giovedì 30 settembre 2010

Sapienza - Secondo appuntamento

Torna l'appuntamento con il Libro della Sapienza, che svela i pensieri degli empi e dei non credenti:


2


1Dicono fra loro sragionando:
"La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
2Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
È un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
3Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
4Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
5La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
6Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
7Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
8coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
9nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.
10Spadroneggiamo sul giusto povero,
non risparmiamo le vedove,
nessun riguardo per la canizie ricca d'anni del vecchio.
11La nostra forza sia regola della giustizia,
perché la debolezza risulta inutile.
12Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge
e ci rinfaccia le mancanze
contro l'educazione da noi ricevuta.
13Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e si dichiara figlio del Signore.
14È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
15perché la sua vita è diversa da quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
16Moneta falsa siam da lui considerati,
schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti
e si vanta di aver Dio per padre.
17Vediamo se le sue parole sono vere;
proviamo ciò che gli accadrà alla fine.
18Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà,
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
19Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione.
20Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà".


21La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
22Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
23Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
24Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.

COMMENTO

Ecco un passo che più attuale di così non potrebbe esserci! La figura dell'empio qui contemplata è la stessa di colui che oggi si dichiara ateo. Quante volte sentiamo queste stesse parole pronunciate da chi non crede in Dio e ci crede stolti? Quante volte sentiamo che l'uomo deve godersi la vita perchè è breve? Ecco, persino millenni fa, l'uomo giusto sentiva ripetersi queste stesse cose! E allo stesso modo veniva tentato dal mondo e dalla mondanità così come oggi i cristiani sono vittime di inganni del mondo. Purtroppo, infatti, anche molti cristiani si lasciano abbindolare da queste idee di morte, considerando la vita come un percorso breve che bisogna cercare di godersi. E da quel principio nasce il divertimento, il viaggio ad ogni costo, la Domenica nel letto invece che a Messa e così via. Ecco, la Sapienza di Dio mostra il pensiero dell'empio e noi conoscendolo, non lo rifiutiamo a dovere, ma tentenniamo.
L'uomo giusto individuato dalla Sapienza di Dio è invece colui che prova un senso di vergogna per coloro che vivono in maniera dissennata: egli è quello che porta la luce di Dio nel mondo e per tanto viene avverso dall'empio che lo circonda e da lì nascono le ben note persecuzioni! Il giusto viene perseguitato con insulti e tormenti perchè è lì, fermo nell'indicare la via della Giustizia, la via retta da seguire. Si dice che l'ateo non crede in Dio, ma nutre comunque insofferenza quando vede un uomo giusto proclamare il Suo nome: perchè? Proprio perchè egli non vuole sentire questa campana e preferisce rimanere nella convinzione che la vita sia destinata a scomparire come polvere: preferisce questa visione triste e senza speranza perchè gli da l'opportunità di darsi letteralmente alla pazza gioia: può così insultare le vedove, dar fastidio al debole, cedere alle passioni carnali e tutto questo senza avere sensi di colpa! 
Quindi, se il giusto continua a ripetere che vi è una Legge e che chi non la rispetta va incontro all'ira di Dio, l'ateo (o l'empio che dir si voglia) deve per forza cercare un modo per farlo tacere e il più semplice è screditarlo, portarlo all'errore o in casi estremi picchiarlo come avvenne anche con molti santi da noi conosciuti. 
Esso si comporta così perchè il diavolo è con lui e lo ispira: l'autore dice che Dio ha creato l'uomo per l'immortalità ed infatti fu così con Adamo. Ma l'invidia del diavolo lo portò a tentare il cuore dell'uomo finché questo cedette comportando l'entrata della morte che solo Gesù avrebbe sconfitto a caro prezzo! 
Dunque, i pensieri degli empi restano sempre gli stessi: la sapienza ci deve indurre a saper riconoscerli e a saper resistergli, evitando di ascoltarli e crederli e di finire nell'avere dubbi persino sulla propria esistenza di fede!

mercoledì 29 settembre 2010

Il Cantico dei Cantici - Seconda parte

Torna l'appuntamento con il Cantico dei Cantici: un cantico che da un lato sembra delineare l'amore di un uomo verso una donna, ma che da un interpretazione allegorica ne scaturisce l'immagine dell'amore di Dio verso Israele che si prolunga nell'amore di Cristo verso la Chiesa. Il nostro consiglio è di meditare queste parole e di rapportarle alle fasi della storia di Israele in cui vi è stato l'intervento di Dio:


1Io sono un narciso di Saron,
un giglio delle valli.
2Come un giglio fra i cardi,
così la mia amata tra le fanciulle.
3Come un melo tra gli alberi del bosco,
il mio diletto fra i giovani.
Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo
e dolce è il suo frutto al mio palato.
4Mi ha introdotto nella cella del vino
e il suo vessillo su di me è amore.
5Sostenetemi con focacce d'uva passa,
rinfrancatemi con pomi,
perché io sono malata d'amore.
6La sua sinistra è sotto il mio capo
e la sua destra mi abbraccia.
7Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
per le gazzelle o per le cerve dei campi:
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché essa non lo voglia.


8Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
9Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
10Ora parla il mio diletto e mi dice:
"Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
11Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
12i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
13Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia bella, e vieni!
14O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro".
15Prendeteci le volpi,
le volpi piccoline
che guastano le vigne,
perché le nostre vigne sono in fiore.
16Il mio diletto è per me e io per lui.
Egli pascola il gregge fra i figli.
17Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
ritorna, o mio diletto,
somigliante alla gazzella
o al cerbiatto,
sopra i monti degli aromi.

martedì 28 settembre 2010

Qoèlet - Secondo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con il Qoélet. Oggi leggiamo il secondo passo, anche esso intriso di un forte pessimismo, ma che ha una ragion d'essere innegabile:


Io ho detto in cuor mio: "Vieni, dunque, ti voglio mettere alla prova con la gioia: Gusta il piacere!". Ma ecco anche questo è vanità.


Del riso ho detto: "Follia!"
e della gioia: "A che giova?".


Ho voluto soddisfare il mio corpo con il vino, con la pretesa di dedicarmi con la mente alla sapienza e di darmi alla follia, finché non scoprissi che cosa convenga agli uomini compiere sotto il cielo, nei giorni contati della loro vita. Ho intrapreso grandi opere, mi sono fabbricato case, mi sono piantato vigneti. Mi sono fatto parchi e giardini e vi ho piantato alberi da frutto d'ogni specie; mi sono fatto vasche, per irrigare con l'acqua le piantagioni. Ho acquistato schiavi e schiave e altri ne ho avuti nati in casa e ho posseduto anche armenti e greggi in gran numero più di tutti i miei predecessori in Gerusalemme. Ho accumulato anche argento e oro, ricchezze di re e di province; mi sono procurato cantori e cantatrici, insieme con le delizie dei figli dell'uomo. Sono divenuto grande, più potente di tutti i miei predecessori in Gerusalemme, pur conservando la mia sapienza. Non ho negato ai miei occhi nulla di ciò che bramavano, né ho rifiutato alcuna soddisfazione al mio cuore, che godeva d'ogni mia fatica; questa è stata la ricompensa di tutte le mie fatiche. Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo durato a farle: ecco, tutto mi è apparso vanità e un inseguire il vento: non c'è alcun vantaggio sotto il sole.
Ho considerato poi la sapienza, la follia e la stoltezza. "Che farà il successore del re? Ciò che è già stato fatto". Mi sono accorto che il vantaggio della sapienza sulla stoltezza è il vantaggio della luce sulle tenebre:


Il saggio ha gli occhi in fronte,
ma lo stolto cammina nel buio.
Ma so anche che un'unica sorte
è riservata a tutt'e due.


Allora ho pensato: "Anche a me toccherà la sorte dello stolto! Allora perché ho cercato d'esser saggio? Dov'è il vantaggio?". E ho concluso: "Anche questo è vanità". Infatti, né del saggio né dello stolto resterà un ricordo duraturo e nei giorni futuri tutto sarà dimenticato. Allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto.
Ho preso in odio la vita, perché mi è sgradito quanto si fa sotto il sole. Ogni cosa infatti è vanità e un inseguire il vento. Ho preso in odio ogni lavoro da me fatto sotto il sole, perché dovrò lasciarlo al mio successore. E chi sa se questi sarà saggio o stolto? Eppure potrà disporre di tutto il mio lavoro, in cui ho speso fatiche e intelligenza sotto il sole. Anche questo è vanità! Sono giunto al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che avevo durato sotto il sole, perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura.
Allora quale profitto c'è per l'uomo in tutta la sua fatica e in tutto l'affanno del suo cuore con cui si affatica sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità! Non c'è di meglio per l'uomo che mangiare e bere e godersela nelle sue fatiche; ma mi sono accorto che anche questo viene dalle mani di Dio. Difatti, chi può mangiare e godere senza di lui? Egli concede a chi gli è gradito sapienza, scienza e gioia, mentre al peccatore dà la pena di raccogliere e d'ammassare per colui che è gradito a Dio. Ma anche questo è vanità e un inseguire il vento!

COMMENTO

Beh, che cosa si può dire su questo? Certo, vi è una componente pessimistica notevole in queste considerazioni, però vi è sicuramente una verità in queste parole. Ed in un certo senso, richiamano alla mente la Parabola di Gesù che forse conviene leggere, proprio per riflettere su queste parole e su come Gesù sia davvero il compimento dell'Antico Testamento:

 «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio». 

Questa parabola sembra proprio ripetere il pensiero del Qoèlet: il messaggio che promana da entrambi gli scritti è che non serve a nulla procurarsi beni terreni, riempirsi la pancia, e soddisfare ogni minimo desiderio, perchè la vita non è eterna: prima o poi la morte giungerà e per di più, noi non conosciamo né il giorno e né l'ora: e potrebbe accadere come quell'uomo ricco che perde la vita proprio nel momento in cui aveva intenzione di iniziare a godersela con i beni accumulati. Ecco perchè tutto è vanità e tutto è un inseguire il vento: tutto è inutile se non posto nell'ottica di Dio. Dice bene il Qoélet, chi può mangiare e godere senza di Lui? Dopotutto, tutto viene da Lui e a Lui dobbiamo ritornare: quindi a cosa serve affaticarsi se con noi non possiamo portare nulla? Faremo come ha detto il Quélet: ci preoccuperemmo inutilmente dei beni, sapendo che essi finiranno nelle mani degli eredi che si ritrovano tutto senza aver faticato nemmeno! Anzi, essi godranno del frutto delle fatiche altrui! Dunque, come vedremo più avanti, dobbiamo cercare di vivere compiendo opere nell'ottica di Dio, della vita futura (cioè quell'eterna), accumulando tesori nei Cieli come dice Gesù e non in terra dove saranno sottoposte a ruggine, tignola e alla successione del tempo!

lunedì 27 settembre 2010

I Proverbi - Secondo appuntamento

Torna l'appuntamento settimanale con i Proverbi biblici, così antichi, ma allo stesso tempo incredibilmente attuali! Oggi, i proverbi ci indicano la strada per ottenere la Sapienza di Dio nel nostro cuore, in modo da imparare la giustizia e l'equità. E ci mostrano anche la fine riservata a chi percorre i sentieri sbagliati che conducono al male...


Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole
e custodirai in te i miei precetti,
tendendo il tuo orecchio alla sapienza,
inclinando il tuo cuore alla prudenza,
se appunto invocherai l'intelligenza
e chiamerai la saggezza,
se la ricercherai come l'argento
e per essa scaverai come per i tesori,
allora comprenderai il timore del Signore
e troverai la scienza di Dio,
perché il Signore dà la sapienza,
dalla sua bocca esce scienza e prudenza.
Egli riserva ai giusti la sua protezione,
è scudo a coloro che agiscono con rettitudine,
vegliando sui sentieri della giustizia
e custodendo le vie dei suoi amici.
Allora comprenderai l'equità e la giustizia,
e la rettitudine con tutte le vie del bene,
perché la sapienza entrerà nel tuo cuore
e la scienza delizierà il tuo animo.
La riflessione ti custodirà
e l'intelligenza veglierà su di te,
per salvarti dalla via del male,
dall'uomo che parla di propositi perversi,
da coloro che abbandonano i retti sentieri
per camminare nelle vie delle tenebre,
che godono nel fare il male,
gioiscono dei loro propositi perversi;
15i cui sentieri sono tortuosi
e le cui strade sono oblique,
per salvarti dalla donna straniera,
dalla forestiera che ha parole seducenti,
che abbandona il compagno della sua giovinezza
e dimentica l'alleanza con il suo Dio.
La sua casa conduce verso la morte
e verso il regno delle ombre i suoi sentieri.
Quanti vanno da lei non fanno ritorno,
non raggiungono i sentieri della vita.
Per questo tu camminerai sulla strada dei buoni
e ti atterrai ai sentieri dei giusti,
perché gli uomini retti abiteranno nel paese
e gli integri vi resteranno,
ma i malvagi saranno sterminati dalla terra,
gli infedeli ne saranno strappati.

COMMENTO BREVE

Ecco, per ottenere la Sapienza di Dio bisogna saper percorrere la strada giusta, ma non solo: bisogna davvero volerla, ricercarla, scavarla per poterla trovare allo stesso modo di come si cerca un tesoro prezioso! Eh sì, perchè la Sapienza è un tesoro più che prezioso che vale più di tutto l'oro del mondo! il Re Salomone scelse la Sapienza come dono da ricevere in mezzo al tutto: Dio offrì lui qualsiasi cosa, ma Salomone non ebbe dubbi perchè sapeva che al mondo la Sapienza è una cosa preziosissima!
Allora, cerchiamo e chiediamo anche noi a Dio di poter inebriarci della Sua Sapienza, in modo da saper discernere il bene e il male e in modo da imparare cosa è la giustizia e che cosa è l'equità! 
Non ascoltiamo il richiamo del mondo, della "donna straniera", perchè ciò conduce sui sentieri sbagliati e perversi che percorrono gli uomini stolti ignari della condanna che pende sulla loro testa come una spada di Damocle.  Come ripetiamo sempre, impariamo a ragionare e a compiere scelte in modo autonomo e indipendente da chi ci circonda, per non lasciarci influenzare dalla stoltezza e ignoranza della mondanità!

 

domenica 26 settembre 2010

Il Libro di Giobbe - Seconda parte

Continuiamo il cammino domenicale con Giobbe, leggendo la terza parte relativa alla maledizione del suo stesso giorno di nascita, conseguenza delle disgrazie che abbiamo visto colpirlo in precedenza. Chi può biasimare tanto dolore? La cosa da sottolineare è che nessuna parola viene proferita contro Dio, segno dell'ineffabile fede di quest'uomo: 


1Dopo, Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno; 2prese a dire:

3Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse: "È stato concepito un uomo!".
4Quel giorno sia tenebra,
non lo ricerchi Dio dall'alto,
né brilli mai su di esso la luce.
5Lo rivendichi tenebra e morte,
gli si stenda sopra una nube
e lo facciano spaventoso gli uragani del giorno!
6Quel giorno lo possieda il buio
non si aggiunga ai giorni dell'anno,
non entri nel conto dei mesi.
7Ecco, quella notte sia lugubre
e non entri giubilo in essa.
8La maledicano quelli che imprecano al giorno,
che sono pronti a evocare Leviatan.
9Si oscurino le stelle del suo crepuscolo,
speri la luce e non venga;
non veda schiudersi le palpebre dell'aurora,
10poiché non mi ha chiuso il varco del grembo materno,
e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei!
11E perché non sono morto fin dal seno di mia madre
e non spirai appena uscito dal grembo?
12Perché due ginocchia mi hanno accolto,
e perché due mammelle, per allattarmi?
13Sì, ora giacerei tranquillo,
dormirei e avrei pace
14con i re e i governanti della terra,
che si sono costruiti mausolei,
15o con i principi, che hanno oro
e riempiono le case d'argento.
16Oppure, come aborto nascosto, più non sarei,
o come i bimbi che non hanno visto la luce.
17Laggiù i malvagi cessano d'agitarsi,
laggiù riposano gli sfiniti di forze.
18I prigionieri hanno pace insieme,
non sentono più la voce dell'aguzzino.
19Laggiù è il piccolo e il grande,
e lo schiavo è libero dal suo padrone.
20Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore,
21a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
22che godono alla vista di un tumulo,
gioiscono se possono trovare una tomba...
23a un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio da ogni parte ha sbarrato?
24Così, al posto del cibo entra il mio gemito,
e i miei ruggiti sgorgano come acqua,
25perché ciò che temo mi accade
e quel che mi spaventa mi raggiunge.
26Non ho tranquillità, non ho requie,
non ho riposo e viene il tormento!

sabato 25 settembre 2010

Il Sabato dei Salmi - Salmo 22 - Sofferenze e speranze del giusto

Nella Bibbia, il sabato era considerato un giorno molto importante, il giorno del Signore. Proprio in questo giorno che precede la Domenica, ventidue settimane fa, la Vigna del Signore ha inaugurato un appuntamento settimanale, molto importante: i salmi. Ogni sabato, nel post del giorno, abbiamo pubblicato il salmo con relativo commento. A partire da oggi, questo bellissimo appuntamento, lo spostiamo nell'Angolo di Sapienza perchè questo è lo spazio dedicato alla Sapienza biblico-cristiana. Oggi meditiamo il salmo 22, con il commento di Mikhael:
Salmo 22


Sofferenze e speranze del giusto
[1]Al maestro del coro. Sull'aria: «Cerva dell'aurora».
Salmo. Di Davide.


[2]«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza»:
sono le parole del mio lamento.
[3]Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.


[4]Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
[5]In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
[6]a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.


[7]Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
[8]Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
[9]«Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico».


[10]Sei tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
[11]Al mio nascere tu mi hai raccolto,
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
[12]Da me non stare lontano,
poiché l'angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.


[13]Mi circondano tori numerosi,
mi assediano tori di Basan.
[14]Spalancano contro di me la loro bocca
come leone che sbrana e ruggisce.
[15]Come acqua sono versato,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
[16]E' arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.


[17]Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
[18]posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano:
[19]si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.


[20]Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
[21]Scampami dalla spada,
dalle unghie del cane la mia vita.
[22]Salvami dalla bocca del leone
e dalle corna dei bufali.
[23]Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.


[24]Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele;
[25]perché egli non ha disprezzato
né sdegnato l'afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.


[26]Sei tu la mia lode nella grande assemblea,
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
[27]I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano:
«Viva il loro cuore per sempre».
[28]Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
[29]Poiché il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
[30]A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.


E io vivrò per lui,
[31]lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
[32]annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l'opera del Signore!».

COMMENTO 

Il Salmo 22 è un salmo profetico e i riferimenti alla passione di Cristo sono tanti: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato"; "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt 27,46). "Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi se è suo amico"; "Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!" (Mt 27,43). Inoltre le mani e i piedi forati, le vesti divise, il ritorno di tutti i popoli a Dio,sono una chiara profezia della passione di Cristo e della venuta del Regno. Questo salmo oltre che per la sua natura profetica possiamo meditarlo anche come grido rivolto a Dio di ciascun peccatore. Infatti quando noi siamo nella tenebra del peccato non vediamo Dio, lo cerchiamo, cerchiamo il Suo Volto ma Egli sembra non risponderci. In verità Egli come ci dice il salmo, non nasconde il Suo Volto al misero ed ascolta il suo grido. La sfiducia che ci assale dopo il peccato ci fa percepire l'indegnità di cui ci siamo rivestiti dopo la colpa commessa e l'offesa arrecata al Signore. Ma il Signore perdona il grido di pentimento dell'uomo perché la Sua Misericordia è più grande della Sua Giustizia. Solo se l'uomo è capace di umiliarsi e pentirsi sinceramente può ricevere il perdono dal Signore. Le parole scritte da Davide sono le nostre parole quando desideriamo riconciliarci con il Padre. E' importante umiliarsi per essere accolti dal Padre. Santa Faustina nel suo diario scrive le parole di Gesù: "Non respingerò mai un cuore che si umilia". Per un cristiano che vive il respingimento nella società questi salmi sono un grande conforto e gli fanno rendere conto quanto più un'anima è gradita a Dio quanto più dovrà soffrire. Questo però non deve rappresentare motivo di sconforto poiché se è vero che un'anima tanto più è gradita a Dio quanto più dovrà soffrire, è anche vero che la gioia a cui è destinata è eterna. L'esempio di Cristo ci basta per comprendere questa sublime verità: Egli ha patito le più atroci sofferenze ma dopo la croce è giunto il tempo della resurrezione alla vita eterna. Cristo ha fatto tutto quello che un cristiano deve fare per partecipare alla gloria della resurrezione. Non a caso Egli è il Maestro perché con la Sua vita e il Suo esempio ci ha insegnati la via per giungere alla vita eterna.  
Chi di noi può dire di non aver mai detto in vita propria: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato"? Egli non ci abbandona affatto! Questo salmo ha per titolo "Sofferenze e speranze del giusto". Nella sofferenza noi siamo capaci di sperare nel perdono del Signore. Se è vero che la fossa in cui siamo caduti ci fa soffrire e ci angustia è anche vero che abbiamo la speranza di uscirne. Ma per essere liberati dalla sofferenza occorre che questa stessa diventi strumento di espiazione. Infatti la sofferenza è lo strumento della liberazione. Io soffro per il mio peccato? Ecco, mi pento; Questo addolorarmi per la colpa commessa, questo soffrire per il mio peccato mi fa essere gradito a Dio. Per uscire dalla sofferenza dobbiamo soffrire. Può sembrare assurdo o folle agli occhi del mondo, ma è così. L'uomo nel peccato soffriva la tenebra ed è stato necessario che Cristo soffrisse per liberare gli uomini dalla sofferenza della morte. La sofferenza dunque è la nostra croce ma è anche vero che la croce redime, libera. Gesù ha sofferto con quella croce, ma con quella stessa croce è stato glorificato e ha liberato l'umanità dalla morte. I santi ci hanno permesso di comprendere il mistero della croce e di approfondire questa scienza della sofferenza. Infatti la sofferenza è il principio della vita. La donna geme per i dolori del parto ma quella sofferenza dona la vita. Il chicco di grano morto produce frutto. La nostra
sofferenza può essere strumento di espiazione per i peccati del mondo ed ottenere la conversione e quindi la salvezza per le anime. Il nostro dolore più grande è causato dalla nostra lontananza da Dio, ma per essere liberi da questo dolore dobbiamo soffrire perché solo così possiamo avvicinarci a Dio e poiché essere vicini al Creatore è motivo di grande gioia per l'anima, solo così saremo felici. La sofferenza così si cambia in speranza e la speranza si adempie quando avremo praticato santamente la sofferenza.


venerdì 24 settembre 2010

Siracide

Il libro del Siracide è un libro sapienziale dell'Antico Testamento.Benché non sia stato accolto nel canone ebraico, il Siracide è citato frequentemente negli scritti rabbinici; nel Nuovo Testamento la lettera di Giacomo vi attinge molte espressioni; il vangelo di Matteo vi si riferisce più volte e ancor oggi la liturgia si fa portavoce di questa antica tradizione di sapienza (tratto da Cathopedia, l'Enciclopedia Cattolica).
Continuiamo il nostro nuovo percorso sapienziale con la meditazione delle parole tratte da questo libro simbolo della Sapienza. Leggendo scopriamo come fonte di ogni sapienza sia Dio il quale ha sparso essa su tutto il creato e sulle creature che lo amano. Impariamo ad usare bene questa sapienza dono di Dio perchè essa è la chiave per conoscere sempre di più, il mistero divino; ricordiamoci però che corollario della sapienza e sua base è il timore di Dio, un timore santo che allieta il cuore e lo rende degno di ogni benedizione!


Ogni sapienza viene dal Signore
ed è sempre con lui.
La sabbia del mare, le gocce della pioggia
e i giorni del mondo chi potrà contarli?
L'altezza del cielo, l'estensione della terra,
la profondità dell'abisso chi potrà esplorarle?
Prima di ogni cosa fu creata la sapienza
e la saggia prudenza è da sempre.
A chi fu rivelata la radice della sapienza?
Chi conosce i suoi disegni?
Uno solo è sapiente, molto terribile,
seduto sopra il trono.
Il Signore ha creato la sapienza;
l'ha vista e l'ha misurata,
l'ha diffusa su tutte le sue opere,
su ogni mortale, secondo la sua generosità,
la elargì a quanti lo amano.


Il timore del Signore è gloria e vanto,
gioia e corona di esultanza.
Il timore del Signore allieta il cuore
e dà contentezza, gioia e lunga vita.
Per chi teme il Signore andrà bene alla fine,
sarà benedetto nel giorno della sua morte.
Principio della sapienza è temere il Signore;
essa fu creata con i fedeli nel seno materno.
Tra gli uomini essa ha posto il nido, fondamento
resterà fedelmente con i loro discendenti.
Pienezza della sapienza è temere il Signore;
essa inebria di frutti i propri devoti.
Tutta la loro casa riempirà di cose desiderabili,
i magazzini dei suoi frutti.
Corona della sapienza è il timore del Signore;
fa fiorire la pace e la salute.
Dio ha visto e misurato la sapienza;
ha fatto piovere la scienza e il lume dell'intelligenza;
ha esaltato la gloria di quanti la possiedono.
Radice della sapienza è temere il Signore;
i suoi rami sono lunga vita.


giovedì 23 settembre 2010

Sapienza

Il Libro della Sapienza o Sapienza di Salomone o semplicemente Sapienza (greco Σοφία Σολομώντος, sofía solomóntos, "sapienza di Salomone"; latino Sapientia) è un testo contenuto nella Bibbia cristiana (Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (tratto da Wikipedia). Questo libro, in realtà, è più importante e bello di quanto possa sembrare: la verità sulla Sapienza rende noto la Sua importanza e mette in guardai gli empi dai loro pensieri malvagi, perchè tutto giunge all'orecchio del Signore. Questo primo passo che ci accingiamo a leggere mostra come la sapienza derivi da Dio e quindi non può entrare in un'anima impura, empia e schiava del peccato. Dunque, se vogliamo accrescere nella Sapienza di Dio, dobbiamo cercare di spolverare la nostra anima da tutti i suoi vizi e peccati, in modo che il nostro cuore non sia troppo chiuso per potersi aprire alla Sapienza divina. E attenzione a ciò che pronunciamo o a ciò che tramiamo perchè tutto giunge all'orecchio di Dio: possiamo ingannare noi stessi, ma non possiamo certo ingannare Dio! Quindi, non malediciamo chi ci fa del torto e non pronunciamo maldicenze alle spalle dei nostri fratelli, perchè ogni parola che pronunciamo ha un suo effetto, verso di noi e verso la persona oggetto di maldicenza. Questo pensiero teniamolo ben stretto perchè molti di noi sono tentati dallo "sparlare" o dallo "spettegolare": leggendo questo passo, scoprirete che ciò non è per niente gradito a Dio così come Dio non ama certo la morte: ma noi attiriamo su di noi la morte (eterna) con le nostre opere, con le nostre azioni e con i nostri propositi malvagi. Dunque, correggiamo i nostri difetti e Dio sarà ben felice di dimenticare il male perchè Lui ama la vita e vuole che noi viviamo per sempre, con Lui: per questo Gesù è venuto nel mondo, proprio per renderci partecipi della vita e non della morte!


Sapienza




Amate la giustizia, voi che governate sulla terra,
rettamente pensate del Signore,
cercatelo con cuore semplice.
Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano,
si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;
l'onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
La sapienza non entra in un'anima che opera il male
né abita in un corpo schiavo del peccato.
Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione,
se ne sta lontano dai discorsi insensati,
è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia.
La sapienza è uno spirito amico degli uomini;
ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra,
perché Dio è testimone dei suoi sentimenti
e osservatore verace del suo cuore
e ascolta le parole della sua bocca.
Difatti lo spirito del Signore riempie l'universo
e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.
Per questo non gli sfuggirà chi proferisce cose ingiuste,
la giustizia vendicatrice non lo risparmierà.
Si indagherà infatti sui propositi dell'empio,
il suono delle sue parole giungerà fino al Signore
a condanna delle sue iniquità;
poiché un orecchio geloso ascolta ogni cosa,
perfino il sussurro delle mormorazioni
non gli resta segreto.
Guardatevi pertanto da un vano mormorare,
preservate la lingua dalla maldicenza,
perché neppure una parola segreta sarà senza effetto,
una bocca menzognera uccide l'anima.
Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani,
perché Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza;
le creature del mondo sono sane,
in esse non c'è veleno di morte,
né gli inferi regnano sulla terra,
perché la giustizia è immortale.


Gli empi invocano su di sé la morte
con gesti e con parole,
ritenendola amica si consumano per essa
e con essa concludono alleanza,
perché son degni di appartenerle.

mercoledì 22 settembre 2010

Cantico dei Cantici

Continua il nostro percorso sapienziale con l'inaugurazione dell'appuntamento del Mercoledì: il Cantico dei Cantici. Ecco la definizione tratta dall'Enciclopedia cattolica: Il Cantico dei Cantici o semplicemente Cantico (ebraico שיר השירים, shìr hasshirìm; greco Άσμα Ασμάτων, ásma asmáton; latino Canticum (canticorum)) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana.  È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea nel V-III secolo a.C. ad opera di un autore ignoto, sulla base di qualche testo più antico (risalente forse X secolo a.C.). È composto da 8 capitoli contenenti poemi d'amore (con alcune implicite allusioni erotiche) in forma dialogica tra un uomo e una donna. L’amato è chiamato "re" (1,4 e 1,12) e "Salomone" (3,7 e 3,9); l’amata è chiamata la sulammita (7,1), nome accostato a quello di Salomone o a quello della sunamita che appare nella storia di Davide e di Salomone (1Re 1,3; 2,21-22). Anche a prescindere dall’attribuzione a Salomone, il grande sapiente, già l’interpretazione letterale del Cantico rende legittima la sua classificazione tra i libri sapienziali: come questi, esso si preoccupa della condizione umana e analizza uno dei suoi aspetti vitali. Inculca a modo suo la bontà e la dignità dell’amore che avvicina l’uomo alla donna. 


La tradizione ebraica e cristiana sostiene un interpretazione allegorica: il Cantico tratta direttamente, in senso letterario traslato, una realtà superiore. Lo sposo del poema è dunque Dio e la sposa Israele; e poiché l'amore di Dio per il suo popolo eletto si prolunga nell'amore di Cristo per la sua Chiesa, lo sposo è Cristo e la sposa è la Chiesa.

Cantico dei Cantici
1
Cantico dei cantici, che è di Salomone.
Mi baci con i baci della sua bocca!
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino.
Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi,
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano!


Bruna sono ma bella,
o figlie di Gerusalemme,
come le tende di Kedar,
come i padiglioni di Salma.
Non state a guardare che sono bruna,
poiché mi ha abbronzato il sole.
I figli di mia madre si sono sdegnati con me:
mi hanno messo a guardia delle vigne;
la mia vigna, la mia, non l'ho custodita.
Dimmi, o amore dell'anima mia,
dove vai a pascolare il gregge,
dove lo fai riposare al meriggio,
perché io non sia come vagabonda
dietro i greggi dei tuoi compagni.


Se non lo sai, o bellissima tra le donne,
segui le orme del gregge
e mena a pascolare le tue caprette
presso le dimore dei pastori.


Alla cavalla del cocchio del faraone
io ti assomiglio, amica mia.
Belle sono le tue guance fra i pendenti,
il tuo collo fra i vezzi di perle.
Faremo per te pendenti d'oro,
con grani d'argento.


Mentre il re è nel suo recinto,
il mio nardo spande il suo profumo.
Il mio diletto è per me un sacchetto di mirra,
riposa sul mio petto.
Il mio diletto è per me un grappolo di cipro
nelle vigne di Engàddi.
Come sei bella, amica mia, come sei bella!
I tuoi occhi sono colombe.
Come sei bello, mio diletto, quanto grazioso!
Anche il nostro letto è verdeggiante.
Le travi della nostra casa sono i cedri,
nostro soffitto sono i cipressi.

martedì 21 settembre 2010

Qoèlet

Continuiamo questo nuovo percorso sapienziale, con la lettura del Qoèlet (appuntamento fissato al martedì, ndr), è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana.E' scritto in ebraico (con diversi aramaicismi), e la redazione del libro è avvenuta in Giudea nel IV o III secolo a.C. ad opera di un autore ignoto che scrive per bocca del Re Salomone, perché in quel periodo si era soliti attribuire opere a personaggi storici considerati sapienti[1]. È composto da 12 capitoli contenenti varie meditazioni sapienziali sulla vita, molte delle quali caratterizzate da un tenore pessimistico (tratto da Wikipedia). Ma questo pessimismo ha una ragion d'essere che si scoprirà lungo il corso della lettura dove si evincerà che anche se tutto è vano, bisogna avere fiducia nel Padre perchè Lui non è vano, ma anzi tutto assume significato se posto nella prospettiva del Padre. Al di fuori, invece, tutto è vanità delle vanità e ogni cosa che facciamo altro non è che un rincorrere il vento, cioè totalmente inutile (chi può dar torto a questa visione? Un uomo che non crede in Dio, compie azioni che in sostanza sono inutili perchè arriverà il momento il cui la morte metterà la parola fine. Ma se uno confida nel Padre, sa che ogni sua azione è eseguita per la Sua Gloria e che un giorno vedrà la ricompensa del lavoro svolto dalle sue proprie mani!).

Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme.
 
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.
Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?
Una generazione va, una generazione viene
ma la terra resta sempre la stessa.
Il sole sorge e il sole tramonta,
si affretta verso il luogo da dove risorgerà.
Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
gira e rigira
e sopra i suoi giri il vento ritorna.
Tutti i fiumi vanno al mare,
eppure il mare non è mai pieno:
raggiunta la loro mèta,
i fiumi riprendono la loro marcia.
Tutte le cose sono in travaglio
e nessuno potrebbe spiegarne il motivo.
Non si sazia l'occhio di guardare
né mai l'orecchio è sazio di udire.
Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c'è niente di nuovo sotto il sole.
C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
"Guarda, questa è una novità"?
Proprio questa è già stata nei secoli
che ci hanno preceduto.
Non resta più ricordo degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso coloro che verranno in seguito.

Io, Qoèlet, sono stato re d'Israele in Gerusalemme.Mi sono proposto di ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. È questa una occupazione penosa che Dio ha imposto agli uomini, perché in essa fatichino.Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento.

Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.

Pensavo e dicevo fra me: "Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza". Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento, perché

molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere, aumenta il dolore.

 

lunedì 20 settembre 2010

I proverbi

Molti oggi amano pronunciare proverbi: ma quanti di loro sanno che la maggior parte di quei proverbi che usiamo quotidianamente, sono frutto della sapienza biblica? Ecco perchè ci immergiamo in questo nuovo appuntamento del Lunedì, alla scoperta della sapienza contenuta nei proverbi biblici, così antichi, ma allo stesso tempo incredibilmente attuali!
I proverbi di oggi sono un richiamo ai figli che troppo spesso non ascoltano i propri genitori, lasciandosi traviare dalle amicizie sbagliate: oggi la situazione è anche più seria di allora per il permissivismo della società e delle famiglie e purtroppo tutti noi guardiamo i risultati, ogni giorno. L'esortazione del Signore, per loro, è di seguire la Sapienza e non la sciocchezza e l'inesperienza, affinché non mangino il frutto della loro condotta. 

    
  


Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d'Israele,
per conoscere la sapienza e la disciplina,
per capire i detti profondi,
per acquistare un'istruzione illuminata,
equità, giustizia e rettitudine,
per dare agli inesperti l'accortezza,
ai giovani conoscenza e riflessione.
Ascolti il saggio e aumenterà il sapere,
e l'uomo accorto acquisterà il dono del consiglio,
per comprendere proverbi e allegorie,
le massime dei saggi e i loro enigmi.
Il timore del Signore è il principio della scienza;
gli stolti disprezzano la sapienza e l'istruzione.

Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre
e non disprezzare l'insegnamento di tua madre,
perché saranno una corona graziosa sul tuo capo
e monili per il tuo collo.
Figlio mio, se i peccatori ti vogliono traviare,
non acconsentire!
Se ti dicono: "Vieni con noi,
complottiamo per spargere sangue,
insidiamo impunemente l'innocente,
inghiottiamoli vivi come gli inferi,
interi, come coloro che scendon nella fossa;
troveremo ogni specie di beni preziosi,
riempiremo di bottino le nostre case;
tu getterai la sorte insieme con noi,
una sola borsa avremo in comune",
figlio mio, non andare per la loro strada,
tieni lontano il piede dai loro sentieri!
I loro passi infatti corrono verso il male
e si affrettano a spargere il sangue.
Invano si tende la rete
sotto gli occhi degli uccelli.
Ma costoro complottano contro il proprio sangue,
pongono agguati contro se stessi.
Tale è la fine di chi si dà alla rapina;
la cupidigia toglie di mezzo colui che ne è dominato.

La Sapienza grida per le strade
nelle piazze fa udire la voce;
dall'alto delle mura essa chiama,
pronunzia i suoi detti alle porte della città:
"Fino a quando, o inesperti, amerete l'inesperienza
e i beffardi si compiaceranno delle loro beffe
e gli sciocchi avranno in odio la scienza?
Volgetevi alle mie esortazioni:
ecco, io effonderò il mio spirito su di voi
e vi manifesterò le mie parole.
Poiché vi ho chiamato e avete rifiutato,
ho steso la mano e nessuno ci ha fatto attenzione;
avete trascurato ogni mio consiglio
e la mia esortazione non avete accolto;
anch'io riderò delle vostre sventure,
mi farò beffe quando su di voi verrà la paura,
quando come una tempesta vi piomberà addosso il terrore,
quando la disgrazia vi raggiungerà come un uragano,
quando vi colpirà l'angoscia e la tribolazione.
Allora mi invocheranno, ma io non risponderò,
mi cercheranno, ma non mi troveranno.
Poiché hanno odiato la sapienza
e non hanno amato il timore del Signore;
non hanno accettato il mio consiglio
e hanno disprezzato tutte le mie esortazioni;
mangeranno il frutto della loro condotta
e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni.
Sì, lo sbandamento degli inesperti li ucciderà
e la spensieratezza degli sciocchi li farà perire;
ma chi ascolta me vivrà tranquillo
e sicuro dal timore del male".

domenica 19 settembre 2010

Il libro di Giobbe

Iniziamo questo nuovo percorso, con i libri poetici e sapienziali che compongono la Bibbia. Lungo tutto il corso della settimana mediteremo questi libri, dedicando un giorno specifico ad uno specifico libro. 
La Domenica sarà la giornata in cui cominceremo a vedere la sapienza da lontano, meditando la storia di Giobbe, dal Libro di Giobbe. E' una storia intensa che mostra una fedeltà a Dio al limite dell'inimmaginabile, come potrete vedere voi stessi, leggendo la prima parte di questo nuovo appuntamento. Infatti, nonostante Satana gli porti via tutto, Giobbe non osa pronunciare nulla contro Dio, nemmeno una parola. Sia questo un esempio per tutti noi che alla minima cosa storta, cominciamo a parlare contro Dio, ponendo in dubbio la nostra fede verso di Lui. Oggi, leggeremo i primi due capitoli di questo libro sapienziale:

 ***


C'era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe: uomo integro e retto, temeva Dio ed era alieno dal male. Gli erano nati sette figli e tre figlie; possedeva settemila pecore e tremila cammelli, cinquecento paia di buoi e cinquecento asine, e molto numerosa era la sua servitù. Quest'uomo era il più grande fra tutti i figli d'oriente.
Ora i suoi figli solevano andare a fare banchetti in casa di uno di loro, ciascuno nel suo giorno, e mandavano a invitare anche le loro tre sorelle per mangiare e bere insieme. Quando avevano compiuto il turno dei giorni del banchetto, Giobbe li mandava a chiamare per purificarli; si alzava di buon mattino e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro. Giobbe infatti pensava: "Forse i miei figli hanno peccato e hanno offeso Dio nel loro cuore". Così faceva Giobbe ogni volta.
Un giorno, i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e anche satana andò in mezzo a loro. Il Signore chiese a satana: "Da dove vieni?". Satana rispose al Signore: "Da un giro sulla terra, che ho percorsa". Il Signore disse a satana: "Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male". Satana rispose al Signore e disse: "Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra. Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!". Il Signore disse a satana: "Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui". Satana si allontanò dal Signore.


Ora accadde che un giorno, mentre i suoi figli e le sue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del fratello maggiore, un messaggero venne da Giobbe e gli disse: "I buoi stavano arando e le asine pascolando vicino ad essi, quando i Sabei sono piombati su di essi e li hanno predati e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo".


Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: "Un fuoco divino è caduto dal cielo: si è attaccato alle pecore e ai guardiani e li ha divorati. Sono scampato io solo che ti racconto questo".


Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: "I Caldei hanno formato tre bande: si sono gettati sopra i cammelli e li hanno presi e hanno passato a fil di spada i guardiani. Sono scampato io solo che ti racconto questo".


Mentr'egli ancora parlava, entrò un altro e disse: "I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo in casa del loro fratello maggiore, quand'ecco un vento impetuoso si è scatenato da oltre il deserto: ha investito i quattro lati della casa, che è rovinata sui giovani e sono morti. Sono scampato io solo che ti racconto questo".


Allora Giobbe si alzò e si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra, si prostrò e disse:


"Nudo uscii dal seno di mia madre,
e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto,
sia benedetto il nome del Signore!
".


In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto.


2


Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. Il Signore disse a satana: "Da dove vieni?". Satana rispose al Signore: "Da un giro sulla terra che ho percorsa". Il Signore disse a satana: "Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo". Satana rispose al Signore: "Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!". Il Signore disse a satana: "Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita".


Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: "Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!". Ma egli le rispose: "Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?".


In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.


Nel frattempo tre amici di Giobbe erano venuti a sapere di tutte le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno dalla sua contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita, e si accordarono per andare a condolersi con lui e a consolarlo. Alzarono gli occhi da lontano ma non lo riconobbero e, dando in grida, si misero a piangere. Ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere. Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore.


sabato 18 settembre 2010

L'Angolo della Sapienza

Da tempo avevamo notato la mancanza di uno spazio che racchiudesse l'enorme contenuto della Sapienza cristiana, ed in particolare di quella cattolica. Ci siamo resi conto che nel nostro spazio non veniva data importanza sufficiente alla Sapienza e dunque è nata l'idea di aprire un nuovo angolo che fungesse da contenitore per raccogliere le opere della Sapienza cristiana.


Sin dai tempi antichi, la Sapienza è stata considerata un dono inestimabile. Lo stesso Re Salomone (figlio e successore di Re Davide) tra tutte le cose possibili e impossibili, scelse la Sapienza come dono da ricevere dal Suo Dio il quale con contentezza lo accontentò. Tutti noi sappiamo che la fama di Re Salomone si sparse per regioni lontanissime, tanto da richiamare anche sovrani lontani. Lo stesso Gesù lo richiama a dimostrazione di come la Sapienza di Re Salomone ha varcato i confini del tempo e dello spazio. Celebre, al riguardo, è la decisione concernente il futuro di un neonato conteso tra due mamme. Vale la pena leggerlo per avere un'idea di cosa vuol dire avere sapienza:


 Un giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui. Una delle due disse:
"Ascoltami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in casa. Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c'è nessun estraneo in casa fuori di noi due. Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra.  Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto. Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L'ho osservato bene; ecco, non era il figlio che avevo partorito io". L'altra donna disse: "Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto". E quella, al contrario, diceva: "Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo". Discutevano così alla presenza del re. Egli disse: "Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto e quella dice: Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo". Allora il re ordinò: "Prendetemi una
spada!". Portarono una spada alla presenza del re. Quindi il re aggiunse: "Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all'una e una metà all'altra". La madre del bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue
viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: "Signore, date a lei il bambino vivo; non uccidetelo
affatto!". L'altra disse: "Non sia né mio né tuo; dividetelo in due!". Presa la parola, il re disse: "Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre".

Questo episodio, uno dei più noti della Bibbia e tratto dal Libro dei Re, è solo un piccolo esempio di come la Sapienza può portare anche alla Verità e alla Giustizia. 
La Sapienza è un dono che Dio concede solo a chi è degno di possederla e ne fa un uso benevolo. Il Signore soltanto agli umili dona la Sapienza delle cose dello Spirito. Un uomo impuro non possiede la Sapienza perché questa vive nei cuori puri: "La sapienza non entra in un'anima che opera il male né abita in un corpo schiavo del peccato (Sapienza 1,4).
I puri, gli umili, i fedeli al Signore posseggono la Sapienza perché sono degni di riceverla. La Sapienza è Spirito di Verità, la Sapienza è in Cristo, la Sapienza è Cristo. Egli è venuto nel mondo a rivelare cose "nascoste fin dalla fondazione del mondo" (Mt 13,35). Chi vive in Cristo "sa", "conosce" la Verità poiché Cristo è la Verità: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). E sempre restando in Giovanni 14,6 aggiunge: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". Chi segue Cristo giunge al Padre. Tutti coloro che seguono Cristo conoscono Dio come nessuno prima dell'avvento messianico conosceva poiché "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" (Gv 1,18). Gesù è la Sapienza di Dio fatta Uomo. Egli per un'immensa grazia ci concede di conoscere quelle verità spirituali che nessun uomo può comprendere praticando una condotta immorale ed iniqua. Soltanto agli umili il Padre concede di conoscere "queste cose"; «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11,25). I sapienti e gli intelligenti di cui parla Gesù sono gli uomini intellettuali del mondo che conoscono le cose del mondo e poiché vivono secondo il mondo non posseggono l'umiltà, quel requisito necessario per accedere alla Sapienza. E quei "piccoli" ai quali Gesù si riferisce sono gli umili, i degni di ricevere in eredità la Sapienza.
Da notare nel Libro della Sapienza gli accenni ad Essa come ad una persona vivente e in alcuni tratti possiamo renderci conto come l'autore del testo si riferisca al Messia, al Figlio di Dio Sapienza di Dio. In particolare nei versetti 9,4 e 9,9 del libro della Sapienza si legge rispettivamente: 1. "Dammi la sapienza, che siede in trono

accanto a te e non mi escludere dal numero dei tuoi figli". 2. "Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo; essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti". Gesù è il Verbo di Dio ed era presso il Padre prima della creazione del mondo: "Prima che Abramo fosse, Io Sono" (Gv 8,58) e "Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo" (Gv 17,24). E' importante leggere l'Antico Testamento alla luce del Vangelo di Cristo poiché Egli è venuto a comunicarci la giusta interpretazione delle Sacre Scritture poiché Egli stesso è Parola di Dio, Sapienza di Dio, Lui che viene dal seno del Padre. Tutto l'Antico Testamento si concentra sul Messia per preparare il mondo alla venuta del Signore, Gesù, il Dio con noi che vive in mezzo al Suo popolo. Per cui è importante leggere i pensieri sapienziali alla luce di Cristo poiché Egli è la Luce che illumina le genti.
Ma la Sapienza cristiana va anche oltre questo: Gesù è la base, la pietra viva della Sapienza e da questa pietra altre ne escono, frutto dello Spirito Santo. Ci riferiamo alle opere di uomini toccati dallo Spirito Santo come San Tommaso D'Acquino (recentemente ricordato da Papa Benedetto XVI), Sant'Agostino d'Ippona per non parlare delle numerosissime Encicliche dei Papi tra le quali ricordiamo quelle del venerabile Giovanni Paolo II (e che già abbiamo avuto modo di conoscere nel post del giorno, ndr). Dunque, nostro compito sarà quello di cominciare un cammino di crescita spirituale attraverso le opere della Sapienza, biblica e non, per seguire l'esempio di uomini santi come San Pio da Pietrelcina: ed è proprio con un piccolo aneddoto di Padre Pio che concludiamo questo post che segna l'inizio di un nuovo arricchimento, sperando di poterlo compiere insieme a tutti voi:
«Lei, Padre Spirituale, tra le cose da studiare e meditare sceglie soltanto quelle che le servono ad amare Gesù e la sua Chiesa...». Padre Pio rispose: «Io voglio vivere per Gesù e per la Chiesa. La scienza che serve a farmi vivere sempre più per il Signore e per la Chiesa è la cultura della mia vita e tutta la mia vita di cultura». E padre Pellegrino, di rincalzo: «Ma per amare Gesù e la Chiesa, secondo me, bastano quattro cognizioni». Padre Pio reagi alzando la voce: «E invece no. Ogni giorno, ogni ora, ogni istante io sento il bisogno di accrescere le mie conoscenze. E la Chiesa è una fonte inesauribile di vita e di cultura per me!». 

Gli Operai della Vigna