martedì 30 novembre 2010

Qoèlet - Undicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con il libro sapienziale del Qoèlet, con le parole dell'omonimo autore, figlio del Re Davide. Oggi meditiamo l'undicesimo capitolo:
 

1Getta il tuo pane sulle acque, perché con il tempo lo ritroverai. 2Fanne sette od otto parti, perché non sai quale sciagura potrà succedere sulla terra.

3Se le nubi sono piene di acqua,
la rovesciano sopra la terra;
se un albero cade a sud o a nord,
là dove cade rimane.
4Chi bada al vento non semina mai
e chi osserva le nuvole non miete.

5Come ignori per qual via lo spirito entra nelle ossa dentro il seno d'una donna incinta, così ignori l'opera di Dio che fa tutto.

6La mattina semina il tuo seme
e la sera non dar riposo alle tue mani,
perché non sai qual lavoro riuscirà,
se questo o quello
o se saranno buoni tutt'e due.

7Dolce è la luce
e agli occhi piace vedere il sole.
8Anche se vive l'uomo per molti anni
se li goda tutti,
e pensi ai giorni tenebrosi, che saranno molti:
tutto ciò che accade è vanità.
9Sta' lieto, o giovane, nella tua giovinezza,
e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù.
Segui pure le vie del tuo cuore
e i desideri dei tuoi occhi.
Sappi però che su tutto questo
Dio ti convocherà in giudizio.
10Caccia la malinconia dal tuo cuore,
allontana dal tuo corpo il dolore,
perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.

COMMENTO 

Questo passo dell'Ecclesiaste mostra almeno due punti importanti: il primo chiama al servizio di Dio e il secondo richiama il tempo della giovinezza. Partiamo dal primo punto: le prime parole di questo passo sono difficili, quasi criptate, eppure c'è qualcosa che richiama alla mente il servizio a favore di Dio, inteso quasi come la semina che si compie attraverso un'opera di evangelizzazione. Infatti, l'autore sembra voler dire di gettar la semina nei cuori degli uomini perchè prima o poi, se ne vedranno i frutti. Difatti, nessuno sa ciò che avviene nel futuro e quindi non bisogna sprecare il proprio tempo, rinviando giorno dopo giorno, il servizio al quale siamo chiamati. Perchè alla fine, chi ha paura o attende il momento giusto "non semina mai" e "non miete".
Ecco perchè dobbiamo non aspettare il tempo giusto, ma cominciare a seminare anche se è difficile e anche se all'inizio può sembrare improduttivo: questo perchè se non lo facciamo oggi, rischiamo di non farlo più anche perchè potrebbe benissimo giungere la nostra ora. E quando si sarà dinanzi al Tribunale di Gesù Cristo, non si potrà dire di non aver avuto tempo o di aver voluto attendere un tempo migliore...

Il secondo punto è un apparente richiamo al tempo della giovinezza, un tempo spensierato dove di solito si danno sfogo ai propri istinti e ai propri desideri: non a caso, è proprio il tempo adolescenziale quello più controverso, perchè lo sviluppo del corpo chiude gli occhi sullo sviluppo dello spirito e in questo tempo si commettono, in genere, i peccati più gravi legati alla carne. Oggigiorno, tutto è maggiormente amplificato a causa della sindrome lussuriosa che ha colpito la nostra società, ormai tesa sempre più verso la giustificazione di ogni tipo di perversione sessuale, inclusi l'autoerotismo e la pornografia (dimenticandosi cosa si nasconde dietro questo mondo di perversione e cioè la sofferenza psico-fisica degli attori/attrici i quali, in maggior parte, muoiono giovani e in mal modo).
Bene, il Qoélet dice di godere questo periodo di spensieratezza poiché è un periodo breve, che ha la durata di un soffio: ma allo stesso tempo, ci ricorda che anche queste azioni, sebbene compiute in un tempo di giovinezza, sarà sottoposte al vaglio del giudizio finale di Dio. In altre parole, il messaggio è: vivi con gioia questo periodo breve e di grande energia, ma senza dimenticare che Dio ti vede sempre e ti chiama comunque ad una vita assennata, giusta e che non rischi di compromettersi per sempre, legandosi al peccato. 

lunedì 29 novembre 2010

I Proverbi - Undicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con il libro dei Proverbi giunto all'undicesimo capitolo che prosegue con i pensieri sapienziali di re Salomone.

1La bilancia falsa è in abominio al Signore,
ma del peso esatto egli si compiace.
2Viene la superbia, verrà anche l'obbrobrio,
mentre la saggezza è presso gli umili.
3L'integrità degli uomini retti li guida,
la perversità dei perfidi li rovina.
4Non serve la ricchezza nel giorno della collera,
ma la giustizia libera dalla morte.
5La giustizia dell'uomo onesto gli spiana la via;
per la sua empietà cade l'empio.
6La giustizia degli uomini retti li salva,
nella cupidigia restano presi i perfidi.
7Con la morte dell'empio svanisce ogni sua speranza,
la fiducia dei malvagi scompare.
8Il giusto sfugge all'angoscia,
al suo posto subentra l'empio.
9Con la bocca l'empio rovina il suo prossimo,
ma i giusti si salvano con la scienza.
10Della prosperità dei giusti la città si rallegra,
per la scomparsa degli empi si fa festa.
11Con la benedizione degli uomini retti si innalza una città,
la bocca degli empi la demolisce.
12Chi disprezza il suo prossimo è privo di senno,
l'uomo prudente invece tace.
13Chi va in giro sparlando svela il segreto,
lo spirito fidato nasconde ogni cosa.
14Senza una direzione un popolo decade,
il successo sta nel buon numero di consiglieri.
15Chi garantisce per un estraneo si troverà male,
chi avversa le strette di mano a garanzia, vive tranquillo.
16Una donna graziosa ottiene gloria,
ma gli uomini laboriosi acquistano ricchezza.
17Benefica se stesso l'uomo misericordioso,
il crudele invece tormenta la sua stessa carne.
18L'empio realizza profitti fallaci,
ma per chi semina la giustizia il salario è sicuro.
19Chi pratica la giustizia si procura la vita,
chi segue il male va verso la morte.
20I cuori depravati sono in abominio al Signore
che si compiace di chi ha una condotta integra.
21Certo non resterà impunito il malvagio,
ma la discendenza dei giusti si salverà.
22Un anello d'oro al naso d'un porco,
tale è la donna bella ma priva di senno.
23La brama dei giusti è solo il bene,
la speranza degli empi svanisce.
24C'è chi largheggia e la sua ricchezza aumenta,
c'è chi risparmia oltre misura e finisce nella miseria.
25La persona benefica avrà successo
e chi disseta sarà dissetato.
26Chi accaparra il grano è maledetto dal popolo,
la benedizione è invocata sul capo di chi lo vende.
27Chi è sollecito del bene trova il favore,
chi ricerca il male, male avrà.
28Chi confida nella propria ricchezza cadrà;
i giusti invece verdeggeranno come foglie.
29Chi crea disordine in casa erediterà vento
e lo stolto sarà schiavo dell'uomo saggio.
30Il frutto del giusto è un albero di vita,
il saggio conquista gli animi.
31Ecco, il giusto è ripagato sulla terra,
tanto più lo saranno l'empio e il peccatore.

COMMENTO

Meditare ogni versetto di questo capitolo undicesimo, ci aiuta a comprendere questa celeste verità, quanto l'umile e il saggio e cioè l'uomo che fa la volontà di Dio vive nella prosperità e nella grazia perché benedetto dal Signore, camminando nella via che conduce alla vita eterna. Lo stolto, invece, l'uomo superficiale che rifiuta il Regno dei Cieli, il Regno dell'Amore vero e puro, vive scioccamente e si attira il male che fa. Anche nel libro dei Proverbi si conferma la purezza come requisito per la santità che sostiene quanti la praticano, mentre la depravazione manda l'uomo in rovina. Il Signore ama i giusti, gli uomini onesti che pur di non offendere il Padre e pur di non far del male al prossimo, preferiscono vivere in povertà e in bassezza; sono questi gli uomini che il Signore ama e benedice, innalza e conforta. Gli uomini che creano disordine vivranno nelle inquietudini a differenza del giusto che vive sereno pur nonostante le difficoltà e i dolori della presente vita. I giusti con la loro bocca risanano le ferite morali di chi è vittima delle ingiustizie terrene, a differenza degli stolti che aggravano il dolore negli animi sensibili. La via della giustizia e della misericordia rende uomini integri e graditi all'Onnipotente che dona ai Suoi diletti l'eredità della gioia e della vita senza fine in Cristo. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia, dice il Signore. Benefica se stesso l'uomo misericordioso dice il versetto 17, perché chi perdona sarà perdonato dal Signore. Ecco perché Gesù chiamò beati coloro che perdonano. La ricchezza materiale è inutile perché questa non permette all'anima di salvarsi, ma è la giustizia, cioè l'essere anime che osservano la parola del Signore che ci fa ottenere salvezza dal Padre, per questo il versetto 4 dice: Non serve la ricchezza nel giorno della collera, ma la giustizia libera dalla morte. Tutti gli uomini che pensano di vivere in eterno solo perché possiedono tanti beni materiali fanno dei ragionamenti sciocchi poiché solo chi è umile e giusto davanti al Signore riceverà in premio la vita eterna. Oggi i ricchi si prendono gioco di chi ha il bisogno di essere aiutato, ma la parabola di Gesù sul ricco e il povero Lazzaro, ci presenta nella semplicità la realtà spirituale dei superbi e degli umili: il primo e cioè il ricco, riceve la condanna eterna, mentre il secondo e cioè il povero vive saziandosi in eterno. Gesù ha utilizzato un'immagine semplice per fare entrare il concetto di condanna e vita eterna nelle menti non ancora preparate, lo Spirito Santo che è Spirito di Verità ha successivamente fatto comprendere il significato delle parole di Cristo, aprendo le menti alla comprensione della verità dei Cieli . Dunque meglio vivere in miseria ma nell'integrità di spirito anziché essere ricchi, vivere nel benessere con un cuore duro e stolto, perché la Sapienza e la Salvezza sono riservate  agli umili e ai giusti. Sia questo un monito che accompagni le nuove generazioni: I cuori depravati sono in abominio al Signore che si compiace di chi ha una condotta integra. Infatti gli impuri e gli immorali sono disprezzati dal Signore, mentre i giusti, i puri, gli uomini umili e beati sono amati ed esaltati da Colui che è Santo, Giusto e Misericordioso. I santi con la loro vita ci hanno mostrato la realtà annunciata da Cristo; essi infatti hanno osservato i comandamenti del Signore, vivendo in semplicità, ma quanto sono stati esaltati poi! Il loro nome non è stato dimenticato e le loro anime sono al cospetto di Dio, qual premio per la loro fedeltà. Se Francesco Bernardone non avesse scelto di spogliarsi per Cristo, oggi il suo nome sarebbe caduto nel dimenticatoio, invece egli è ricordato perché è stato umilissimo e poverissimo, stiamo infatti parlando di San Francesco d'Assisi. Se Francesco avesse continuato la sua carriera terrena, nessuno se lo sarebbe ricordato, invece spogliandosi totalmente, Cristo lo ha innalzato e ancora oggi noi ricordiamo il suo nome poiché egli è vivo presso il Dio vivente e il suo nome è presente! Viviamo in umiltà e povertà sull'esempio del poverello di Assisi perché solo così saremo graditi ed esaltati dal Signore nostro Dio che vive e regna nei secoli dei secoli.

domenica 28 novembre 2010

Il Libro di Giobbe - Undicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con Il Libro di Giobbe che continua il suo racconto con la risposta di Giobbe all'amico Zofar il Naamatita:

1Ecco, tutto questo ha visto il mio occhio,
l'ha udito il mio orecchio e l'ha compreso.
2Quel che sapete voi, lo so anch'io;
non sono da meno di voi.
3Ma io all'Onnipotente vorrei parlare,
a Dio vorrei fare rimostranze.
4Voi siete raffazzonatori di menzogne,
siete tutti medici da nulla.
5Magari taceste del tutto!
sarebbe per voi un atto di sapienza!
6Ascoltate dunque la mia riprensione
e alla difesa delle mie labbra fate attenzione.
7Volete forse in difesa di Dio dire il falso
e in suo favore parlare con inganno?
8Vorreste trattarlo con parzialità
e farvi difensori di Dio?
9Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse?
Come s'inganna un uomo, credete di ingannarlo?
10Severamente vi redarguirà,
se in segreto gli siete parziali.
11Forse la sua maestà non vi incute spavento
e il terrore di lui non vi assale?
12Sentenze di cenere sono i vostri moniti,
difese di argilla le vostre difese.
13Tacete, state lontani da me: parlerò io,
mi capiti quel che capiti.
14Voglio afferrare la mia carne con i denti
e mettere sulle mie mani la mia vita.
15Mi uccida pure, non me ne dolgo;
voglio solo difendere davanti a lui la mia condotta!
16Questo mi sarà pegno di vittoria,
perché un empio non si presenterebbe davanti a lui.
17Ascoltate bene le mie parole
e il mio esposto sia nei vostri orecchi.
18Ecco, tutto ho preparato per il giudizio,
son convinto che sarò dichiarato innocente.
19Chi vuol muover causa contro di me?
Perché allora tacerò, pronto a morire.
20Solo, assicurami due cose
e allora non mi sottrarrò alla tua presenza;
21allontana da me la tua mano
e il tuo terrore più non mi spaventi;
22poi interrogami pure e io risponderò
oppure parlerò io e tu mi risponderai.
23Quante sono le mie colpe e i miei peccati?
Fammi conoscere il mio misfatto e il mio peccato.
24Perché mi nascondi la tua faccia
e mi consideri come un nemico?
25Vuoi spaventare una foglia dispersa dal vento
e dar la caccia a una paglia secca?
26Poiché scrivi contro di me sentenze amare
e mi rinfacci i miei errori giovanili;
27tu metti i miei piedi in ceppi,
spii tutti i miei passi
e ti segni le orme dei miei piedi.
28Intanto io mi disfò come legno tarlato
o come un vestito corroso da tignola.

COMMENTO 
 

Giobbe continua la sua risposta, rivolgendosi stavolta ad entrambi gli amici, sia Bildad e sia Zofar: il suo è un forte rimprovero poiché essi hanno mantenuto posizioni di menzogna e inganno, continuando ad attaccarlo senza sapere e senza conoscere la loro condotta. In effetti, l'errore commesso da Bildad e Zofar consiste proprio nell'aver accusato senza conoscere e nel difendere Dio senza pensarci, ma con menzogna e inganno, dimenticandosi che Dio non ama la difesa basata sull'inganno e sul pregiudizio. Noi avevamo già detto all'inizio che l'errore di entrambi verteva sul fatto che non tutto è come sembra: non è detto che il giusto sia esente da sventure così come non è detto che le sventure accadono solo agli empi. Gesù confermò questa visione di cose: « O quei diciotto sui quali cadde la torre di Siloe e li uccise, pensate voi che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico: ma, se non vi ravvedete, tutti al par di loro perirete ». 

Ecco, dalle parole di Gesù traiamo l'insegnamento di guardare oltre le apparenze e di non giudicare con cuore freddo, senza guardare gli eventi e il cuore delle situazioni. In questo caso, Bildad e Zofar non hanno avuto amore, hanno pensato secondo pregiudizio e non hanno basato il loro giudizio su dati incontrovertibili. Fa bene Giobbe a riprenderli e finalmente lo vediamo anche chiedere il giudizio di Dio. Giobbe trova, infatti, il coraggio di esporsi, di chiedere a Dio di poter esser giudicato direttamente da Lui poiché solo Lui è retto nei giudizi: e se sarà trovato colpevole, non si sottrarrà e sarà pronto a morire. E' da ammirare questo comportamento di Giobbe che si affida totalmente, in sicurezza, al giudizio di Dio, conscio che solo Lui è in grado di trovare le colpe e di vedere se un uomo conduce una vita empia o giusta. Giobbe sa di non aver percorso la via degli empi e quindi si affida sicuro al giudizio dell'Altissimo, preparandosi anche nel caso in cui Dio trovi in lui il peccato, conscio che a volte il peccato sfugge ai nostri occhi umani. Settimana prossima vedremo il continuo di questo giudizio e vedremo cosa Giobbe avrà da dire in sua difesa.  

sabato 27 novembre 2010

Il Sabato dei Salmi - Salmo 31 (30) - Preghiera nella prova

Salmo 31 (30)

Preghiera nella prova 
[1]Al maestro del coro.Salmo. Di Davide. 

[2]In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
per la tua giustizia salvami. 

[3]Porgi a me l'orecchio,
vieni presto a liberarmi.
Sii per me la rupe che mi accoglie,
la cinta di riparo che mi salva. 

[4]Tu sei la mia roccia e il mio baluardo,
per il tuo nome dirigi i miei passi.
[5]Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa. 

[6]Mi affido alle tue mani;
tu mi riscatti, Signore, Dio fedele.
[7]Tu detesti chi serve idoli falsi,
ma io ho fede nel Signore.
[8]Esulterò di gioia per la tua grazia,
perché hai guardato alla mia miseria,
hai conosciuto le mie angosce;
[9]non mi hai consegnato nelle mani del nemico,
hai guidato al largo i miei passi. 

[10]Abbi pietà di me, Signore, sono nell'affanno;
per il pianto si struggono i miei occhi,
la mia anima e le mie viscere.
[11]Si consuma nel dolore la mia vita,
i miei anni passano nel gemito;
inaridisce per la pena il mio vigore,
si dissolvono tutte le mie ossa. 

[12]Sono l'obbrobrio dei miei nemici,
il disgusto dei miei vicini,
l'orrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
[13]Sono caduto in oblio come un morto,
sono divenuto un rifiuto.
[14]Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita. 

[15]Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
[16]nelle tue mani sono i miei giorni».
Liberami dalla mano dei miei nemici,
dalla stretta dei miei persecutori:
[17]fà splendere il tuo volto sul tuo servo,
salvami per la tua misericordia. 

[18]Signore, ch'io non resti confuso, perché ti ho invocato;
siano confusi gli empi, tacciano negli inferi.
[19]Fà tacere le labbra di menzogna,
che dicono insolenze contro il giusto
con orgoglio e disprezzo. 

[20]Quanto è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per coloro che ti temono,
ne ricolmi chi in te si rifugia
davanti agli occhi di tutti.
[21]Tu li nascondi al riparo del tuo volto,
lontano dagli intrighi degli uomini;
li metti al sicuro nella tua tenda,
lontano dalla rissa delle lingue. 

[22]Benedetto il Signore,
che ha fatto per me meraviglie di grazia
in una fortezza inaccessibile.
[23]Io dicevo nel mio sgomento:
«Sono escluso dalla tua presenza».
Tu invece hai ascoltato la voce della mia preghiera
quando a te gridavo aiuto. 

[24]Amate il Signore, voi tutti suoi santi;
il Signore protegge i suoi fedeli
e ripaga oltre misura l'orgoglioso.
[25]Siate forti, riprendete coraggio,
o voi tutti che sperate nel Signore.

COMMENTO

Questo Salmo è ideale per coloro che vivono nella tremenda notte dell'anima, il momento della prova nella quale siamo angosciati e non sentiamo accanto a noi la presenza del Signore che c'è sempre e mai ci lascia un solo istante. Dobbiamo imparare a confidare sempre nel Signore, anche quando sentiamo nel nostro cuore l'aridità. La prova è in questo: credere pur non vedendo, e chi crede senza vedere è beato, come dice il Signore: "beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20,29). Scrive Sant'Alfonso Maria de' Liguori nella sua opera Verità della Fede: E qui si ammira la divina provvidenza in aver disposto che da una parte le verità della fede sieno a noi nascoste, affinché meritiamo nel crederle; e dall'altra parte i motivi di credere ch'ella sia l'unica vera fede, sieno evidenti, affinché gl'increduli non abbiano scusa, se non vogliono seguirla. Credere e confidare in Cristo nella prova è il primo passo verso il trionfo sulle tenebre, il primo passo che ci apre i sensi spirituali per percepire la presenza del Signore nel nostro cuore. Nei versetti 15 e 17 leggiamo rispettivamente "ma io confido in te, Signore", "salvami per la tua misericordia". Queste parole ci ricordano il culto della Divina Misericordia che il Signore ci ha donato nella Sua grande bontà: Gesù confido in Te! Confidare nella Divina Misericordia del Signore è un rifugio sicuro nel quale troveremo presto il sollievo. San Davide Re ci ricorda che siamo uomini deboli nelle mani del Signore e soltanto in Lui dobbiamo confidare e in nessun altro. Non confidiamo negli idoli falsi del mondo, ma solo nell'unico nostro vero Signore che è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo dal quale noi tutti siamo stati rigenerati. L'umile troverà sempre rifugio nella Divina Misericordia del Signore: facciamoci piccoli e umili e il Signore non nasconderà da noi il Suo Santo Volto.


venerdì 26 novembre 2010

Siracide - Decimo appuntamento

Torna l'appuntamento con il Siracide giunto al decimo capitolo:
 

1Un governatore saggio educa il suo popolo,
l'autorità di un uomo assennato sarà ben ordinata.
2Quale il governatore del popolo, tali i suoi ministri;
quale il capo di una città, tali tutti gli abitanti.
3Un re senza formazione rovinerà il suo popolo;
una città prospererà per il senno dei capi.
4Il governo del mondo è nelle mani del Signore;
egli vi susciterà al momento giusto l'uomo adatto.
5Il successo dell'uomo è nelle mani del Signore,
che investirà il magistrato della sua autorità.

6Non crucciarti con il tuo prossimo per un torto qualsiasi;
non far nulla in preda all'ira.
7Odiosa al Signore e agli uomini è la superbia,
all'uno e agli altri è in abominio l'ingiustizia.
8L'impero passa da un popolo a un altro
a causa delle ingiustizie, delle violenze e delle ricchezze.
9Perché mai si insuperbisce chi è terra e cenere?
Anche da vivo le sue viscere sono ripugnanti.
10La malattia è lunga, il medico se la ride;
chi oggi è re, domani morirà.
11Quando l'uomo muore eredita insetti, belve e vermi.
12Principio della superbia umana è allontanarsi dal Signore,
tenere il proprio cuore lontano da chi l'ha creato.
13Principio della superbia infatti è il peccato;
chi vi si abbandona diffonde intorno a sé l'abominio.
Per questo il Signore rende incredibili i suoi castighi
e lo flagella sino a finirlo.
14Il Signore ha abbattuto il trono dei potenti,
al loro posto ha fatto sedere gli umili.

COMMENTO

 Il Siracide di oggi si sofferma sui governanti delle terre di questo mondo. Ed afferma chiaramente che uno dei principali connotati di un governatore è la saggezza: non a caso, uno dei migliori governatori della storia è stato proprio il Re Salomone il quale ha governato con rettitudine il suo popolo, rendendosi protagonista anche della costruzione del Tempio dedicato a Dio.  
Al contrario, un re senza sapienza e senza formazione porta il suo popolo alla rovina: e purtroppo, ne abbiamo visti molti di sovrani, di governatori e di imperatori che hanno portato alla rovina il loro popolo, a causa della pazzia: se diamo uno sguardo agli ultimi tempi, pensiamo ai dittatori come Hitler in Germania e Mussolini in Italia i quali, a causa della loro pazzia, hanno portato i rispettivi Paesi sull'orlo della distruzione. Ecco, un sovrano che non si lascia guidare dalla Sapienza, è un sovrano che non porterà mai frutto: ma se quel sovrano, riconoscerà di esser stolto e di aver bisogno di affidarsi alla Sapienza, allora sarà in grado di governare rettamente il proprio popolo.
Ma il problema, che il Siracide fa capire in maniera egregia, consiste nel fatto che l'uomo che si siede sulla sedia del potere, rischia di lasciarsi travolgere dall'onta della superbia. Infatti, il potere è sempre una fonte di tentazione molto forte e una volta che si tocca, si rischia di perdere il senno e di lasciarsi prendere da manie di grandezza, come spesso accade, anche ai giorni nostri. Difatti, ciò che alimenta il contrasto e la separazione tra istituzioni e popolo consiste, molte volte, nella superbia dei governanti che guidano le istituzioni. E questa superbia dell'esser migliore della controparte (o per dirla alla politichese, dell'opposizione) contamina gli animi al punto da far perdere di vista il bene reale di cui ha bisogno il popolo. Oggi, in Italia, vediamo una situazione simile, con la superbia che ha traviato cuori e menti dei politici al punto da far perdere di vista, l'interesse primario del Paese.
Ma tutto questo è in abominio al Signore ed infatti, nessun sovrano, o meglio nessuna dinastia, è rimasta per sempre al potere: il destino dei governanti della storia è sempre stato quello di cadere, di esser rovesciati dai troni. Anche perchè, ove non giunge la caduta dal trono, giunge la morte! Il destino dei re è pur sempre lo stesso di qualsiasi uomo di questa terra e cioè di tornare cenere. E giustamente nel Siracide vediamo porre una domanda giusta: perchè si insuperbiscono se il loro destino sarà comunque quello della morte? Non sanno che anche loro saranno giudicati al pari del loro servo? O forse pensano che Dio giudichi secondo la ricchezza e non secondo Giustizia? I governanti di ogni generazione saranno trattati come esseri umani che hanno compiuto il loro pellegrinaggio sulla terra e ove la Giustizia richiederà la loro condanna, allora saranno condannati e nessuno verrà in loro soccorso.
  Il Signore odia la superbia e vede come i governanti si corrompono e per questo li castiga, perchè "... chi si esalta, sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato". 

giovedì 25 novembre 2010

Catechismo della Chiesa Cattolica - II parte

Prosegue l'appuntamento con il Catechismo della Chiesa Cattolica che abbiamo iniziato la settimana scorsa. Oggi proseguiamo con il III e IV capitolo della prefazione. Prima di cominciare a leggere chiediamo al Padre lo Spirito Santo perché possiamo comprendere e custodire nel nostro cuore gli insegnamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica che approfondisce la Rivelazione di Cristo sempre per Sua grazia per aiutarci a intraprendere con più slancio il cammino verso la santità.


Pace e bene e buona meditazione.




III. Lo scopo e i destinatari di questo catechismo


11 Questo catechismo ha lo scopo di presentare una esposizione organica e sintetica dei contenuti essenziali e fondamentali della dottrina cattolica sia sulla fede che sulla morale, alla luce del Concilio Vaticano II e dell'insieme della Tradizione della Chiesa. Le sue fonti principali sono la Sacra Scrittura, i Santi Padri, la Liturgia e il Magistero della Chiesa. Esso è destinato a servire come “un punto di riferimento per i catechismi o compendi che vengono preparati nei diversi paesi” [Sinodo dei Vescovi 1985, Relazione finale II B a 4].


12 Questo catechismo è destinato principalmente ai responsabili della catechesi: in primo luogo ai vescovi, quali maestri della fede e pastori della Chiesa. Viene loro offerto come strumento nell'adempimento del loro compito di insegnare al Popolo di Dio. Attraverso i vescovi, si rivolge ai redattori dei catechismi, ai presbiteri e ai catechisti. Sarà di utile lettura anche per tutti gli altri fedeli cristiani.





IV. La struttura di questo catechismo


13 Il piano di questo catechismo si ispira alla grande tradizione dei catechismi che articolano la catechesi attorno a quattro “pilastri”: la professione della fede battesimale (il Simbolo), i sacramenti della fede, la vita di fede (i comandamenti), la preghiera del credente (il “Padre nostro”).


Parte prima: La professione della fede


14 Coloro che per la fede e il Battesimo appartengono a Cristo devono confessare la loro fede battesimale davanti agli uomini [Cf  Mt 10,32;  Rm 10,9 ]. Perciò, il catechismo espone anzitutto in che cosa consiste la Rivelazione, per mezzo della quale Dio si rivolge e si dona all'uomo, e la fede, per mezzo della quale l'uomo risponde a Dio (sezione prima). Il Simbolo della fede riassume i doni che Dio fa all'uomo come Autore di ogni bene, come Redentore, come Santificatore, e li articola attorno ai “tre capitoli” del nostro Battesimo, e cioè la fede in un solo Dio: il Padre Onnipotente, il Creatore; e Gesù Cristo, suo Figlio, nostro Signore e Salvatore; e lo Spirito Santo, nella santa Chiesa (sezione seconda).


Parte seconda: I sacramenti della fede


15 La parte seconda del catechismo espone come la salvezza di Dio, realizzata una volta per tutte da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo, è resa presente nelle azioni sacre della Liturgia della Chiesa (sezione prima), particolarmente nei sette sacramenti (sezione seconda).


Parte terza: La vita della fede


16 La parte terza del catechismo presenta il fine ultimo dell'uomo, creato ad immagine di Dio: la beatitudine e le vie per giungervi: un agire retto e libero, con l'aiuto della legge e della grazia di Dio (sezione prima); un agire che realizza il duplice comandamento della carità, esplicitato nei dieci comandamenti di Dio (sezione seconda).


Parte quarta: La preghiera nella vita della fede


17 L'ultima parte del catechismo tratta del senso e dell'importanza della preghiera nella vita dei credenti (sezione prima). Si conclude con un breve commento alle sette domande della preghiera del Signore (sezione seconda). In esse troviamo infatti l'insieme dei beni che dobbiamo sperare e che il nostro Padre celeste ci vuole concedere.


mercoledì 24 novembre 2010

Sapienza - Decimo appuntamento

Prosegui l'appuntamento con il Libro della Sapienza per riflettere sulla ricchezza spirituale che Essa ci porta con la Sua presenza
 
1Essa fece riuscire le loro imprese
per mezzo di un santo profeta:
2attraversarono un deserto inospitale,
fissarono le tende in terreni impraticabili,
3resistettero agli avversari, respinsero i nemici.

4Quando ebbero sete, ti invocarono
e fu data loro acqua da una rupe scoscesa,
rimedio contro la sete da una dura roccia.
5Ciò che era servito a punire i loro nemici,
nel bisogno fu per loro un beneficio.
6Invece della corrente di un fiume perenne,
sconvolto da putrido sangue
7in punizione di un decreto infanticida,
tu desti loro inaspettatamente acqua abbondante,
8mostrando per la sete di allora,
come avevi punito i loro avversari.
9Difatti, messi alla prova, sebbene puniti con misericordia,
compresero quali tormenti avevan sofferto gli empi,
giudicati nella collera,
10perché tu provasti gli uni come un padre che corregge,
mentre vagliasti gli altri come un re severo che condanna.
11Lontani o vicini erano ugualmente tribolati,
12perché un duplice dolore li colse
e un pianto per i ricordi del passato.
13Quando infatti seppero che dal loro castigo
quegli altri ricevevano benefici,
sentirono la presenza del Signore;
14poiché colui che avevano una volta esposto
e quindi respinto con scherni,
lo ammiravano alla fine degli eventi,
dopo aver patito una sete ben diversa da quella dei giusti.

15Per i ragionamenti insensati della loro ingiustizia,
da essi ingannati, venerarono
rettili senza ragione e vili bestiole.
Tu inviasti loro in castigo
una massa di animali senza ragione,
16perché capissero che con quelle stesse cose
per cui uno pecca, con esse è poi castigato.
17Certo, non aveva difficoltà la tua mano onnipotente,
che aveva creato il mondo da una materia senza forma,
a mandare loro una moltitudine di orsi e leoni feroci
18o belve ignote, create apposta, piene di furore,
o sbuffanti un alito infuocato
o esalanti vapori pestiferi
o folgoranti con le terribili scintille degli occhi,
19bestie di cui non solo l'assalto poteva sterminarli,
ma annientarli anche l'aspetto terrificante.
20Anche senza questo potevan soccombere con un soffio,
perseguitati dalla giustizia
e dispersi dallo spirito della tua potenza.
Ma tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso.

21Prevalere con la forza ti è sempre possibile;
chi potrà opporsi al potere del tuo braccio?
22Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.
23Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi,
non guardi ai peccati degli uomini,
in vista del pentimento.
24Poiché tu ami tutte le cose esistenti
e nulla disprezzi di quanto hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata.
25Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?
O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza?
26Tu risparmi tutte le cose,
perché tutte son tue, Signore, amante della vita,


COMMENTO


Oggi vengono rievocati alcuni avvenimenti del passato e cioè il miracolo dell'acqua e le piaghe d'Egitto. All'inizio vediamo come la benevolenza di Dio abbia portato al miracolo dell'acqua nonostante fosse immeritata a causa della disobbedienza degli ebrei. MA in questo passo vediamo anche un riferimento alla legge del contrappasso: Dio, infatti, invece di dar loro acqua di un fiume perenne, diede loro all'improvviso acqua abbondante, mostrando come Egli aveva punito gli empi e quale sorta avevano provato. Difatti, il riferimento sembra essere alle acque che si chiusero sulla testa degli Egiziani che inseguivano il popolo ebraico in fuga, guidato dal bastone di Mosè. Dio fece dunque sgorgare acqua in maniera forte e abbondante, dando l'immagine di ciò che avevano provato gli empi, a causa della collera di Dio. E in questo modo, gli ebrei compresero la differenza tra il castigo della collera e il castigo della misericordia, cioè quello che infligge per amore, per portare il figlio alla correzione. Dio ha sempre punito chi amava, ma non perchè si divertiva, ma perchè volevo la correzione, in modo che costui si poteva ravvedere e tornare a Lui. 
Se Dio avesse odiato i suoi figli, non ci avrebbe messo molto a distruggerli tutti, come leggiamo in questo passo: anche con gli egizi Egli ha usato una forza minima, poiché se avesse voluto distruggere tutto, avrebbe potuto farlo in poco tempo. Dio ama il mondo e tutto ciò che ha creato e non vuole la sua distruzione: poiché se non l'avesse amato, chi avrebbe potuto fermare od opporsi ala potenza del Suo braccio? Se Dio avesse voluto distruggere l'impero egiziano nella sua totalità, chi avrebbe potuto fermarLo? Dio ha fatto solo il necessario per liberare il Suo popolo: solo a causa dell'odio e della durezza del cuore egizio, gli egizi hanno provato la collera di Dio, altrimenti Egli non li avrebbe mai toccati. 
Impariamo dunque una lezione importante, così come la impararono gli ebrei nel deserto: c'è una differenza tra la punizione frutto di collera e la punizione frutto di amore; la prima colpisce l'empio e il malvagio mentre la seconda colpisce il giusto che inciampa lungo il cammino. Ecco perchè le difficoltà vanno accettate così come le prove, perchè esse sono frutto di amore e significano che Dio ci è vicino e ci ama realmente!

martedì 23 novembre 2010

Qoèlet - Decimo appuntamento

Torna l'appuntamento con il libro sapienziale del Qoèlet, con le parole dell'omonimo autore, figlio del Re Davide. Oggi meditiamo il decimo capitolo:


1Una mosca morta guasta l'unguento del profumiere:
un po' di follia
può contare più della sapienza e dell'onore.
2La mente del sapiente si dirige a destra
e quella dello stolto a sinistra.

3Per qualunque via lo stolto cammini è privo di senno e di ognuno dice: "È un pazzo".
4Se l'ira d'un potente si accende contro di te, non lasciare il tuo posto, perché la calma placa le offese anche gravi.
5C'è un male che io ho osservato sotto il sole: l'errore commesso da parte di un sovrano: 6la follia vien collocata in posti elevati e gli abili siedono in basso. 7Ho visto schiavi a cavallo e prìncipi camminare a piedi come schiavi.
8Chi scava una fossa ci casca dentro
e chi disfà un muro è morso da una serpe.
9Chi spacca le pietre si fa male
e chi taglia legna corre pericolo.

10Se il ferro è ottuso e non se ne affila il taglio, bisogna raddoppiare gli sforzi; la riuscita sta nell'uso della saggezza. 11Se il serpente morde prima d'essere incantato, non c'è niente da fare per l'incantatore.
12Le parole della bocca del saggio procurano benevolenza,
ma le labbra dello stolto lo mandano in rovina:
13il principio del suo parlare è sciocchezza,
la fine del suo discorso pazzia funesta.

14L'insensato moltiplica le parole: "Non sa l'uomo quel che avverrà: chi gli manifesterà ciò che sarà dopo di lui?".
15La fatica dello stolto lo stanca;
poiché non sa neppure andare in città.
16Guai a te, o paese, che per re hai un ragazzo
e i cui prìncipi banchettano fin dal mattino!
17Felice te, o paese, che per re hai un uomo libero
e i cui prìncipi mangiano al tempo dovuto
per rinfrancarsi e non per gozzovigliare.
18Per negligenza il soffitto crolla
e per l'inerzia delle mani piove in casa.
19Per stare lieti si fanno banchetti
e il vino allieta la vita;
il denaro risponde a ogni esigenza.
20Non dir male del re neppure con il pensiero
e nella tua stanza da letto non dir male del potente,
perché un uccello del cielo trasporta la voce
e un alato riferisce la parola.

COMMENTO

Le parole che abbiamo appena letto ci mostrano una realtà che non è a noi sconosciuta, in particolar modo non è sconosciuta a noi cattolici che qualche volta ci è capitato di essere trattati da pazzi dagli uomini lontani dalla verità. Persino Gesù nostro Signore veniva visto come un pazzo dai Suoi parenti. Gli stolti che vivono nelle tenebre sono soliti utilizzare termini offensivi nei confronti di chi vive nella luce e quindi nella verità. Oggi se parliamo di purezza e castità suscitiamo stupore in chi invece vive tutti i giorni nel desiderio iniquo dell'impurità. Siamo trattati come dei pazzi quando in verità la purezza e la castità rappresenta il sigillo che mantiene intatta la nostra fedeltà al Signore e ci rende degni della Sua presenza. Gli stolti e cioè gli uomini che vivono nell'insensatezza, nel peccato e nel desiderio iniquo sono soliti schernire chi invece è integro davanti agli occhi del Signore. Anche i santi sono stati scherniti, sbeffeggiati. Mi viene in mente l'episodio di Sant'Antonio da Padova quando evangelizzava ai pesci e degli uomini dietro di lui lo deridevano, ma il Signore nella Sua benevolenza fece emergere a galla i pesci che ascoltavano le parole del Santo di Padova. Noi cristiani cattolici dobbiamo sempre parlare della verità senza mai vergognarcene e davanti agli insulti degli stolti dobbiamo mantenerci nella tranquillità confidando nel Signore e pregandoLo di convertire i nostri fratelli che vivono nelle tenebre.

Nell'Ecclesiaste (Qoèlet) intravediamo una situazione simile a quella attuale del nostro Paese; nel caso dell'antichità si parla di Re, qui possiamo applicare il ragionamento sulla politica poiché il ruolo è pressoché identica: c'è un "potente" che deve occuparsi del popolo. Nell'Ecclesiaste si dice: guai a te o paese che per re hai un ragazzo. Questo non si deve interpretare nel senso fisico, perché ragazzo in questo caso si può interpretare come "immaturo" e anche un governante anziano può esserlo. I nostri politici in effetti si comportano come un giovane re che si ubriaca con i prìncipi fin dal mattino. Invece di coalizzare litigano, si dividono per spodestare dalla poltrona l'attuale Presidente del Consiglio. La negligenza e l'inerzia dei nostri politici ci sta facendo cadere il soffitto sulla testa e piovere in casa... Abbiamo di governanti "vecchi", cioè saggi che sappiano davvero governare il Paese poiché Dio ha posto il potere di governare nelle loro mani e a loro sarà richiesto molto di più come dice Gesù nel Vangelo di Luca cap. 12,48: A chiunque fu dato molto, molto sarà richiesto.

Concludiamo questa riflessione sulla parte finale di questo capitolo dell'Ecclesiaste:

Non dir male del re neppure con il pensiero
e nella tua stanza da letto non dir male del potente,
perché un uccello del cielo trasporta la voce
e un alato riferisce la parola.

Le voci "corrono" dice un detto, per cui nei discorsi fuggiamo i pettegolezzi perché potremmo davvero trovarci in situazioni scomode e difficili. I santi hanno cambiato il mondo con la loro pazienza e i loro "silenzi" che celavano l'incessante preghiera e il continuo esempio di amore e di fiducia nel Signore. Le critiche e i pettegolezzi non servono a nulla se non a metterci nei guai. Non pensiamo male di nessuno, ma amiamo nel Signore i nostri fratelli e preghiamo per loro.

Sia lodato Gesù Cristo.

lunedì 22 novembre 2010

I Proverbi - Decimo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con il libro dei Proverbi giunto al decimo capitolo, prima parte:

 1Proverbi di Salomone.

Il figlio saggio rende lieto il padre;
il figlio stolto contrista la madre.
2Non giovano i tesori male acquistati,
mentre la giustizia libera dalla morte.
3Il Signore non lascia patir la fame al giusto,
ma delude la cupidigia degli empi.
4La mano pigra fa impoverire,
la mano operosa arricchisce.
5Chi raccoglie d'estate è previdente;
chi dorme al tempo della mietitura si disonora.
6Le benedizioni del Signore sul capo del giusto,
la bocca degli empi nasconde il sopruso.
7La memoria del giusto è in benedizione,
il nome degli empi svanisce.
8L'assennato accetta i comandi,
il linguacciuto va in rovina.
9Chi cammina nell'integrità va sicuro,
chi rende tortuose le sue vie sarà scoperto.
10Chi chiude un occhio causa dolore,
chi riprende a viso aperto procura pace.
11Fonte di vita è la bocca del giusto,
la bocca degli empi nasconde violenza.
12L'odio suscita litigi,
l'amore ricopre ogni colpa.
13Sulle labbra dell'assennato si trova la sapienza,
per la schiena di chi è privo di senno il bastone.
14I saggi fanno tesoro della scienza,
ma la bocca dello stolto è un pericolo imminente.
15I beni del ricco sono la sua roccaforte,
la rovina dei poveri è la loro miseria.
(continua) 


COMMENTO


Oggi diamo uno sguardo ai proverbi di Salomone, il quale, come sappiamo, fu portatore di grande sapienza che Dio gli concesse in seguito alla sua richiesta tra tutti i tesori immaginabili. Re Salomone, anche in questa circostanza, mostra una saggezza che pochi al mondo possono dire di aver visto: queste prescrizioni raccontano una verità concreta che porta beneficio al giusto. Già dal primo proverbio, notiamo la saggezza: infatti, è vero che il figlio saggio inorgoglisce il padre mentre lo stolto rende triste il cuore della madre. Vedendo questo proverbio ho ripensato alla storia di Sant'Agostino e di sua madre Santa Monica. Ella era molto triste a causa della stoltezza del figlio Agostino che negava Dio: ma quando Agostino riacquistò il senno, ritrovando Dio, ella fu presa da grande gioia e accompagnò il figlio fino al momento della morte. 
Ma la sapienza di Salomone giunge anche a sottolineare come la mano pigra impoverisce mentre la mano operosa arricchisce! Infatti, un uomo che non lavora per pigrizia non contribuisce alla produzione mentre al contrario, un uomo che si dà da fare, produce molto frutto. La pigrizia è sempre vista in mal modo, anche da Gesù stesso nell'Apocalisse (Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca; Ap 3,15-16).

Poi vediamo anche sfatato un luogo comune: molti pensano che chiudere un occhio, cioè far finta di non vedere, a volte sia meglio che sanzionare anche perchè bisogna esser meno pignoli e più tolleranti. Salomone va controcorrente e afferma che chiude un occhio procura dolore mentre chi riprende procura pace! Ed in realtà è anche questo verità poiché chiudere un occhio può significare impedire il ravvedimento, impedire al reo di imparare dai propri errori. Anche i genitori sanzionano e riprendono, ma lo fanno perchè il bambino ha bisogno di capire dai suoi errori: se un genitore non sanziona, il bambino non capirà il suo errore e lo ripeterà in futuro. Così avviene per la maggior parte delle cose: chiudere un occhio può portare alla reiterazione del comportamento ingiusto e al probabile dolore conseguente.
Altri riferimenti sono fatti verso il giusto e il saggio: di essi il nome sarà ricordato mentre dell'empio non si avrà ricordo (o se si avrà, sarà negativo e sarà oggetto di maledizione); essi seguono la scienza, trovano la sapienza, accettano i consigli e camminano nell'integrità. L'empio invece va in rovina. Un ultimo pensiero è d'obbligo perchè ci riguarda da vicini: l'odio suscita litigi mentre l'amore copre ogni cosa!!  

domenica 21 novembre 2010

Il Libro di Giobbe - Decimo appuntamento

Torna l'appuntamento con Il Libro di Giobbe che continua il suo racconto con la risposta di Giobbe all'amico Zofar il Naamatita:


1Giobbe allora rispose:
2È vero, sì, che voi siete la voce del popolo
e la sapienza morirà con voi!
3Anch'io però ho senno come voi,
e non sono da meno di voi;
chi non sa cose simili?
4Ludibrio del suo amico è diventato
chi grida a Dio perché gli risponda;
ludibrio il giusto, l'integro!
5"Per la sventura, disprezzo", pensa la gente
prosperosa,
"spinte, a colui che ha il piede tremante".
6Le tende dei ladri sono tranquille,
c'è sicurezza per chi provoca Dio,
per chi vuol ridurre Dio in suo potere.
7Ma interroga pure le bestie, perché ti
ammaestrino,
gli uccelli del cielo, perché ti informino,
8o i rettili della terra, perché ti istruiscano
o i pesci del mare perché te lo faccian sapere.
9Chi non sa, fra tutti questi esseri,
che la mano del Signore ha fatto questo?
10Egli ha in mano l'anima di ogni vivente
e il soffio d'ogni carne umana.
11L'orecchio non distingue forse le parole
e il palato non assapora i cibi?
12Nei canuti sta la saggezza
e nella vita lunga la prudenza.
13In lui risiede la sapienza e la forza,
a lui appartiene il consiglio e la prudenza!
14Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire,
se imprigiona uno, non si può liberare.
15Se trattiene le acque, tutto si secca,
se le lascia andare, devastano la terra.
16Da lui viene potenza e sagacia,
a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore.
17Rende stolti i consiglieri della terra,
priva i giudici di senno;
18scioglie la cintura dei re
e cinge i loro fianchi d'una corda.
19Fa andare scalzi i sacerdoti
e rovescia i potenti.
20Toglie la favella ai più veraci
e priva del senno i vegliardi.
21Sui nobili spande il disprezzo
e allenta la cintura ai forti.
22Strappa dalle tenebre i segreti
e porta alla luce le cose oscure.
23Fa grandi i popoli e li lascia perire,
estende le nazioni e le abbandona.
24Toglie il senno ai capi del paese
e li fa vagare per solitudini senza strade,
25vanno a tastoni per le tenebre, senza luce,
e barcollano come ubriachi.

COMMENTO

Giobbe ha utilizzato espressioni molto profonde che non tralasciamo di analizzare per meditare sul senso di alcune cose. Innanzitutto colpisce la frase: a Lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore. Questa frase racchiude in sé un senso profondo sull'appartenenza dell'uomo a Dio: giusto o peccatore l'uomo non cessa di essere la creatura del Signore e nessuno può dire che il peccatore non ha più speranze poiché la Misericordia di Dio è per tutti. Un'altra frase che colpisce, soprattutto in questi periodi nei quali stiamo assistendo ad alluvioni e allagamenti da ogni parte, è la seguente: Se trattiene le acque, tutto si secca, se le lascia andare, devastano la terra. Infatti nessun uomo può interrompere la siccità né può comandare al cielo di chiudere le sue cataratte, ma solo Dio ha il potere di farlo.  Un'altra frase di Giobbe ci fa riflettere sulla brevità della menzogna: Strappa dalle tenebre i segreti e porta alla luce le cose oscure. Per quanto un uomo si dia da fare per occultare le sue magagne, non potrà mai fuggire lo sguardo di Dio che scruta ogni cosa. E infine per quanto riguarda la meditazione delle frasi, soffermiamoci sulla seguente: Fa andare scalzi i sacerdoti e rovescia i potenti. Cosa ci ricorda questa frase, in particolare la parte finale, se non il Magnificat? Ha rovesciato i potenti dai troni. Dove c'è ingiustizia, soppressione, regimi, dove tutto sembra irrisolvibile, la potente destra del Signore rovescia portentosamente gli iniqui che sopprimono i popoli. Dunque Giobbe risponde al suo amico Zofar dimostrando di non aver perso il senno, anzi egli stesso dice all'amico "anch'io ho senno come voi". Agli occhi degli amici infatti Giobbe sembra aver perso la ragione, e anzi invece di confortare il loro amico che si trova nel dolore per le numerose prove che egli sta vivendo, lo rimproverano volendo dimostrare ch'essi siano più saggi di lui, un po' come i farisei con Gesù. Solo Dio può comprendere il disagio dell'uomo e aiutarlo totalmente. Giobbe ha già a che fare con una sofferenza inimmaginabile e come se non bastasse i suoi amici rincasano la dose. C'è sempre un atteggiamento saccente da parte degli stolti dinnanzi alla pagliuzza nell'occhio del prossimo. Zofar poi sembra più duro di Bildad. Un uomo deve saper confortare gli afflitti con dolcezza e dar loro l'esempio dell'umiltà e dell'obbedienza al Signore e se proprio deve parlare, siano le sue parole piene di grazia e non ricolme di prepotenza, non parole di chi vuol far credere di saperla lunga.

Seguiamo l'esempio di Gesù Cristo e dei Santi, lasciamoci riempire e trasportare dalla Grazia e sappiamo accostarci agli afflitti non come Zofar, ma come Gesù ci insegna.

sabato 20 novembre 2010

Il Sabato dei Salmi - Salmo 30 (29) - Canto per la festa della dedicazione del tempio


Salmo 30 (29)

1Salmo. Canto per la festa della dedicazione del tempio. Di Davide.

2Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
3Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
4Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.

5Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
6perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.

7Nella mia prosperità ho detto:
"Nulla mi farà vacillare!".
8Nella tua bontà, o Signore,
mi hai posto su un monte sicuro;
ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato.
9A te grido, Signore,
chiedo aiuto al mio Dio.

10Quale vantaggio dalla mia morte,
dalla mia discesa nella tomba?
Ti potrà forse lodare la polvere
e proclamare la tua fedeltà?
11Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.

12Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
13perché io possa cantare senza posa.

Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.


COMMENTO


E' una lode di ringraziamento a Dio che Davide compie per ringraziare il Signore di ave risposto alle sue chiamate. Infatti, Re Davide è un uomo che si affida totalmente al Signore, in ogni circostanza. Da quando abbiamo iniziato questo percorso, abbiamo visto, numerose volte, Davide affidarsi a Dio per sfuggire al male, ai nemici, all'empio e persino alla morte! Anche oggi vediamo il riferimento alla tomba e agli inferi che sembra suggerire una forte relazione con Gesù e la Salvezza da lui apportata per grazia di Dio. Difatti, grazie a Gesù oggi noi non siamo più figli della morte, ma siamo figli della vita poiché i nostri corpi risusciteranno nell'Ultimo Giorno e non resteranno nell'oblio per sempre. Davide, illuminato dalla spinta profetica dello Spirito Santo, sembra quasi anticipare tutto questo, nella fiducia completa che Dio non lascerà il suo servo nella tomba, ma lo richiamerà alla vita, in modo che possa benedirLo per l'eternità. 
Se apriamo il Libro dell'Apocalisse di Giovanni, ci rendiamo conto che questa visione di Davide è veritiera poiché nel Regno dei Cieli, i giusti avranno la possibilità di lodare Dio e di glorificare il loro Signore Gesù Cristo per tutta l'eternità: noi non ci rendiamo conto di cosa significa lodare Dio e di cosa ciò comporta per il nostro animo! Infatti, l'anima nostra anela il Signore, lo brama e sin d'ora possiamo avvertire questo collegamento forte, nella preghiera e nella meditazione. Non a caso, il tormento peggiore dell'anima dannata non sarà tanto il dolore senza fine e la speranza ormai morta, ma sarà proprio il distacco da Dio! L'anima è nata per lodare Dio e ricevere amore e sostegno da Lui: nell'inferno ciò non avviene e l'anima soffre disperatamente perchè non può abbeverarsi alla fonte dalla quale è sorta.


Ecco, quest'inno ci porta a riflettere su molte cose e soprattutto ci mostra la meraviglia di sapersi affidare a Dio in ogni momento della nostra esistenza, senza aver paura e senza pensare al proprio orgoglio personale: infatti, la grandezza di un uomo deriva dal sapersi riconoscere debole e incapace di vivere senza la presenza costante di Dio al nostro fianco. Per questo, chiudiamoci in camera, e facciamo nostro questo Salmo, dedicandolo a Dio con ogni forza e con tutto il cuore, per ringraziarLo dell'infinito amore che ha riversato su di noi!

venerdì 19 novembre 2010

Siracide - Nono appuntamento

Torna l'appuntamento con il Siracide giunto al nono capitolo:


1Non essere geloso della sposa amata,
per non inculcarle malizia a tuo danno.
2Non dare l'anima tua alla tua donna,
sì che essa s'imponga sulla tua forza.
3Non incontrarti con una donna cortigiana,
che non abbia a cadere nei suoi lacci.
4Non frequentare una cantante,
per non esser preso dalle sue moine.
5Non fissare il tuo sguardo su una vergine,
per non essere coinvolto nei suoi castighi.
6Non dare l'anima tua alle prostitute,
per non perderci il patrimonio.
7Non curiosare nelle vie della città,
non aggirarti nei suoi luoghi solitari.
8Distogli l'occhio da una donna bella,
non fissare una bellezza che non ti appartiene.
Per la bellezza di una donna molti sono periti;
per essa l'amore brucia come fuoco.
9Non sederti mai accanto a una donna sposata,
non frequentarla per bere insieme con lei
perché il tuo cuore non si innamori di lei
e per la tua passione tu non scivoli nella rovina.

10Non abbandonare un vecchio amico,
perché quello recente non è uguale a lui.
Vino nuovo, amico nuovo;
quando sarà invecchiato, lo berrai con piacere.
11Non invidiare la gloria del peccatore,
perché non sai quale sarà la sua fine.
12Non compiacerti del benessere degli empi,
ricòrdati che non giungeranno agli inferi impuniti.
13Tieniti lontano dall'uomo che ha il potere di uccidere
e non sperimenterai il timore della morte.
Se l'avvicini, sta' attento a non sbagliare
perché egli non ti tolga la vita;
sappi che cammini in mezzo ai lacci
e ti muovi sull'orlo delle mura cittadine.
14Rispondi come puoi al prossimo
e consìgliati con i saggi.
15Conversa con uomini assennati
e ogni tuo colloquio sia sulle leggi dell'Altissimo.
16Tuoi commensali siano gli uomini giusti,
il tuo vanto sia nel timore del Signore.
17Un lavoro per mano di esperti viene lodato,
ma il capo del popolo è saggio per il parlare.
18Un uomo linguacciuto è il terrore della sua città,
chi non sa controllar le parole sarà detestato.

COMMENTO

Questi consigli messi in pratica quanto cambierebbero il mondo! Qui sono scritti quei precetti da mettere in pratica per allontanarsi dalla via del male. Oggi l'uomo guarda troppo le donne e cade facilmente nei peccati e si perde, o cambia troppo spesso amici, o siede a tavola con i malvagi, o stringe alleanze con i malavitosi. E' importante fuggire la vista della donna per non cadere preda delle passioni poiché come dice la Sacra Scrittura, l'amore brucerà come fuoco; questo non vuol dire che l'amore divamperà, ma che l'amore viene distrutto dalla passione, cioè brucia e si consuma e si spegne in questi casi. La passione è un fuoco distruttore e stravolge la vita degli uomini. L'Amore al contrario della passione, quello vero che Cristo è venuto a portarci, edifica, rinsalda e rende figli di Dio. Cristo ci chiama ad amare tutti, uomini e donne come fratelli e sorelle ma al contempo di fuggire la vista dei criminali e delle donne per non cadere in tentazione. Scrive Sant'Alfonso Maria de' Liguori in Istruzioni al popolo, Rimedi contro le tentazioni disoneste, che San Luigi Gonzaga non guardava mai le donne e addirittura quando parlava con sua madre abbassava lo sguardo a terra. Questo dice tutto come la concupiscenza può lasciarsi trasportare da passioni disumane e distruggerci, per questo è sempre meglio prevenire la tentazione anziché doverla affrontare perché non sempre potremmo vincere. Dunque accogliamo i consigli di questo nono capitolo del Siracide per vivere nella via della rettitudine e dell'integrità. Dice San Paolo Apostolo nella Lettera ai Romani, cap. 13,8-9: Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore. Dunque amiamo, amiamo, amiamo e se ameremo veramente non commetteremo nessuno di questi peccati poiché chi ama un suo fratello non gli desidera la moglie, non gli scassina la casa e non lo uccide e non l'invidia. Amiamo come Gesù ci ha insegnato!

giovedì 18 novembre 2010

Catechismo della Chiesa Cattolica - I parte

Come saprete, abbiamo terminato l'appuntamento con il Cantico dei Cantici e per questo motivo abbiamo deciso di proseguire il nostro percorso, portandoci sul binario della Chiesa Cattolica. Essa è stata fondata da Gesù Cristo: "tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Matteo 16:14-18). E tutti noi ne facciamo parte orgogliosamente perchè essa è da duemila anni, un baluardo di difesa della fede e di visibilità della fede stessa. Nonostante gli errori di alcuni suoi membri, essa è rimasta sempre guidata dallo Spirito Santo che l'ha preservata fino ai giorni nostri, conservando nel tempo la sua autorità e la sua forte presenza in mezzo ai fedeli. La dimostrazione di questo proviene dal semplice fatto che tutti i santi, cioè persone toccate visibilmente dallo Spirito Santo, hanno sempre mostrato sottomissione nei confronti della Chiesa e del Papa, cercandone sempre il consenso per ogni cosa nuova. San Francesco di Assisi affrontò il viaggio fino a Roma per poter chiedere al Pontefice il riconoscimento del suo nuovo ordine religioso e il Papa, dopo aver visto l'enorme fede e la vera incarnazione del Vangelo, glielo concesse. Infatti, la Chiesa ha sempre rimediato ai suoi errori, riconoscendoli anche pubblicamente come ha fatto lo stesso Giovanni Paolo II.
L'autorità della Chiesa è fondamentale per evitare discrasie nelle interpretazioni teologiche e per limitare le eresie che sono frutto di personali quanto parziali interpretazioni. Ecco perchè, nel miasma dei giorni nostri, troviamo fondamentale riproporre il Catechismo della Chiesa Cattolica che serve da punto di riferimento essenziale per la nostra condotta. Da oggi, iniziamo questo lungo percorso, che ci porterà alla scoperta delle linee fondamentali che la Chiesa ha previsto ispirata dall'insegnamento di Gesù Cristo e dalla tradizione apostolica:
 

PREFAZIONE

I. La vita dell'uomo - conoscere e amare Dio

1 Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l'uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all'uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo, e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell'unità della sua famiglia, la Chiesa. Lo fa per mezzo del Figlio suo, che nella pienezza dei tempi ha mandato come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata.

2 Affinché questo appello risuonasse per tutta la terra, Cristo ha inviato gli Apostoli che aveva scelto, dando loro il mandato di annunziare il Vangelo: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(Mt 28,19-20). Forti di questa missione, gli Apostoli “partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano” ( Mc 16,20).

3 Coloro che, con l'aiuto di Dio, hanno accolto l'invito di Cristo e vi hanno liberamente risposto, a loro volta sono stati spinti dall'amore di Cristo ad annunziare ovunque nel mondo la Buona Novella. Questo tesoro ricevuto dagli Apostoli è stato fedelmente custodito dai loro successori. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a trasmetterlo di generazione in generazione, annunziando la fede, vivendola nell'unione fraterna e celebrandola nella Liturgia e nella preghiera [Cf  At 2,42 ]. 

II. Trasmettere la fede - la catechesi

4 Molto presto si diede il nome di catechesi all'insieme degli sforzi intrapresi nella Chiesa per fare discepoli, per aiutare gli uomini a credere che Gesù è il Figlio di Dio, affinché, mediante la fede, essi abbiano la vita nel suo Nome, per educarli ed istruirli in questa vita e così costruire il Corpo di Cristo [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 1; 2].

5 “La catechesi è un'educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana” [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 1; 2].

6 Senza confondersi formalmente con essi, la catechesi si articola in un certo numero di elementi della missione pastorale della Chiesa, che hanno un aspetto catechetico, che preparano la catechesi o che ne derivano: primo annuncio del Vangelo, o predicazione missionaria allo scopo di suscitare la fede; ricerca delle ragioni per credere; esperienza di vita cristiana; celebrazione dei sacramenti; integrazione nella comunità ecclesiale; testimonianza apostolica e missionaria [Cf ibid].

7 “La catechesi è intimamente legata a tutta la vita della Chiesa. Non soltanto l'estensione geografica e l'aumento numerico, ma anche, e più ancora, la crescita interiore della Chiesa, la sua corrispondenza al disegno divino, dipendono essenzialmente da essa” [Cf ibid].

8 I periodi di rinnovamento della Chiesa sono anche tempi forti della catechesi. Infatti vediamo che nella grande epoca dei Padri della Chiesa santi vescovi dedicano alla catechesi una parte importante del loro ministero. È l'epoca di san Cirillo di Gerusalemme e di san Giovanni Crisostomo, di sant'Ambrogio e di sant'Agostino, e di parecchi altri Padri, le cui opere catechetiche rimangono esemplari.

9 Il ministero della catechesi attinge energie sempre nuove dai Concili. A tal riguardo, il Concilio di Trento rappresenta un esempio da sottolineare: nelle sue costituzioni e nei suoi decreti ha dato priorità alla catechesi; è all'origine del Catechismo Romano che porta anche il suo nome e che costituisce un'opera di prim'ordine come compendio della dottrina cristiana; ha suscitato nella Chiesa un'eccellente organizzazione della catechesi; grazie a santi vescovi e teologi, quali san Pietro Canisio, san Carlo Borromeo, san Turibio di Mogrovejo, san Roberto Bellarmino, ha portato alla pubblicazione di numerosi catechismi.

10 Non c'è, quindi, da meravigliarsi del fatto che nel dinamismo generato dal Concilio Vaticano II (che il Papa Paolo VI considerava come il grande catechismo dei tempi moderni), la catechesi della Chiesa abbia di nuovo attirato l'attenzione. Lo testimoniano il Direttorio catechistico generale del 1971, le sessioni del Sinodo dei Vescovi dedicate all'evangelizzazione (1974) e alla catechesi (1977), le corrispondenti esortazioni apostoliche, Evangelii nuntiandi (1975) e Catechesi tradendae (1979). La sessione straordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1985 chiese “che fosse redatto un catechismo o compendio di tutta la dottrina cattolica per quanto riguarda sia la fede che la morale” [Sinodo dei Vescovi 1985, Relazione finale II B a 4]. Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, ha fatto suo questo desiderio espresso dal Sinodo dei Vescovi, riconoscendo che esso “risponde appieno ad una vera esigenza della Chiesa universale e delle Chiese particolari”, [Giovanni Paolo II, Discorso al Sinodo dei Vescovi del 7 dicembre 1985] e si è alacremente adoperato perché il desiderio dei Padri del Sinodo si realizzasse.