Il potere di “legare e sciogliere” indica l'autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina, e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesù ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli [Cf ⇒ Mt 18,18 ] e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno.


Un anticipo del Regno: la Trasfigurazione


554 Dal giorno in cui Pietro ha confessato che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, il Maestro “cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme, e soffrire molto. . . e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno” (⇒ Mt 16,21). Pietro protesta a questo annunzio, [Cf ⇒ Mt 16,22-23 ] gli altri addirittura non lo comprendono [ Cf ⇒ Mt 17,23; ⇒ Lc 9,45 ]. In tale contesto si colloca l'episodio misterioso della Trasfigurazione di Gesù [Cf ⇒ Mt 17,1-8 par. ; ⇒ 2Pt 1,16-18 ] su un alto monte, davanti a tre testimoni da lui scelti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Il volto e la veste di Gesù diventano sfolgoranti di luce, appaiono Mosè ed Elia che parlano “della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme” (⇒ Lc 9,31). Una nube li avvolge e una voce dal cielo dice: “Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo” (⇒ Lc 9,35).


555 Per un istante, Gesù mostra la sua gloria divina, confermando così la confessione di Pietro. Rivela anche che, per “entrare nella sua gloria” (⇒ Lc 24,26), deve passare attraverso la croce a Gerusalemme. Mosè ed Elia avevano visto la gloria di Dio sul Monte; la Legge e i profeti avevano annunziato le sofferenze del Messia [Cf ⇒ Lc 24,27 ]. La passione di Gesù è proprio la volontà del Padre: il Figlio agisce come Servo di Dio [Cf ⇒ Is 42,1 ]. La nube indica la presenza dello Spirito Santo: “Tota Trinitas apparuit: Pater in voce; Filius in homine, Spiritus in nube clara - Apparve tutta la Trinità: il Padre nella voce, il Figlio nell'uomo, lo Spirito nella nube luminosa”: [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 45, 4, ad 2]


Tu ti sei trasfigurato sul monte, e, nella misura in cui ne erano capaci, i tuoi discepoli hanno contemplato la tua gloria, Cristo Dio, affinché, quando ti avrebbero visto crocifisso, comprendessero che la tua passione era volontaria ed annunziassero al mondo che tu sei veramente l'irradiazione del Padre [Liturgia bizantina, Kontakion della festa della Trasfigurazione].


556 Alla soglia della vita pubblica: il battesimo; alla soglia della Pasqua: la Trasfigurazione. Col battesimo di Gesù “declaratum fuit mysterium primae regenerationis - fu manifestato il mistero della prima rigenerazione: il nostro Battesimo”; la Trasfigurazione “est sacramentum secundae regenerationis - è il sacramento della seconda rigenerazione: la nostra risurrezione” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 45, 4, ad 2]. Fin d'ora noi partecipiamo alla Risurrezione del Signore mediante lo Spirito Santo che agisce nel sacramento del Corpo di Cristo. La Trasfigurazione ci offre un anticipo della venuta gloriosa di Cristo “il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (⇒ Fil 3,21). Ma ci ricorda anche che “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio” (⇒ At 14,22):


Pietro non lo capiva ancora quando sul monte desiderava vivere con Cristo. Questa felicità Cristo te la riservava dopo la morte, o Pietro. Ora invece egli stesso ti dice: Discendi ad affaticarti sulla terra, a servire sulla terra, a essere disprezzato, a essere crocifisso sulla terra. È discesa la Vita per essere uccisa; è disceso il Pane per sentire la fame; è discesa la Via, perché sentisse la stanchezza del cammino; è discesa la sorgente per aver sete; e tu rifiuti di soffrire? [Sant'Agostino, Sermones, 78, 6: PL 38, 492-493]


La salita di Gesù a Gerusalemme


557 “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, [Gesù] si diresse decisamente verso Gerusalemme” (⇒ Lc 9,51) [Cf ⇒ Gv 13,1 ]. Con questa decisione, indicava che saliva a Gerusalemme pronto a morire. A tre riprese aveva annunziato la sua passione e la sua Risurrezione [Cf ⇒ Mc 8,31-33; ⇒ Mc 9,31-32; ⇒ Mc 10,32-34 ]. Dirigendosi verso Gerusalemme dice: “Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme” (⇒ Lc 13,33).


558 Gesù ricorda il martirio dei profeti che erano stati messi a morte a Gerusalemme [Cf ⇒ Mt 23,37 a]. Tuttavia, non desiste dall'invitare Gerusalemme a raccogliersi attorno a lui: “Gerusalemme. . . quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (⇒ Mt 23,37 b). Quando arriva in vista di Gerusalemme, Gesù piange sulla città ed ancora una volta manifesta il desiderio del suo cuore: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace! Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi” (⇒ Lc 19,41-42).


L'ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme


559 Come Gerusalemme accoglierà il suo Messia? Dopo essersi sempre sottratto ai tentativi del popolo di farlo re, [Cf ⇒ Gv 6,15 ] Gesù sceglie il tempo e prepara nei dettagli il suo ingresso messianico nella città di “Davide, suo padre” (⇒ Lc 1,32) [Cf ⇒ Mt 21,1-11 ]. È acclamato come il figlio di Davide, colui che porta la salvezza (“Hosanna” significa: “Oh, sì, salvaci!”, “donaci la salvezza!”). Ora, “Re della gloria” (⇒ Sal 24,7-10) entra nella sua città cavalcando un asino: [Cf ⇒ Zc 9,9 ] egli non conquista la Figlia di Sion, figura della sua Chiesa, né con l'astuzia né con la violenza, ma con l'umiltà che rende testimonianza alla Verità [Cf ⇒ Gv 18,37 ]. Per questo i soggetti del suo Regno, in quel giorno, sono i fanciulli [Cf ⇒ Mt 21,15-16; ⇒ Sal 8,3 ] e i “poveri di Dio”, i quali lo acclamano come gli angeli lo avevano annunziato ai pastori [Cf ⇒ Lc 19,38; 559 ⇒ Lc 2,14 ]. La loro acclamazione, “Benedetto colui che viene nel Nome del Signore” (⇒ Sal 118,26), è ripresa dalla Chiesa nel “Sanctus” della Liturgia eucaristica come introduzione al memoriale della Pasqua del Signore.


560 L'ingresso di Gesù a Gerusalemme manifesta l'avvento del Regno che il Re-Messia si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e Risurrezione. Con la celebrazione dell'entrata di Gesù in Gerusalemme, la domenica delle Palme, la Liturgia della Chiesa dà inizio alla Settimana Santa.


IN SINTESI


561 “Tutta la vita di Cristo fu un insegnamento continuo: i suoi silenzi, i suoi miracoli, i suoi gesti, la sua preghiera, il suo amore per l'uomo, la sua predilezione per i piccoli e per i poveri, l'accettazione del sacrificio totale sulla croce per la Redenzione del mondo, la sua Risurrezione sono l'attuazione della sua Parola e il compimento della Rivelazione” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 9].


562 I discepoli di Cristo devono conformarsi a lui, finché egli sia formato in loro [Cf ⇒ Gal 4,19 ]. “Per ciò siamo assunti ai Misteri della sua vita, resi conformi a lui, morti e risuscitati con lui, finché con lui regneremo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 7].


563 Pastori o magi, non si può incontrare Dio quaggiù che inginocchiandosi davanti alla mangiatoia di Betlemme e adorandolo nascosto nella debolezza di un bambino.


564 Con la sua sottomissione a Maria e a Giuseppe, come pure con il suo umile lavoro durante i lunghi anni di Nazaret, Gesù ci dà l'esempio della santità nella vita quotidiana della famiglia e del lavoro.


565 Dall'inizio della sua vita pubblica al momento del suo battesimo, Gesù è il “Servo” totalmente consacrato all'opera redentrice che avrà il compimento nel “battesimo” della sua passione.


566 La tentazione nel deserto mostra Gesù, Messia umile che trionfa su Satana in forza della sua piena adesione al disegno di salvezza voluto dal Padre.


567 Il Regno dei cieli è stato inaugurato in terra da Cristo. “Si manifesta chiaramente agli uomini nelle parole, nelle opere, nella persona di Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 5]. La Chiesa è il germe e l'inizio di questo Regno. Le sue chiavi sono affidate a Pietro.


568 La Trasfigurazione di Gesù ha come fine di consolidare la fede degli Apostoli in vista della passione: la salita sull'“alto monte” prepara la salita al Calvario. Cristo, Capo della Chiesa, manifesta ciò che il suo Corpo contiene e irradia nei sacramenti: “la speranza della gloria” (⇒ Col 1,27) [Cf San Leone Magno, Sermones, 51, 3: PL 54, 310C].


569 Gesù è salito a Gerusalemme volontariamente, pur sapendo che vi sarebbe morto di morte violenta a causa della grande ostilità dei peccatori [Cf ⇒ Eb 12,3 ].


570 L'ingresso di Gesù a Gerusalemme è la manifestazione dell'avvento del Regno che il Re-Messia, accolto nella sua città dai fanciulli e dagli umili di cuore, si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e Risurrezione.

mercoledì 27 aprile 2011

Verità della Fede - XIV parte

Tornano gli approfondimenti sulle "Verità della Fede" attraverso le attente analisi di Sant'Alfonso Maria de' Liguori. Continuiamo la lettura della seconda parte dell'opera con il Cap. III nel quale il Santo Vescovo Dottore della Chiesa e Fondatore dei Redentoristi, proverà la divinità delle Sacre Scritture dell'Antico Testamento soffermandosi sui miracoli.






Verità della Fede

di Sant'Alfonso Maria de' Liguori

CAP. III.

Si prova la divinità delle Scritture del vecchio Testamento da' miracoli.

1. Iddio non può permettere che il demonio c'inganni co' miracoli, mutando l'ordine naturale in comprovazione di qualche punto falso di fede; perché allora, permettendolo, Dio stesso c'ingannerebbe. Ma se Dio permette che spesso siamo ingannati dagli uomini, perché non può anche permettere che siamo ingannati da' demonj? No: perché gli uomini, se c'ingannano, non c'ingannano col mezzo della divina autorità; ma i demonj, ingannandoci coi miracoli in materia di fede, si varrebbero ad illuderci dell'apparenza dell'autorità divina; giacché l'ordine delle leggi naturali e la loro mutazione s'appartiene alla provvidenza di Dio che tali leggi ha costituite. Noi non abbiamo maggiori prove delle verità soprannaturali, che la testimonianza dei miracoli; quindi non dobbiamo mai pensare che qualche vero miracolo sia operato dal demonio a quelle ripugnante. E perciò il Signore non ha mai permessa alcuna prodigiosa operazione diabolica in conferma d'una falsità contro la fede.

2. I miracoli dunque sono prove sicure 
delle verità divine. Mosè dimandò a Dio qual segno avrebbe dato al popolo della sua legazione, se quello non avesse voluto crederlo. Rispose il Signore che gli avrebbe comunicato la potestà de' miracoli, ut credant quod tibi apparuerit Dominus Deus1. E perciò poi Mosè rinfacciava sempre al popolo i miracoli da esso operati per confondere la loro malvagità. Lo stesso rinfacciò Gesù Cristo a' farisei, che non voleano crederlo: Si non facio opera Patris mei, nolite credere mihi2. Ed in altro luogo: Ipsa opera quae ego facio, testimonium perhibent de me3. Quindi Nicodemo illuminato dai miracoli gli confessò: Rabbi, scimus quia a Deo venisti magister; nemo enim potest haec signa facere, quae tu facis, nisi fuerit Deus cum eo4.


3. Gran prova dunque (veniamo al nostro punto) della divinità de' libri del vecchio testamento sono i molti miracoli in essi riferiti, e prima avvenuti in faccia a tutto il popolo ebreo, ed anche agli egizj loro nemici. Mosè promette che l'ostinazione di Faraone sarà punita con un flagello che lo forzerà a pregare egli stesso gli ebrei di uscirsene dal suo dominio, e che tutti i primogeniti di Egitto in una medesima notte si sarebbero trovati morti per mano d'un angelo, restandone esenti le sole famiglie degli ebrei, purché avessero asperse le porte delle case col sangue dell'agnello pasquale. E così appunto avvenne: morirono tutti i primogeniti dell'Egitto, e così gli ebrei, essendo stati posti in libertà da Faraone, uscirono dall'Egitto, come tutto si legge nel cap. 11 e 12 dell'Esodo.

4. Ma appena usciti si trovano in gran pericolo di morire; poiché l'esercito di Faraone loro è sopra da una parte, e dall'altra il mar rosso impedisce loro il fuggire, ed essi non hanno armi da difendersi. Ciò non ostante Mosè ispirato da Dio fa loro animo ad entrare nel mare; ed ecco che in entrarvi si apre il mare per mezzo finché passano all'altra riva, ed all'incontro si chiude mentre passano gli egizj persecutori, e tutti gli uccide5. Or se questi due miracoli non fossero veramente avvenuti, secondo stanno ivi scritti fin da quel tempo, come mai Mosè avrebbe potuto darli a credere a più di seicento mila ebrei che vi si trovarono presenti? Ma no, ch'essi non poterono negarli, e per questi miracoli ricevettero poi tanti rimproveri da Mosè, ed in loro memoria sin d'allora s'istituì la gran festa della Pasqua, come si ha nell'esodo al capo 12 e 13.

5. Sieguono a ciò altri prodigj anche a vista di tutto il popolo. Dopo cinquanta giorni dà Iddio la legge agli ebrei nel monte Sinai6, guardando tutto il popolo il fuoco che sfolgorava sulla montagna, e udendo la voce che promulgava i precetti della legge7. Ed in memoria di ciò s'instituisce la festa della Pentecoste8. Indi alla vista di due milioni di uomini comparisce una colonna di nuvola nel giorno, che li ripara da' raggi del sole, ed una colonna di fuoco nella notte, che loro serve di lumiera nel cammino9. Chi mai potrà dire che questa sia una favola, o sia stata una pura immaginazione, o pure accidente avvenuto a caso, mentre un tal prodigio non durò meno di quaranta anni?

6. Inoltre si sollevano Core, Datan ed Abiron contro Mosè ed Aronne, non volendo più loro ubbidire, e con essi unisconsi cinquanta anziani e gran parte del popolo. Mosè va alle tende dei tumultuanti, ed ivi esorta gli ebrei ad allontanarsi da quei disgraziati, se non vogliono esser involti nel loro castigo, e predice che fra poco tempo saranno ingoiati dalla terra; ed ecco come subito si apre una gran voragine, ed assorbisce tutti i ribelli insieme co' loro padiglioni; onde tutti gli altri si danno alla fuga per non esser presi nella stessa ruina. Questo solo prodigio basta a far vedere che Mosè autore del Pentateuco fu veramente inviato da 
Dio, e che quanto scrisse, tutto fu vero.


7. Parlando poi de' miracoli di Giosuè, basta osservarne solamente quei due che furono più pubblici. Il primo fu, quando gli ebrei per entrar nella terra promessa doveano passare il Giordano, ma quello trovavasi molto gonfio. Onde Giosuè ordinò che i sacerdoti fossero entrati nel fiume, portando l'arca del Testamento, e si fossero fermati nel mezzo, finché fosse passato tutto il popolo, e passando dodici persone delle dodici tribù, avessero prese dal fiume dodici pietre, colle quali dovea poi erigersi un monumento dopo il transito. E così appunto tutto avvenne. Entrarono i sacerdoti coll'arca, e le acque del fiume subito si divisero in due parti: la parte inferiore seguì a fare il suo corso, e la superiore si alzò sopra se stessa in tanta altezza, che potea vedersi fin dalle città lontane1. E questo prodigio accadde alla presenza di due milioni di testimonj. Indi fu alzato il monumento, che i padri mostravano poi a' loro figliuoli. Anzi ordinò il Signore che quando i genitori erano interrogati da' loro figli che cosa significassero quelle pietre, rispondessero: Per arentem alveum transivit Israel Iordanem istum, siccante Domino Deo vestro aquas eius in conspectu vestro, donec transiretis2. L'altro prodigio fu la rovina che avvenne delle mura di Gerico alla presenza dell'arca portata in giro per sette giorni3. Or questi ed altri miracoli ben confermano la verità della scrittura, e della religione ebraica; poiché tai fatti furono appresso confermati dagli autori sacri susseguenti, i quali con altri miracoli poi han confermato il tutto.

8. Oppongono i deisti: ma nelle stesse scritture stanno scritti molti prodigj, che leggonsi operati dal demonio, come nell'esodo al capo 7. le verghe mutate in dragoni, e l'acqua in sangue; e nel libro 1. de' re al capo 28. la Pitonissa, che pregata da Saulle chiamò per arte magica a farsi presente l'anima di Samuele defunto; il che si conferma anche dall'Ecclesiastico 46. 23. Si risponde che il demonio colla permissione divina ben ha potuto far molte cose mirabili, o per castigo de' cattivi, o per merito de' buoni, ma non mai in conferma degli errori contro la fede. In quanto però a Samuele, la miglior sentenza vuole che l'anima sua allora si fece presente, non per opera del demonio, ma per espresso ordine divino; mentre Samuele predisse più cose future, che si avverarono, e perciò la Pitonissa di ciò ne restò turbata.

9. Si aggiunge qui che molto anche prova la verità del vecchio testamento il vedere in quello descritto il popolo ebraico ingrato, ribelle, portato all'idolatria, mormoratore di Mosè e dello stesso Dio, e che non si rimette se non per via di flagelli; sicché si trovano ivi notati tutti i loro delitti e rimproveri loro fatti. Da ciò si argomenta che non avrebbe mai questo popolo conservata tanta venerazione verso tali scritture di tanto lor vitupero, se non le avesse credute divine, per tanti testimonj dei fatti in quelle riferiti, e per li tanti prodigj operati da Dio innanzi a' loro occhi, a fin di autorizzare così la missione di Mosè, come la sacra storia da lui scritta.

___________
1 Exod. c. 4. 5.

2 Io. 10. 37.

3 Io. 5. 36.

4 Io. 3. 2.

5 Exod. c. 14.

6 Esod. c. 19.

7 Esod. 20. 18.

8 Deuter. 16. 12.

9 Exod. 13. 21. et 22.

1 Ios. 3. 15. e 16.

2 Ios. 4. 23.

3 Ios. c. 6. 

martedì 26 aprile 2011

La Città di Dio - XV parte

Riprendiamo la lettura dell'opera di Sant'Agostino nota come "La città di Dio". Il pensiero agostiniano è fermo a sottolineare le incoerenze romane nel loro rapporto con gli dei: infatti, se diamo anche uno sguardo alla legge sul teatro, scopriamo che mentre era proibito insultare i propri concittadini, non era proibito lanciare offese e ingiurie agli dei! Si capisce subito che i romani non sanno nemmeno cosa significhi adorare un dio e Sant'Agostino pensa seriamente che in tutto questo, vi sia l'opera di spiriti demoniaci: 

10. Si adduce a difesa che non erano vere le cose dette contro gli dèi, ma false e immaginarie. Ma proprio questo è più empio se si tenesse presente il rispetto religioso. Se poi si pensa alla malvagità dei demoni, che cosa di più maliziosamente furbo per ingannare? Quando infatti il disonore si getta contro il concittadino più ragguardevole buono e utile alla patria, tanto è più indegno perché è più contrario ed estraneo alla sua condotta. Quali pene dovrebbero dunque applicare quando si fa al dio una ingiuria tanto infamante, tanto evidente? Ma gli spiriti maligni, che essi reputano dèi, vogliono che si dicano di loro anche i misfatti che non hanno compiuti. Così avvolgono come con reti le coscienze umane e le trascinano con sé alla pena prestabilita. Tali misfatti potrebbero averli commessi gli uomini, ma i demoni sono lieti che siano considerati dèi perché sono lieti degli errori degli uomini e perché con le mille arti di nuocere e ingannare si sostituiscono a loro per essere adorati essi stessi. Potrebbe anche essere che quei misfatti siano veri di certi individui, tuttavia gli spiriti ingannatori accettano volentieri che siano attribuiti immaginariamente alla divinità affinché sembri quasi che a commettere azioni crudeli e turpi l'autorità competente si trasferisca dal cielo alla terra. I Greci, sentendosi schiavi di simili divinità, non pensavano che, date le loro infamanti rappresentazioni teatrali, i poeti dovessero risparmiare gli uomini o perché bramavano di essere assimilati ai loro dèi o perché temevano di farli arrabbiare cercando per sé una reputazione più onorata e reputandosi così migliori di loro.

11. Attiene a questa coerenza che stimarono degni di qualche alta carica nello Stato anche gli attori teatrali di quei drammi. Infatti, come si ricorda anche nel citato libro Sullo Stato, Eschine ateniese, sommo oratore, sebbene da giovane avesse recitato tragedie, ebbe incarichi nello Stato; Aristodemo, anche egli attore tragico, fu più volte mandato ambasciatore a Filippo per importanti problemi riguardanti la pace e la guerra 18. Non era ritenuto compatibile, dal momento che, secondo loro, le arti e gli spettacoli drammatici erano accetti agli dèi, di relegare nel luogo e nel numero di coloro che le eseguivano. I Greci, con disonestà certamente, ma con piena coerenza ai propri dèi, diedero queste disposizioni. Infatti essi che non osarono sottrarre la condotta dei cittadini alla denigrazione della lingua dei poeti e degli attori, poiché vedevano che anche la condotta degli dèi, e con loro consenso e compiacimento, era da essi screditata, pensarono non solo di non disprezzare anzi di onorare nell'amministrazione dello Stato anche gli uomini da cui erano eseguiti spettacoli che ritenevano graditi alle divinità venerate. Che ragione avevano di onorare i sacerdoti giacché per loro mezzo offrivano agli dèi vittime gradite e di disprezzare gli attori dal momento che avevano appreso dietro loro informazione a offrire quel piacere o onore agli dèi che li richiedevano, e se non si faceva, si arrabbiavano? Tanto più che Labeone, che dichiarano buon intenditore in materia 19, distingue le divinità buone dalle cattive proprio dalla diversità del culto. Afferma appunto che gli dèi cattivi sono resi propizi con le stragi e le cerimonie funebri, i buoni con ossequi piacevolmente lieti come, a sentir lui, spettacoli, conviti, banchetti sacri. Come stia tutta questa faccenda, lo discuterò dopo 20, se Dio mi aiuterà. Ora un cenno per quanto riguarda il presente argomento. O gli onori si tributano tutti a tutti in quanto buoni, giacché non è possibile che si diano dèi cattivi, a meno che, essendo spiriti immondi, non siano tutti cattivi; oppure con un certo discernimento, come è sembrato a Labeone, si tributano gli uni ai buoni, gli altri ai cattivi. Comunque sia, con molta coerenza i Greci hanno in onore entrambi, i sacerdoti da cui si offrono vittime, e gli attori per mezzo dei quali si eseguono spettacoli. Così non possono essere incolpati di fare ingiustizia ad alcuno degli dèi se gli spettacoli sono graditi a tutti, ovvero, e sarebbe più riprovevole, a quelli che ritengono buoni se gli spettacoli sono amati soltanto da loro.

12. Ma i Romani, come Scipione vanta nel citato dialogo Sullo Stato non vollero che la condotta e la reputazione fossero soggette a denigrazioni e insulti dei poeti, perché contemplarono la pena di morte per chi ardisse comporre simile poesia. Hanno stabilito questa sanzione con onestà verso se stessi, ma con superbia e irreligiosità verso i loro dèi. Sapendo che essi non solo sopportano ma gradiscono di essere denigrati dalle ingiurie e le maldicenze dei poeti, han ritenuto se stessi e non gli dèi immeritevoli di quelle calunnie e si sono difesi da esse con una legge, ma hanno perfino inserito queste nefandezze nelle feste degli dèi. E così, o Scipione, lodi che ai poeti romani sia stata negata la licenza di lanciare diffamazioni contro uno dei cittadini, anche se sai che non hanno risparmiato nessuno dei vostri dèi? E così ti è sembrato di dover considerare di più la reputazione della vostra curia che del Campidoglio, anzi della sola Roma che di tutto il cielo? In tal modo si proibì ai poeti anche per legge di menare la lingua maledica contro i tuoi concittadini e poi si permise che lanciassero tranquilli contro i tuoi dèi insulti tanto gravi senza che lo proibisse un senatore, un censore, un imperatore, un pontefice. Era sconveniente, secondo te, che Plauto o Nevio dicessero male di Publio o Gneo Scipione o Cecilio di Marco Catone e fu conveniente che il vostro Terenzio stimolasse il libertinaggio dei giovani con l'adulterio di Giove ottimo massimo.

 

lunedì 25 aprile 2011

Testimoni della risurrezione

Continuiamo a vivere la Pasqua con le riflessioni di Sant'Agostino d'Ippona (da domani torna la normale programmazione settimanale):

Dai "Discorsi" di sant’Agostino, vescovo (Serm. 260/E, 2)


Anche voi, dunque, dite: Non possiamo non parlare di ciò che abbiamo udito; non possiamo non evangelizzare Cristo Signore. Ciascuno lo annunzi dovunque gli è possibile, e così è martire. Capita però, a volte, a certi che non debbano subire persecuzioni ma solo una qualche derisione: eppure si spaventano. Un tale, ad esempio, si trova a pranzo in mezzo a pagani, ed eccolo arrossire perché lo chiamano cristiano. Se ha timore d'un commensale, come potrà tenere incalcolate le minacce d'un persecutore? Suvvia dunque! Parlate di Cristo dovunque potete, con chiunque potete, in tutte le maniere che potete. Quello che si esige da voi è la fede, non l'abilità nel parlare. Parli la fede che vi nasce dal cuore, e sarà Cristo a parlare. Se infatti è in voi la fede, abita in voi Cristo. Avete udito il Salmo: Ho creduto e perciò ho anche parlato (Ps 115, 10). Non poteva aver fede e, insieme, restarsene muto. Chi non dona è ingrato verso colui che l'ha colmato di doni. Ciascuno pertanto deve comunicare le cose di cui è stato riempito. Da lui deve scaturire una fonte che sempre versa e mai si dissecca. Scaturirà in lui una fonte d'acqua che zampilla per la vita eterna (Io 4, 14). E nel vostro annunzio potrete essere tranquilli poiché non vi sarà menzogna in quanto lo attingete dalla fonte della verità: quel che pronunziate con la lingua l'avete ricevuto. Certo, se voleste dire cose vostre, sareste mentitori, come asserisce il Salmo: Io ho detto nella mia estasi: Ogni uomo è mentitore (Ps 115, 11). Che significa: Ogni uomo è mentitore? Ogni Adamo è mentitore. Spògliati di Adamo e rivèstiti di Cristo, e non sarai mentitore. Questo basti alla vostra Carità poiché molte cose restano da fare.

domenica 24 aprile 2011

Da morte a vita

Il silenzio si rompe e la gioia dilaga perchè Gesù non è morto, ma vivo!! Abbiamo vissuto la Passione e Morte di Gesù nel silenzio e nel lutto: ma ora non abbiamo motivo di vivere il lutto perchè celebriamo la Vita, la vittoria definitiva sulla morte; noi tutti celebriamo Gesù Cristo risorto dai morti e vincitore sul peccato e sulla morte consequenziale! Oggi, questa sezione di sapienza cristiana, accoglie le parole di un Santo di grande saggezza e sapienza: Sant'Agostino d'Ippona che ci delizia con una riflessione sulla Pasqua di Resurrezione:

Noi celebriamo la Pasqua in modo che non solo rievochiamo il ricordo d'un fatto avvenuto, cioè la morte e la risurrezione di Cristo, ma lo facciamo senza tralasciare nessuno degli altri elementi che attestano il rapporto ch'essi hanno col Cristo, ossia il significato dei riti sacri celebrati. In realtà, come dice l'Apostolo: Cristo morì a causa dei nostri peccati e risorse per la nostra giustificazione (Rom 4, 25) e pertanto nella passione e risurrezione del Signore è insito il significato spirituale del passaggio dalla morte alla vita. La stessa parola Pascha non è greca, come si crede comunemente, ma ebraica, come affermano quelli che conoscono le due lingue; insomma il termine non deriva da passione, ossia sofferenza, per il fatto che in greco patire si dice , ma dal fatto che si passa, come ho detto, dalla morte alla vita, com'è indicato dalla parola ebraica: in questa lingua infatti passaggio si dice Pascha, come affermano i dotti. A cos'altro volle accennare lo stesso Signore col dire: Chi crede in me, passerà dalla morte alla vita (Gv 5, 24). Si comprende allora che il medesimo evangelista volle esprimere ciò specialmente quando, parlando del Signore che si apprestava a celebrare la Pasqua coi discepoli, dice: Avendo Gesù visto ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al Padre etc. (Io 13, 1). Nella passione e risurrezione del Signore vien messo dunque in risalto il passaggio dalla presente vita mortale a quella immortale, ossia il passaggio dalla morte alla vita.

Presentemente noi compiamo questo passaggio per mezzo della fede, che ci ottiene il perdono dei peccati e la speranza della vita eterna, se amiamo Dio e il prossimo, in quanto la fede opera in virtù della carità (Gal 5, 1) e il giusto vive mediante la fede (Hab 2, 4). Ma vedere ciò che si spera, non è sperare: ciò che infatti si vede, perché sperarlo? Se invece speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con paziente attesa (Rom 8, 24). In conformità a questa fede, speranza e carità, con cui abbiamo cominciato a vivere nella grazia, già siamo morti insieme con Cristo e col battesimo siamo sepolti con lui nella morte (2 Tim 2, 12; Rom 6, 4), come dice l’Apostolo: Poiché il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui (Rom 6, 6); e siamo risorti con lui, poiché ci risuscitò insieme con lui, e ci fece sedere nei cieli insieme con lui (Eph 2, 6). Ecco perché l'Apostolo ci esorta: Pensate alle cose di lassù, non alle cose terrene (Col 3, 1, 2). Ma poi soggiunge dicendo: Poiché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi apparirete con lui vestiti di gloria (Col 3, 3); con ciò c'indica chiaramente che vuol farci capire come adesso il nostro passaggio dalla morte alla vita (che avviene in virtù della fede) si compie mediante la speranza della futura risurrezione e della gloria finale, quando cioè questo elemento corruttibile, ossia questo corpo in cui ora gemiamo, si rivestirà dell'immortalità (1 Cor 15, 33).

Il rinnovamento della nostra vita è pertanto il passaggio dalla morte alla vita, che s'inizia in virtù della fede, affinché nella speranza siamo contenti e nella sofferenza siamo pazienti, benché il nostro uomo esteriore si vada disfacendo mentre quello interiore si rinnova di giorno in giorno (2 Cor 4, 16). Proprio in vista della nuova vita e dell'uomo nuovo di cui ci si comanda di rivestirci (Col 3, 9 s.). Spogliandoci di quello vecchio, purificandoci dal vecchio fermento per essere una pasta nuova, essendo già stato immolato Cristo, nostra Pasqua (1 Cor 5, 7), proprio in vista di questo rinnovamento della vita è stato stabilito per questa celebrazione il primo mese dell'anno, che perciò si chiama il mese dei nuovi raccolti (Ex 23, 15). Inoltre poiché nel volgere dei secoli è adesso apparsa la terza epoca, la risurrezione del Signore è avvenuta dopo tre giorni. La prima epoca infatti è quella anteriore alla Legge, la seconda quella della Legge, la terza quella della Grazia, in cui si rivela il piano misterioso di Dio prima nascosto nell'oscurità delle profezie. Ciò è dunque indicato pure dal numero dei giorni d'ogni fase lunare poiché nelle Scritture il numero sette suol essere simbolo di una certa perfezione e perciò la Pasqua si celebra la terza settimana della luna cioè nel giorno che cade tra il quattordici e il ventuno del mese.


 

giovedì 21 aprile 2011

Catechismo della Chiesa Cattolica - XXII parte

Proseguiamo il nostro percorso volto alla conoscenza del Catechismo della Chiesa Cattolica: oggi continuiamo la lettura del capitolo secondo sul Credo in Gesù Cristo, attraverso il paragrafo 2 dell'Articolo 3: 
Articolo 3

“GESU' CRISTO FU CONCEPITO PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO, NACQUE DA MARIA VERGINE” 
 
Paragrafo 2 “... CONCEPITO PER OPERA DELLO SPIRITO SANTO, NATO DALLA VERGINE MARIA”

I. Concepito per opera dello Spirito Santo...

484 L'Annunciazione a Maria inaugura la “pienezza del tempo” (⇒ Gal 4,4), cioè il compimento delle promesse e delle preparazioni. Maria è chiamata a concepire colui nel quale abiterà “corporalmente tutta la pienezza della divinità” (⇒ Col 2,9). La risposta divina al suo “Come è possibile? Non conosco uomo” (⇒ Lc 1,34) è data mediante la potenza dello Spirito: “Lo Spirito Santo scenderà su di te” (⇒ Lc 1,35).

485 La missione dello Spirito Santo è sempre congiunta e ordinata a quella del Figlio [Cf ⇒ Gv 16,14-15 ]. Lo Spirito Santo, che è “Signore e dà la vita”, è mandato a santificare il grembo della Vergine Maria e a fecondarla divinamente, facendo sì che ella concepisca il Figlio eterno del Padre in un'umanità tratta dalla sua.

486 Il Figlio unigenito del Padre, essendo concepito come uomo nel seno della Vergine Maria, è “Cristo”, cioè unto dallo Spirito Santo, [Cf ⇒ Mt 1,20; 486 ⇒ Lc 1,35 ] sin dall'inizio della sua esistenza umana, anche se la sua manifestazione avviene progressivamente: ai pastori, [Cf ⇒ Lc 2,8-20 ] ai magi, [ Cf ⇒ Mt 2,1-12 ] a Giovanni Battista, [Cf ⇒ Gv 1,31-34 ] ai discepoli [Cf ⇒ Gv 2,11 ]. L'intera vita di Gesù Cristo manifesterà dunque “come Dio [lo] consacrò in Spirito Santo e potenza” (⇒ At 10,38).

II. ... nato dalla Vergine Maria

487 Ciò che la fede cattolica crede riguardo a Maria si fonda su ciò che essa crede riguardo a Cristo, ma quanto insegna su Maria illumina, a sua volta, la sua fede in Cristo.

La predestinazione di Maria

488 “Dio ha mandato suo Figlio” (⇒ Gal 4,4), ma per preparargli un corpo, [Cf ⇒ Eb 10,5 ] ha voluto la libera collaborazione di una creatura. Per questo, Dio, da tutta l'eternità, ha scelto, perché fosse la Madre del Figlio suo, una figlia d'Israele, una giovane ebrea di Nazaret in Galilea, “una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria” (⇒ Lc 1,26-27):

Volle il Padre delle misericordie che l'accettazione di colei che era predestinata a essere la Madre precedesse l'Incarnazione, perché così, come la donna aveva contribuito a dare la morte, la donna contribuisse a dare la vita [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56; cf 61].

489 Nel corso dell'Antica Alleanza, la missione di Maria è stata preparata da quella di sante donne. All'inizio c'è Eva: malgrado la sua disobbedienza, ella riceve la promessa di una discendenza che sarà vittoriosa sul Maligno, [Cf ⇒ Gen 3,15 ] e quella d'essere la madre di tutti i viventi [Cf ⇒ Gen 3,20 ]. In forza di questa promessa, Sara concepisce un figlio nonostante la sua vecchiaia [Cf ⇒ Gen 18,10-14; 489 ⇒ Gen 21,1-2 ]. Contro ogni umana attesa, Dio sceglie ciò che era ritenuto impotente e debole [Cf ⇒ 1Cor 1,27 ] per mostrare la sua fedeltà alla promessa: Anna, la madre di Samuele, [Cf ⇒ 1Sam 1 ] Debora, Rut, Giuditta e Ester, e molte altre donne. Maria “primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali con fiducia attendono e ricevono da lui la salvezza. . . Con lei, la eccelsa figlia di Sion, dopo la lunga attesa della Promessa, si compiono i tempi e si instaura la nuova economia” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 55].

L'Immacolata Concezione

490 Per esser la Madre del Salvatore, Maria “da Dio è stata arricchita di doni degni di una così grande carica” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 55]. L'angelo Gabriele, al momento dell'Annunciazione, la saluta come “piena di grazia” (⇒ Lc 1,28). In realtà, per poter dare il libero assenso della sua fede all'annunzio della sua vocazione, era necessario che fosse tutta sorretta dalla grazia di Dio.

491 Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria, colmata di grazia da Dio, [Cf ⇒ Lc 1,28 ] era stata redenta fin dal suo concepimento. È quanto afferma il dogma dell'Immacolata Concezione, proclamato da papa Pio IX nel 1854:

La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale [Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus: Denz. -Schönm., 2803].

492 Questi “splendori di una santità del tutto singolare” di cui Maria è “adornata fin dal primo istante della sua concezione” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56] le vengono interamente da Cristo: ella è “redenta in modo così sublime in vista dei meriti del Figlio suo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]. Più di ogni altra persona creata, il Padre l'ha “benedetta con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo” (⇒ Ef 1,3). In lui l'ha scelta “prima della creazione del mondo, per essere” santa e immacolata “al suo cospetto nella carità” (⇒ Ef 1,4).

493 I Padri della Tradizione orientale chiamano la Madre di Dio “la Tutta Santa” (“Panaghia”), la onorano come “immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa una nuova creatura” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]. Maria, per la grazia di Dio, è rimasta pura da ogni peccato personale durante tutta la sua esistenza.

“Avvenga di me quello che hai detto... ”

494 All'annunzio che avrebbe dato alla luce “il Figlio dell'Altissimo” senza conoscere uomo, per la potenza dello Spirito Santo, [Cf ⇒ Lc 1,28-37 ] Maria ha risposto con “l'obbedienza della fede” (⇒ Rm 1,5), certa che “nulla è impossibile a Dio”: “Io sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto” (⇒ Lc 1,37-38). Così, dando il proprio assenso alla Parola di Dio, “Maria è diventata Madre di Gesù e, abbracciando con tutto l'animo e senza essere ritardata da nessun peccato la volontà divina di salvezza, si è offerta totalmente. . . alla persona e all'opera del Figlio suo, mettendosi al servizio del Mistero della Redenzione, sotto di lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente”: [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]

Come dice sant'Ireneo, “obbedendo divenne causa della salvezza per sé e per tutto il genere umano”. Con lui, non pochi antichi Padri affermano: “Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l'obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva aveva legato con la sua incredulità, la Vergine Maria l'ha sciolto con la sua fede”, e, fatto il paragone con Eva, chiama no Maria “la Madre dei viventi” e affermano spesso: “la morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56].

La maternità divina di Maria

495 Maria, chiamata nei Vangeli “la Madre di Gesù” (⇒ Gv 2,1; ⇒ Gv 19,25), [Cf ⇒ Mt 13,55 ] prima della nascita del Figlio suo è acclamata, sotto la mozione dello Spirito, “la Madre del mio Signore” (⇒ Lc 1,43). Infatti, colui che Maria ha concepito come uomo per opera dello Spirito Santo e che è diventato veramente suo Figlio secondo la carne, è il Figlio eterno del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità. La Chiesa confessa che Maria è veramente Madre di Dio [“Theotokos”] [Cf Concilio di Efeso: Denz. -Schönm., 251].

La verginità di Maria

496 Fin dalle prime formulazioni della fede, [Cf Denz.- Schönm., 10-64] la Chiesa ha confessato che Gesù è stato concepito nel seno della Vergine Maria per la sola potenza dello Spirito Santo, ed ha affermato anche l'aspetto corporeo di tale avvenimento: Gesù è stato concepito “senza seme, per opera dello Spirito Santo” [Concilio Lateranense (649): Denz. -Schönm., 503]. Nel concepimento verginale i Padri ravvisano il segno che si tratta veramente del Figlio di Dio, il quale è venuto in una umanità come la nostra:

Così, sant'Ignazio di Antiochia (inizio II secolo): “Voi siete fermamente persuasi riguardo a nostro Signore che è veramente della stirpe di Davide secondo la carne, [Cf ⇒ Rm 1,3 ] Figlio di Dio secondo la volontà e la potenza di Dio, [Cf ⇒ Gv 1,13 ] veramente nato da una Vergine, . . . veramente è stato inchiodato [alla croce] per noi, nella sua carne, sotto Ponzio Pilato. . . Veramente ha sofferto, così come veramente è risorto” [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Smyrnaeos, 1-2].

497 I racconti evangelici [Cf ⇒ Mt 1,18-25; 497 ⇒ Lc 1,26-38 ] considerano la concezione verginale un'opera divina che supera ogni comprensione e ogni possibilità umana: [Cf ⇒ Lc 1,34 ] “Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo”, dice l'angelo a Giuseppe riguardo a Maria, sua sposa (⇒ Mt 1,20). La Chiesa vede in ciò il compimento della promessa divina fatta per bocca del profeta Isaia: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio” [⇒ Is 7,14, secondo la traduzione greca di ⇒ Mt 1,23 ].

498 Il silenzio del Vangelo secondo san Marco e delle Lettere del Nuovo Testamento sul concepimento verginale di Maria è stato talvolta causa di perplessità. Ci si è potuto anche chiedere se non si trattasse di leggende o di elaborazioni teologiche senza pretese di storicità. A ciò si deve rispondere: La fede nel concepimento verginale di Gesù ha incontrato vivace opposizione, sarcasmi o incomprensione da parte dei non-credenti, giudei e pagani: [Cf San Giustino, Dialogus cum Tryphone Judaeo, 99, 7; Origene, Contra Celsum, 1, 32. 69; e. a] essa non trovava motivo nella mitologia pagana né in qualche adattamento alle idee del tempo. Il senso di questo avvenimento è accessibile soltanto alla fede, la quale lo vede in quel “nesso che lega tra loro i vari misteri”, [Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3016] nell'insieme dei Misteri di Cristo, dalla sua Incarnazione alla sua Pasqua. Sant'Ignazio di Antiochia già testimonia tale legame: “Il principe di questo mondo ha ignorato la verginità di Maria e il suo parto, come pure la morte del Signore: tre Misteri sublimi che si compirono nel silenzio di Dio” [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 19, 1; cf ⇒ 1Cor 2,8 ].

Maria “sempre Vergine”

499 L'approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a confessare la verginità reale e perpetua di Maria [Cf Concilio di Costantinopoli II: Denz.-Schönm., 427] anche nel parto del Figlio di Dio fatto uomo [Cf San Leone Magno, Lettera Lectis dilectionis tuae: Denz.-Schönm., 291; 294; Pelagio I, Lettera Humani generis: ibid., 442; Concilio Lateranense (649): ibid., 503; Concilio di Toledo XVI: ibid., 571; Pio IV, Cost. Cum quorumdam hominum: ibid., 1880]. Infatti la nascita di Cristo “non ha diminuito la sua verginale integrità, ma l'ha consacrata” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 57]. La Liturgia della Chiesa celebra Maria come la “Aeiparthenos”, “sempre Vergine” [Cf ibid., 52].

500 A ciò si obietta talvolta che la Scrittura parla di fratelli e di sorelle di Gesù [Cf ⇒ Mc 3,31-35; 500 ⇒ Mc 6,3; ⇒ 1Cor 9,5; ⇒ Gal 1,19 ]. La Chiesa ha sempre ritenuto che tali passi non indichino altri figli della Vergine Maria: infatti Giacomo e Giuseppe, “fratelli di Gesù” (⇒ Mt 13,55) sono i figli di una Maria discepola di Cristo, [Cf ⇒ Mt 27,56 ] la quale è designata in modo significativo come “l'altra Maria” (⇒ Mt 28,1). Si tratta di parenti prossimi di Gesù, secondo un'espressione non inusitata nell'Antico Testamento [Cf ⇒ Gen 13,8; ⇒ Gen 14,16; ⇒ Gen 29,15; ecc...].

501 Gesù è l'unico Figlio di Maria. Ma la maternità spirituale di Maria [Cf ⇒ Gv 19,26-27; ⇒ Ap 12,17 ] si estende a tutti gli uomini che egli è venuto a salvare: “Ella ha dato alla luce un Figlio, che Dio ha fatto “il primogenito di una moltitudine di fratelli” (⇒ Rm 8,29), cioè dei fedeli, e alla cui nascita e formazione ella coopera con amore di madre” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63].

La maternità verginale di Maria nel disegno di Dio

502 Lo sguardo della fede può scoprire, in connessione con l'insieme della Rivelazione, le ragioni misteriose per le quali Dio, nel suo progetto salvifico, ha voluto che suo Figlio nascesse da una Vergine. Queste ragioni riguardano tanto la Persona e la missione redentrice di Cristo, quanto l'accettazione di tale missione da parte di Maria in favore di tutti gli uomini.

503 La verginità di Maria manifesta l'iniziativa assoluta di Dio nell'Incarnazione. Gesù come Padre non ha che Dio [Cf ⇒ Lc 2,48-49 ]. “La natura umana che egli ha assunto non l'ha mai separato dal Padre. . . Per natura Figlio del Padre secondo la divinità, per natura Figlio della Madre secondo l'umanità, ma propriamente Figlio di Dio nelle sue due nature” [Concilio del Friuli (796): Denz. -Schönm., 619].

504 Gesù è concepito per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria perché egli è il nuovo Adamo [Cf ⇒ 1Cor 15,45 ] che inaugura la nuova creazione: “Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo” (⇒ 1Cor 15,47). L'umanità di Cristo, fin dal suo concepimento, è ricolma dello Spirito Santo perché Dio gli “dà lo Spirito senza misura” (⇒ Gv 3,34). “Dalla pienezza” di lui, capo dell'umanità redenta, [Cf ⇒ Col 1,18 ] “noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (⇒ Gv 1,16).

505 Gesù, il nuovo Adamo, inaugura con il suo concepimento verginale la nuova nascita dei figli di adozione nello Spirito Santo per la fede. “Come è possibile?” (⇒ Lc 1,34) [Cf ⇒ Gv 3,9 ]. La partecipazione alla vita divina non proviene “da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio” (⇒ Gv 1,13). L'accoglienza di questa vita è verginale perché è interamente donata all'uomo dallo Spirito. Il senso sponsale della vocazione umana in rapporto a Dio [Cf ⇒ 2Cor 11,2 ] si compie perfettamente nella maternità verginale di Maria.

506 Maria è vergine perché la sua verginità è il segno della sua fede “che non era alterata da nessun dubbio” e del suo totale abbandono alla volontà di Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63 e ⇒ 1Cor 7,34-35]. Per la sua fede ella diviene la Madre del Salvatore: “Beatior est Maria percipiendo fidem Christi quam concipiendo carnem Christi-Maria è più felice di ricevere la fede di Cristo che di concepire la carne di Cristo” [Sant'Agostino, De sancta virginitate, 3: PL 40, 398].

507 Maria è ad un tempo vergine e madre perché è la figura e la realizzazione più perfetta della Chiesa: [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 63] “La Chiesa. . . per mezzo della Parola di Dio accolta con fedeltà diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il Battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio. Essa pure è la vergine che custodisce integra e pura la fede data allo Sposo” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 64].


IN SINTESI

508 Nella discendenza di Eva, Dio ha scelto la Vergine Maria perché fosse la Madre del suo Figlio. “Piena di grazia”, ella è “il frutto più eccelso della Redenzione” : [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 103] fin dal primo istante del suo concepimento, è interamente preservata da ogni macchia del peccato originale ed è rimasta immune da ogni peccato personale durante tutta la sua vita.

509 Maria è veramente “Madre di Dio”, perché è la Madre del Figlio eterno di Dio fatto uomo, Dio lui stesso.

510 Maria è rimasta “Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel parto, Vergine incinta, Vergine madre, Vergine perpetua” : [Sant'Agostino, Sermones, 186, 1: PL 38, 999] con tutto il suo essere, ella è “la serva del Signore” (⇒ Lc 1,38).

511 Maria Vergine “cooperò alla salvezza dell'uomo con libera fede e obbedienza” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 56]. Ha detto il suo “fiat” “loco totius humanae naturae - in nome di tutta l'umanità” : [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 30, 1] per la sua obbedienza, è diventata la nuova Eva, madre dei viventi.